Una delle comparse de Il Canto Oscuro è il buon Gabriele Rapagnetta, noto ai più come D’Annunzio, che nel mio romanzo è un giornalista iellato, servile con i potenti e incapace di realizzare il suo sogno, pubblicare un libro di poesie.
L’immagine perfetta del tipico intellettuale italiano, un cortigiano, sempre pronto a leccare i piedi alle lobby di turno e a difendere a spada tratta lo status quo, timoroso di qualsiasi minaccia che possa mettere in forse le sue prebende.
Per far ciò o demonizza, invece di capire, oppure, cosa ancora peggiore, distorce la realtà.
L’ultima testimonianza di tale andazzo è nei giudizi sul Movimento Cinque Stelle, paragonato con superficialità al Fascismo.
Vi sono certo delle somiglianze: entrambi nascono dalla sensazione del fallimento della democrazia tradizionale e dalla paura del Futuro. Inoltre li caratterizza una dialettica interna simile, con rapporto a volte conflittuale tra il leader centrale e i ras locali.
Però vi è una differenza fondamentale che sembra sfuggire agli intellettuali italici: il Fascismo è figlio della guerra. Ciò lo porta a esaltare la gerarchia, a essere intrinsecamente conservatore, alla violenza fisica, al culto dell’azione e della bella morte.
La democrazia diviene così un cancro da estirpare.
Il Movimento Cinque Stelle nasce da Internet: una realtà liquida, bottom-up, basata su partecipazione, discussione e condivisione.
La democrazia è una possibilità non sfruttata interamente: non deve essere distrutta, ma deve ampliare i suoi confini, aumentando la partecipazione del singolo alle decisioni della comunità.
Due approcci tra loro opposti che soltanto la malafede permette di confondere..