Anche se nata da motivi elettorali interni, il dover contrastare l’offensiva di Steinbrueck, candidato della Spd, che da voce a quella parte dell’elettorato tedesche che vede più gli svantaggi che i vantaggi della guerra economica che la Germania ha scatenato contro il resto d’Europa, la proposta della Merkel di un “ministro delle finanze” europeo non è sbagliata.
Servirebbe infatti una figura che armonizzi e verifichi i bilanci degli stati membri dell’UE, evitando il dumping fiscale e gli imbrogli contabili e che garantisca il ruolo della BCE come prestatore di ultima istanza.
Al limite, dovrebbero essere implementati dei meccanismi per garantire la terzietà di tale figura, ossia che non favorisca uno Stato membro rispetto ad un altro, e la sua nomina tramite votazione popolare, nell’ottica del principio no tax without rapresentation.
Il problema è che la proposta Merkel è minata da diversi fattori: il sospetto di malafede, con l’idea che il “ministro delle finanze” sia l’ennesimo strumento con cui Berlino possa imporre il suo dominio all’Europa, il sentimento antigermanico che si è diffuso a causa della guerra economica , con i governi che cominciano di temere di dover andare contro parte del proprio elettorato, dando l’idea di coloro che calano sempre le braghe dinanzi ai tedeschi e soprattutto l’interesse nazionale.
Il caso più evidente è quello della Francia che dovrebbe o ammettere di aver mentito agli investitori, nascondendo parte della passività, oppure smettere di sussidiare molte delle sue industrie decotte, con i relativi effetti sociali.
In entrambi i casi, un prezzo politico che a Parigi non si possono permettere di pagare
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