Le Fontane del Paradiso

Ieri sera ho finito di leggere Le Fontane del Paradiso di Clarke. Probabilmente verrò linciato, però, con massimo della sincerità, non mi è sembrato il capolavoro di cui tutti mi hanno parlato.

Se l’idea dell’ascensore spaziale è affascinante e la storia del tentativo di costruirla arricchisce l’immaginazione, gli altri subplot somigliano al ghiaccio e agli ombrellini dei cocktail.

Il primo, quello dell’antico re, mi ha dato solo l’impressione di allungare il brodo.

Il secondo, quello del contatto alieno, inutile ai fini della trama: sarò strano io, ma sospetto che il contatto con una civiltà non terrestre abbia effetti molto più dirompenti di qualche discussione sull’esistenza e sulla natura di Dio

Insomma, libro senza infamia e senza lode, che avrebbe reso di più come racconto lungo

Paolo Casini

paolo casini

 

Paolo Casini è un mio caro amico che, ad occhio e croce, credo mi conosca da quasi una ventina d’anni.

Tra Roma e Milano, ne abbiamo combinate di tutti i colori: nonostante tutto, il buon vecchio Paolo riesce ancora a sorprendermi.

Ad esempio, qualche giorno fa ho scoperto la sua passione per la fotografia, tanto da farlo partecipare ieri ad una mostra a Casa Novecento.

In verità, qualche sospetto in passato l’avevo avuto, quando, in qualche aperitivo, lo avevo visto parlottare di inquadrature e filtri con il buon Massimo Prizzon, ma non gli avevo mai dato tanto peso…

Ora invece, la sorpresa… E devo ammettere che è molto, poichè se le cava meglio di tanti che si pavoneggiano per grandi fotografi, quando conoscono soltanto qualche trucchetto su photoshop

E alla domanda sulla sua passione, così mi ha risposto

Perché la fotografia?

Fondamentalmente sono sempre stato un reporter, sin da bambino
Avevo la mia macchinetta con rullino e fotografavo la gente
Mi piacevano le persone

Mi piace girare e fotografare la mia città e le persone della mia città.

Tecnica e cuore

Agonie

harakiri

 

E’ difficile spiegare ai miei amici stranieri cosa è successo in Italia: per molti di loro sembra incredibile che un partito, il PD, possa anteporre le sue beghe interne al benessere generale.

Il problema è che in Italia, a differenza delle altre democrazia avanzate, non rappresentano ceti sociali o ideologici uniti da un progetto di società, ma una federazione di clientele e consorterie tenute in piedi alla meno peggio o da una leadership carismatica, come il PDL o il M5S, oppure, come nel caso del PD, dal rifiuto di Berlusconi.

E questo genera il paradosso del PD: un partito costruito per la sconfitta, perchè questa permette di serrare le fila contro il nemico esterno e non per la vittoria, capace di far emergere le sue contraddizioni.

Bersani, con i suoi incredibili limiti e il suo essere re travicello, è riuscito a raggiungere con la sua non vittoria, che costringe il suo partito ad allearsi con il nemico, è riuscito a portare il PD nelle condizioni di deflagazione.

E ora ? La soluzione più razionale e meno dannosa per l’Italia sarebbe nella divisione del PD, in un partito serio di estrazione liberale e in un contenitore capace di unire tutte le anime della Sinistra, da Barca a Vendola.

Il problema è che la razionalità, nella politica italiana non è di casa… E così il PD continuerà a oltranza nella sua agonia, facendo pagare il prezzo a tutti gli italiani

STREET ART STORIES. ROMA

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Jessica Stewart
STREET ART STORIES. ROMA
(Mondo Bizzarro Press, 128 pp colore, f.to 20×13 cm, euro 14)

presentazione del libro

Introduce Francesco Paolo del Re, critico
Intervengono Jessica Stewart, autrice del libro, e Valeria Arnaldi, curatrice della collana.

La Fotografa statunitense Jessica Stewart rappresenta da diverso tempo una tra le voci più esperte del fenomeno di Street art nel contesto romano.

La sua attività documenta di una realtà in parte sottovalutata rispetto a quella internazionale ma altrettanto interessante, vivace e dinamica di cui ci rende partecipi attraverso la creazione di RomePhotoBlog, una sorta di grande archivio costantemente aggiornato su tutto quello che gli artisti realizzano e sui luoghi che prediligono.

Il 19 aprile presso Mondo Bizzarro Gallery Jessica Stewart presenta il suo ultimo lavoro di ricerca dedicato alla Street art romana. Un libro in formato tascabile, da portare con sé in ogni luogo della città, ma soprattutto un ricco corpus fotografico grazie al quale la fotografa ha immortalato una delle espressioni artistiche più transitorie del panorama contemporaneo.

Infine Jessica Stewart e Mondo Bizzarro hanno in serbo una gustosa sorpresa per tutti i partecipanti. Un’edizione numerata e firmata di 50 foto che saranno regalate ai primi 50 partecipanti!

Appuntamento alle ore 18.00, non mancate!!!

MONDO BIZZARRO GALLERY – Via Sicilia 251 – 00187 Roma

Recensione su Fantasy Magazine

Con un poco di ritardo, ma d’altra parte, meglio tardi che mai, Fantasy Magazine si accorge dell’esistenza de Il Canto Oscuro e lo recensisce, con un buon giudizio.

Una cosa che mi ha colpito, ma questo non vale soltanto per l’autore della recensione, molto professionale e preparato, e che ben pochi si siano accorti del richiamo, sia nello stile raccontato, sia nella trama, al buon Gadda solito affermare

La vita è uno gliòmmero e la scrittura che la rappresenta non può essere lineare e chiara

Lo Show, don’t tell è un’ottima scelta stilistica, ma limitandosi a rappresentare la superficie delle cose, nasconde il caos che vi è dietro che anima le azioni umane.

In cui non esistono trame comprensibili e in cui troppo spesso la fine definitiva ci cade addosso come lama di coltello, quando meno ce l’aspettiamo…

Il cuore di Athanasius

Oltre al cuore di Innocenzo XIII, alla Mentorella vi è sepolto anche quello del gesuita Athanasius Kircher, l’Emmett Brown del barocco romano, figura troppo spesso dimenticata e che grazie al cielo, visto il suo fascino, comincia ad essere recuperata nella narrativa fantastica italiana.

Athanasius, in suo onore ho chiamato così il computatore dei gesuiti ne Il Canto Oscuro, nel Collegio Romano insegnò matematica, ebraico e siriaco.

Inventò miriadi di cose, alcune utili, altre semplicemente assurde, dalla lanterna magica ad un prototipo di calcolatrice meccanica.

Compilò la prima rappresentazione cartografica delle correnti marine, fu il primo ad osservare il sangue umano al microscopio, fu il primo a decifrare la grammatica copta, ma anche ad inventare una creativa intepretazione dei geroglifici.

Fu il consulente iconografico di Bernini, sue le idee della Fontana dei Fiumi e del Pulcino di Minerva, ma anche colui che tentò di convincere i romani ad allevare armadilli, convinto della bontà della loro carne…

Ma un personaggio del genere che c’entra con il santuario della Mentorella ?

Lasciamo la parola alla sua autobiografia

Nel 1661 il Signore mi fece dono di una nuova prova della sua bontà, Egli volle che io non operassi solo per il progresso della scienza, ma anche per la salute spirituale dei miei fratelli.

Quando, quell’anno mi recai a Tivoli per recuperare le forze,e allo stesso tempo per cercare antiche vestigia in vista della pubblicazione del mio Latium, sentii dire che sulla montagna vicina si celavano i resti della città di Empoli (per i romani… quella che da il nome alla via Empolitana), spesso citata da Livio.

Con un compagno di ventura intrapresi la difficilissima spedizione per andarli a visitare.

Non avevamo ancora percorso molta strada che scorgemmo il tetto di un edificio. Ci avvicinammo e scoprimmo che si trattava di una chiesa in quasi completa rovina.

Entrai e mi resi conto che era stata una chiesa magnifica.Rimasi stupito al pensiero che fosse stata costruita in quella terra spaventosamente desolata, e supposi che vi si nascondesse un segreto.

E così scoprì il santuario della Mentorella, all’epoca totalmente abbandonato. Tra le tante cose, pare abbia ritrovato anche una lapide in cui si raccontava la conversione di Sant’Eustachio e il fatto che la chiesa fosse stata fondata da Costantino (una leggenda, sicuramente, anche se il ritrovamento di colonne del III secolo, sembra indicare come vi fosse almeno un sacello pagano…)

Preso dall’entusiasmo, dopo aver definito l’iconografia del miracolo, provò a chiedere alla famiglia Conti, feudatari di Guadagnolo, di restaurare il Santuario, ma questa rispose picche.

Allora Athanasius tanto ruppe le scatole ai principi tedeschi che questi fecero una colletta per restaurare la chiesa.

E fu tanto innamorato di quel luogo che decise di donargli, di fatto il suo cuore, facendolo seppellire sotto un pilastro accanto all’altare della Madonna delle Grazie

Le signore del Tempo

signore del tempo

Un altro anno è passato e un nuovo Saluzzo Arte è alle porte!

SALUZZO ARTE | LE SIGNORE DEL TEMPO
Da sabato 20 APRILE 2013 a DOMENICA 5 MAGGIO 2013
inaugurazione 19 aprile ore 18:00
Antiche scuderie – Piazza Montebello, 1 – Saluzzo (Cuneo) 
Il tempo è la dimensione con la quale si misura il trascorrere degli eventi. Vi è quindi un tempo fisico, come quello scandito dalle lancette di un orologio, in cui ogni istante è identico a tutti gli altri; ma anche un tempo originario, che è soggettivo per cui, ogni momento, risulta qualitativamente ed emotivamente diverso da qualsiasi altro.
Il fluire del tempo, trova quindi una sua realistica dimensione soltanto nell’ attenzione riservata al presente, nel ricordo del passato e nell’attesa per il futuro.
Il Tempo. Un’impressione suggerita dall’occasionale incontro di Cristina Iotti ed Elisabetta Trevisan, con l’epigrafe inscritta in una meridiana, nei pressi della Stazione ferroviaria, al loro arrivo a Saluzzo, poco meno di un anno fa.
Uno scatto fotografico, un souvenir, da conservare come il ricordo di un momento felice.
Un’idea che prende corpo: Le Signore del Tempo.
Nove donne che si raccontano in un singolare sincretismo descrivendo con la pittura, la scultura e l’installazione la loro personale percezione del tempo: Liliana Cecchin, Cristina Costanzo, Cristina Iotti, Arianna Lion, Paola Rattazzi, Michela Riba, Mery Rigo, Elisabetta Trevisan, Roberta Ubaldi.
Nove artiste emergenti che affrontano l’argomento, filtrandolo attraverso le proprie esperienze, la propria filosofia di vita e la loro sensibilità. Un modo di rapportarsi con la loro personale visione della realtà, con l’ineluttabilità del tempo che scivola tra le dita, stratificando fatti, pensieri, sogni ed emozioni.
E’ l’astratta concezione del tempo che prende forma cristallizzandosi in autobiografie per frammenti, seguendo un filo conduttore che collega le contraddizioni della nostra società, all’introspezione, alla memoria, alla nostalgia e ai ricordi.
Come spesso accade sono gli artisti ad avvertire per primi e ad annunciare, in grande anticipo, il cambiamento dei tempi. Ad immortalare il gesto, l’impronta, l’impressione e a conservare anche il “sentimento” del mondo antico. L’Arte, infondo, è proprio questo: saper interpretare il senso dell’esistenza.

di Paolo Infossi

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Ente organizzatore: 
Fondazione Amleto Bertoni – Città di Saluzzo
info@fondazionebertoni.it – www.fondazionebertoni.it

Da sabato 20 APRILE 2013 a DOMENICA 5 MAGGIO 2013
inaugurazione 19 aprile ore 18:00
Antiche scuderie – Piazza Montebello, 1 – Saluzzo (Cuneo) 

La Mostra rimarrà aperta tutti i giorni con i seguenti orari:
Feriali: Giovedì e Venerdì: dalle ore 15,00 alle ore 19,00
Sabato: dalle ore 15,00 alle ore 22,30
Festivi: Domenica e festività del 25 Aprile e 1° Maggio: dalle ore 15,00 alle ore 19,00

 

 

Sedute spiritiche

Per ricordare di che pasta è fatto un candidato alla Presidenza della Repubblica, ecco a voi l’audizione di Romano Prodi del 10 giugno 1981 pressso la Commissione Moro
PRESIDENTE: Debbo richiamare la sua attenzione sul fatto che la Commissione assume le sue dichiarazioni in sede di testimonianza formale e sulle conseguenti responsabilità in cui ella può incorrere, anche in relazione al dovere della Commissione di comunicare all’Autorità giudiziaria eventuali dichiarazioni reticenti o false (…)

ROMANO PRODI: Ripeto quanto ho già scritto nella mia lettera. In un giorno di pioggia in campagna, con bambini e con le persone che penso vedrete successivamente, perchè sono tutte qui, si faceva il cosiddetto «gioco del piattino» (…) Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli. Naturalmente, nessuno ci ha badato; poi, in un atlante, abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno ne sapeva qualcosa e, visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa (…)

CORALLO: Per farla sentire meno ridicolo, dato che questa sensazione è un po’ comune a tutti … Mi scusi, professore, vorrei dirle che la scrupolosità della Commissione parte da un’ipotesi che dobbiamo accertare essere inesistente, e cioè – non credo molto agli spiriti – se ci possa essere stato qualcuno capace di ispirarli (…) Chi partecipò attivamente al gioco? Voi eravate tanti, però un ditino sul piattino chi lo metteva?

ROMANO PRODI: A turno tutti: c’erano 5 bambini; era una cosa buffa. Non crediamo alla atmosfera degli spiriti e che ci fosse un medium. Io le dico: tutti; anch’io ho messo il dito nel piattino (…)

PRESIDENTE: Non c’era un direttore dei giochi?

ROMANO PRODI: No. Bisogna vedere come se ne sono impadroniti i giornali; come di una seduta medianica, che non so nemmeno cosa sia, ma era un gioco collettivo invece, come tutti facemmo in quel momento; l’ho imparato dopo.

LAPENTA: Chi lanciò l’idea di questo gioco?

ROMANO PRODI: All’inizio il padrone di casa; non so… All’inizio ero in disparte con i bambini e dopo il gioco mi ha incuriosito.

FLAMIGNI: Come venne fuori la specificazione «casa con cantina»?

ROMANO PRODI: Ne sono venute fuori diecimila di queste cose: è venuto fuori «cantina», «acqua». In questo momento non lo ricordo nemmeno; il gioco è andato avanti per ore (…) Ripeto che non ho preso sul serio queste cose e, evidentemente, se non ci fosse stato quel nome, non avrei nè raccontato nè detto la cosa perchè cerco di essere un uomo ragionevole, onestamente.

FLAMIGNI: Nella testimonianza che lei ha reso al giudice dice: «Fui io a comunicare al dottor Umberto Cavina, nonchè il giorno prima alla Digos di Bologna attraverso un collega universitario, la notizia concernente la località: Gradoli, in provincia di Viterbo. A tale indicazione, con l’aggiunta che poteva trattarsi di una casa…»

ROMANO PRODI: Guardi, non me lo ricordavo neanche per il poco peso che gli ho dato. Ne sono saltate fuori tante di queste cose! Tutti hanno detto che non conoscevano questo paese; questo era importante.

PRESIDENTE: La notizia era talmente importante che se l’avessero ben utilizzata, le cose probabilmente sarebbero cambiate.

ROMANO PRODI: Non ho mai creduto a queste cose … sarà stato un caso.

COLOMBO: Tutte le persone parlavano di un paese…

ROMANO PRODI: Bolsena, Viterbo, Gradoli; si faceva la targa VT; i monti Volsini… ripeto, dopo si dava importanza perchè avevamo visto dove erano; con la carta geografica in mano, fa tutti i «ballottini» che vuole…

CORALLO: «Ballottini» sta per piccoli imbrogli.

ROMANO PRODI: Con la carta geografica davanti davanti, lei capisce non è più…Scusi l’espressione.

FLAMIGNI: Dopo la seduta spiritica…

ROMANO PRODI: No, era veramente un gioco.

FLAMIGNI: Non si può chiamare seduta spiritica.

ROMANO PRODI: Non me ne intendo; mi dicono che ci vuole un medium.

FLAMIGNI: Comunque il risultato, la conclusione è che almeno quando viene fuori la parola «Gradoli» le si attribuisce importanza perchè lo si comunica alla segreteria nazionale della Dc, al capo della Polizia; poi, si muove tutto l’apparato.

ROMANO PRODI: Quando l’ho comunicato a Cavina m’ha detto che ce ne sono state quarantamila di queste cose. Fino al momento del nome, non era stato molto importante; per scrupolo (…) lo comunichiamo (…)

FLAMIGNI: Lei venne appositamente a Roma per riferire a Cavina?

ROMANO PRODI: No, era un convegno…non ricordo su che cosa, e dovevo venire a Roma.

FLAMIGNI: E quanti giorni dopo il «giochetto»?

ROMANO PRODI: Due-tre, non ricordo (…)

FLAMIGNI: Chi interpretava le risposte del piattino?

ROMANO PRODI: Un po’ tutti. Era semplice, vi erano le lettere, si mettevano in fila e si scrivevano.

FLAMIGNI: Bisognerebbe capire qual era esattamente lo svolgimento del gioco (…) quali erano le domande poste.

ROMANO PRODI: Le domande erano: dov’è? perchè? Moro è vivo o morto? Del resto, persone che hanno fatto altre volte il «piattino» sanno di che cosa si tratta e possono darle spiegazioni più esaurienti.

BOSCO: Chi erano le persone che l’avevano fatto altre volte?

ROMANO PRODI: II professor Clò, ad esempio, ed altri che risponderanno perchè sono tutti qui (…)

FLAMIGNI: (…) sarebbe importante quantificare quali furono le domande.

ROMANO PRODI: Questo non ha niente a che fare con la tecnica del gioco ed è evidente che me lo ricordi. Le domande erano: dov’è Moro? Come si chiama il paese, il posto in cui è? In quale provincia? E nell’acqua o nella terra? E’ vivo o morto?

FLAMIGNI: Quali erano le risposte ad ognuna di queste domande?

ROMANO PRODI: Qui intervengono problemi tecnici sui quali potranno essere date spiegazioni più esaurienti delle mie; comunque, vi erano delle lettere su un foglio e il piattino, muovendosi, formava le parole e indicava sì o no.

FLAMIGNI: Che cosa succede: uno mette il dito su questo piattino?

ROMANO PRODI: No, tutti.

FLAMIGNI: Ad un certo momento parte un impulso per cui il piattino si sposta e va su una lettera?

ROMANO PRODI: Sì. Posso comunque dire che, dopo questa esperienza, ho trovato tanta gente che mi ha confessato di aver fatto la medesima cosa.

CORALLO: (…) Di solito, quando il piattino comincia a muoversi, la domanda che si fa è: chi è l’interlocutore, lo spirito con il quale ci si intrattiene.

ROMANO PRODI: Alla fine è accaduto anche questo, ma all’inizio no. C’è stato chi ha detto: interroghiamo Don Sturzo o La Pira, ma le prime risposte, in un primo momento, erano soltanto sì o no.

CORALLO: L’interlocutore era dunque ignoto.

ROMANO PRODI: All’inizio sì, poi vi furono anche interlocutori vari tra i quali, per quel che mi ricordo, Don Sturzo (…)

CORALLO: Si trattava dunque di un gioco in famiglia, tra amici. Un’ultima domanda professore: tra i partecipanti, vi era anche qualche esperto di criminologia?

ROMANO PRODI: No, assolutamente no (…) Tra i partecipanti alla seduta vi ero io, che sono un economista, il professor Gobbo, che ha la cattedra a Bologna di politica economica, il professor Clo, che ha l’incarico di economia applicata all’Università di Modena e che si interessa di energia, ma di petrolio, non di fluidi. Vi era anche suo fratello che è un biologo (non so di quale branca, anche se mi pare genetica) e vi era anche il professor Baldassarri che è economista, ha la cattedra di economia politica all’Università di Bologna. Tra le donne vi erano mia moglie, che fa l’economista, la moglie del professor Baldassarri, laureata in economia, ed altre che non so cosa facciano professionalmente.

SCIASCIA: Nella lettera che è stata mandata alla Commissione, firmata da tutti voi, si dice che la proposta di fare il gioco è partita dal professor Clo.

ROMANO PRODI: Perchè era il padrone di casa.

SCIASCIA: Nella lettera si aggiunge che tutti vi parteciparono a puro titolo di curiosità e di passatempo, che la seduta si svolse in un’atmosfera assolutamente ludica.

ROMANO PRODI: Vi erano cinque bambini al di sotto dei dieci anni!

SCIASCIA: Si dice anche che nessuno aveva predisposizione alcuna di tipo parapsicologico o, comunque, pratica di queste cose, ma una certa pratica di queste cose qualcuno doveva pur averla!

ROMANO PRODI: Certo, a livello di gioco, la tecnica era conosciuta; però pratica di queste cose direi che non vi fosse. Ripeto, a posteriori, mi sono reso conto che vi è gente che tutte le sere lo fa!

SCIASCIA: Tra i dodici, qualcuno aveva pratica di queste cose?

ROMANO PRODI: Intendiamoci sulla parola pratica, onorevole Sciascia. Se qualcuno lo aveva fatto altre volte voi lo potrete sapere chiedendo agli altri, ma nella nostra lettera abbiamo detto che non vi era nessuno che, con intensità, si dedicava a questo. naturalmente vi era qualcuno che, altre volte, l’aveva fatto.

SCIASCIA: Francamente, io non saprei farlo.

ROMANO PRODI: Anche io non sapevo farlo! Non ne avevo la minima idea e, infatti, mi sono incuriosito moltissimo.

SCIASCIA: La contraddizione che emerge è questa: se c’è una seduta di gente che crede negli spiriti o, comunque, nella possibilità che si verifichino fenomeni simili, se c’è una seduta di questo genere – ripeto – e ne viene fuori un certo risultato del quale ci si precipita ad informare la Polizia ed il Ministero dell’Interno lo posso capire benissimo, ma che si svolga tutto questo in un’atmosfera assolutamente ludica, presenti i bambini, per gioco, e che poi si informi di ciò la Polizia attraverso la mediazione di uno che non era stato presente al gioco, e se ne informi quindi il Ministero dell’Interno, a me sembra eccessivo e contraddittorio.

ROMANO PRODI: Ma è venuto fuori, onorevole, un nome che nessuno conosceva! Anche se ci siamo trovati in questa situazione ridicola, noi siamo esseri ragionevoli. Ci siamo chiesti tutti: Gradoli nessuno di voi sa se ci sia? Se soltanto qualcuno avesse detto di conoscere Gradoli, io mi sarei guardato bene dal dirlo. E’ apparso un nome che nessuno conosceva, allora per ragionevolezza ho pensato di dirlo.

SCIASCIA: Direi per irragionevolezza.

ROMANO PRODI: La chiami come vuole. La motivazione reale è che con una parola sconosciuta, che poi trova riscontro nella carta geografica, a questo punto è apparso giusto per scrupolo…

SCIASCIA: Poteva far parte della insensatezza del gioco anche il nome Gradoli.

ROMANO PRODI: Però era scritto nella carta del Touring.

SCIASCIA: La signora Anselmi dice che seguirono dei numeri che poi risultarono corrispondere sia alla distanza di Gradoli paese da Viterbo sia al numero civico e all’interno di via Gradoli.

ROMANO PRODI: Questo proprio non mi sembra … c’era sul giornale…

SCIASCIA: La signora dice di aver sentito questo dal dottor Cavina.

ROMANO PRODI: Onestamente io non.. Non avrei difficoltà a dirlo.

CORALLO: Nell’appunto di Cavina c’è il numero della strada.

ROMANO PRODI: Può darsi che negli appunti ci sia perchè dopo abbiamo visto sulla carta, strada statale, i monti vicini. L’importante è che si trattava del nome di un paese che a detta di tutti nessuno dei presenti conosceva. Capisco che era tutta un’atmosfera irragionevole, però…

SCIASCIA: Non mi sembra determinante il fatto che non si conoscesse il nome. Viterbo si conosceva e poteva benissimo trattarsi anche di Viterbo.

ROMANO PRODI: Se fosse stato Viterbo, non ci avrei badato perchè si può sempre comporre una parola che si conosce.

SCIASCIA: Chi ha deciso di comunicare all’esterno il risultato della seduta?

ROMANO PRODI: L’ho fatto io perchè ero l’unica persona che conoscesse qualcuno a Roma. Ho parlato con tutti, con Andreatta etc. Non è che ho telefonato d’urgenza; ho detto vado a Roma e lo comunico. Questo è stato deciso una volta che si è saputo che esisteva questo paese che nessuno conosceva.

SCIASCIA: Ora le farò una domanda che farò a tutti. Lei ha mai conosciuto nessuno accusato o indiziato di terrorismo?

ROMANO PRODI: Mai.

COVATTA: II senso della domanda è se qualcuno aveva interesse ad ispirare gli spiriti.

ROMANO PRODI: E’ sempre la domanda che mi sono sempre posto anch’io.

BOSCO: All’interrogativo che si è posto, come ha risposto? Cioè se qualcuno poteva aver ispirato gli spiriti.

ROMANO PRODI: Lo escluderei assolutamente.

BOSCO: Quindi si è trattato di spiriti.

ROMANO PRODI: O del caso … Non so … Mi sembra che il senso della domanda dell’onorevole Covatta sia quello di chiedere se c’era qualcuno che voleva fare «il furbetto», spingendo in un certo modo o rallentando. Questo no. D’altra parte…

FLAMIGNI: Se avessimo ascoltato un riferimento di quella seduta in maniera molto impegnata e che i protagonisti credevano veramente allo spiritismo e alla possibilità di avere qualche forza in aiuto, allora mi darei una spiegazione, ma proprio perchè il professor Prodi parla di tutto ciò come un gioco, la mia curiosità si accentua. Ritengo che qualcuno potesse anche sapere. Parto da questa considerazione per dire che voglio conoscere le domande effettive e le risposte che sono venute fuori.

ROMANO PRODI: Ho detto le domande effettive e le risposte. Uno dei problemi che si pone per una cosa del genere è proprio quello contenuto nella sua domanda. Crede che quando è uscito il nome di via Gradoli io non mi sia posto il problema di chiedermi se c’era qualcuno che faceva il furbo? Altrimenti non sarei qui in questa situazione in cui mi sento estremamente imbarazzato ed estremamente ridicolo (…)

Il cuore di Innocenzo XIII

Innocenzo_2

 

Sabato mattina, dopo che la bisboccia per la tavola rotonda sulle nuove tendenze si era prolungata sino alle due, mi sono alzato alle sei e mezza, cooptato come guida turista da un centro anziani… D’altra parte, come dice la mia amica Silvia, se devi fare penitenza per i tuoi peccatacci, o la fai bene o per niente….

Comunque, tra le tante tappe, oltre Palestrina, che mi ha ispirato per un raccontro sull’Europa tra cinquant’anni, vi è stato il santuario della Mentorella.

Abbandonato per secoli, riscoperto per caso da Athanasius Kircher, ma questa è un’altra storia…

Comunque, nel santuario vi è una stranezza che ha molto a che vedere con Il Canto Oscuro.

Vi è infatti seppellito il cuore di Innocenzo XIII, ultimo dei papi antenati del protagonista del mio romanzo…

News from Quaz Art


Nuove segnalazioni dal fantastico mondo di Quaz Art… La prima è la nuova artista del mese, la bravissima Ilaria “Sancho” Ricci

Poi vi è un articolo articolo in memoria di due grandi della canzone italiana come Jannacci e Califano (con il piccolo effetto collaterale che da quando l’ho scritto, ogni notte mi sogno er Califfo…) e sul progetto d’arte digitale TEN