Negli ultimi giorni, sia per la pubblicazione di De Bello Alieno di Davide Del Popolo Riolo, sia per la prima edizione italiana di Roma Eterna di sua Maestà Silverberg, sta tornando di moda parlare di sandalpunk,ossia quel genere di racconti fantascientifici, ambientati in un’antica Roma in cui è avvenuta una sorta di rivoluzione industriale.
Se nello steampunk il punto di partenza è di solito la realizzazione della macchina analitica, nel sandalpunk è invece l’eolipila di Erone, l’antenata della nostra turbina a vapore.
Il problema è perché l’equites dell’epoca avrebbe dovuto investire in un’impresa del genere i suoi sesterzi: affinché la turbina a vapore possa essere competitiva, bisogna ipotizzare una produzione industriale standardizzabile, in cui vi è necessità di produzione di massa, in cui il capitale umano da un valore aggiunto trascurabile e in cui vi sia richiesta di mercato.
Condizioni difficili da trovare nell’antica Roma: le uniche possibilità sono nella produzione tessile, magari per l’esercito, o la produzione delle anfore, in cui è possibile anche ipotizzare un ciclo di produzione integrato…
Quindi in questa Roma ipotetica, il promotore della rivoluzione industriale romana, potrebbe essere un ricco liberto della famiglia senatoriale dei Laecanii e magari le prime fabbriche potrebbero essere localizzate nell’Istria e nella Dalmazia.
Inoltre, trascurando i problemi che avrebbero senatori ed equites a salvare la ricchezza industriale da imperatori avidi, una rivoluzione industriale del genere, almeno inizialmente, avrebbe impatti limitati: la diffusione oltre gli specifici ambiti di produzione e l’effetto valanga sulle altre tecnologie sarebbe molto più lento che nel nostro Ottocento.
In uno scenario del genere, i romanzi sandalpunk, più che Verne, ricorderebbero il Satyricon di Petronio
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