Per riprendere il discorso sulla narrativa fantascientifica ambientata nell’antica Roma, do evidenza a un intervento del buon Pier Luigi Manieri
Mah, al di là delle perplessità che mi suggerisce il nome ( e perché non Peplum Punk??? ), tutto può andar bene a patto che a raccontare i romani siano studiosi dell’Antica Roma se possibile italiani e che clichè come il senatore sadico e cospiratore, la schiava guerriera, l’eroe romano ma non di nascita che un po’ ama e un po’ disapprova l’Urbe siano banditi. Insomma, se si può, ci si tenga il più lontano possibile da ROMA e dal Gladiatore. Ma pure da certi autori italiani di una nota casa ed. romana che hanno trasformato le Termopili in una soap opera gay…niente contro i gay, sia chiaro ma contro le soap opera camuffate da romanzo fantasy storico, si. Non mi convince molto questa reiterata replica di topos. Alla fine, le differenze si esauriscono con la sostituzione del treno colla biga.
Pier Luigi ha ragione: se si vogliono sfruttare pienamente le potenzialità dell’ambientazione, bisogna andare oltre il superficiale scenario, da film peplum: bisogna comprendere come la società romana, poi quale, visto che in tutta la sua storia ha avuto cambiamenti di ogni genere, è profondamente diversa dalla nostra, come valori, lingua, idee e visione del Mondo.
E’ una realtà tanto estranea, quanto quella di un qualsiasi mondo alieno: per evitare di essere banali, bisognerebbe conoscerla a fondo… Per questo, poco mi azzardo ad ambientarci qualcosa, se non a valle di uno studio matto e disperato.
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