Gentrificazione dell’Esquilino ?

Mercato di Piazza Vittorio

In questi giorni, sto discutendo con un mio amico sociologo spagnolo del fenomeno di gentrificazione, gran brutta parola, che indica l’insieme dei cambiamenti urbanistici e socio-culturali di un’area urbana, tradizionalmente popolare o abitata dalla classe operaia, risultanti dall’acquisto di immobili da parte di popolazione benestante, di aree del centro storico di Roma.

Se la sua analisi può essere condivisibile sul Rione Monti, fa acqua da tutte le parti. Per prima cosa, non tiene conto di una peculiatità locale: se Monti è un Rione storico, l’Esquilino è una costruzione artificiale, nata dalle esigenze dei “buzzurri” piemontesi di dover trovare casa ai loro impiegati provenienti dal Nord.

Il suo essere senza memoria e soggetto a intense e periodiche ondate migratorie (piemontesi e lombardi a fine Ottocento, marchigiani e abruzzesi tra le due guerre, campani e lucani negli anni sessanta, cinesi a fine anni ottanta, indiani a inizio 2000) ha creato due fenomeni particolari: la creazione di un identità “mitologica”, ogni abitante della zona, anche se il bisnonno era di Brembate di sopra o il papà di Qīngyuǎn, si riterrà romano da generazioni e, per compensare il proprio sdradicamento, la costruzione di una serie di reti sociali.

Il primo fenomeno, al di là di un transitorio, in cui il presunto abitante storico considererà i nuovi arrivati come pericolo, visto che gli ricorda la sua mancanza di radici, favorisce l’integrazione, assimilando le differenze in un'”ipotetica” romanità, capace di sintetizzare le contraddizioni più assurde; il secondo, invece, favorisce un associazionismo e un impegno sociale difficile da trovare in altre zone di Roma.

E questo si ripercuote nella questione gentrificazione: a fine anni Settanta, comincia, più o meno consapevolmente da parte del Campidoglio e dello Stato, una marginalizzazione dell’Esquilino.

La manutenzione del Mercato viene trascurata, diventando un ricovero di sbandati la sera, viene trasferita la Centrale del Latte, la Zecca perde centralità nei programmi di Banca d’Italia.

Non si ha più cura dei palazzi e dell’arredo urbano, la crisi economica colpisce duramente i negozi tradizionali, si crea un’area di vuoto che comincia ad essere occupata da immigrati a basso reddito:

Dinanzi a questo fenomeno, la vecchia “gentry” abbandona le loro abitazioni per trasferirsi a Roma Nord, lasciando subentrare abitanti con meno disponibilità economica

A fine anni Novanta, vi è un’inversione di tendenza: la comunità cinese comincia a “borghesizzarsi”, differenziando le attività produttive e entrando nel processo di “costruzione” delll’identità.

Il basso costo degli appartamenti, prima li rende appetibili a chi vuole investire come affittacamere, poi alle giovani coppie, infine a radical chic in cerca di appartamenti di prestigio, ricreando così una nuova gentry.

Un fenomeno analogo a quello del Pigneto e di San Lorenzo: ma per le peculiarità locali, non si crea contrapposizione tra ceti e culture, ma una complessa e, più o meno confusionaria, integrazione

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