Periodicamente, nella fantascienza italiana salta fuori il tema della relazione tra politica e scrittura.
Si rimpiange, cito il buon Dario Tonani il tempo in cui
Certi autori, schierati, erano al centro di appassionati dibattiti, le loro opere tirate per la giacca, citate a esempio dall’uno e dall’altro schieramento
Non avendo vissuto, per motivi anagrafici, quei giorni, non mi pronuncio: tuttavia, magari a torto, che quel sentimento nasca più dalla nostalgia della giovinezza perduta che da una realtà concreta.
Sono convinto che la fantascienza attuale sia molto più politicizzata di quella degli anni Settanta e Ottanta.
Non perchè gli autori abbiano la tessera di questo o quel partito o perchè si riempiano la bocca di slogan contro o a favore di Renzi, Grillo e Berlusconi: prima o poi su di loro, è nella natura delle cose, cadrà l’oblio.
Semplicemente perchè, con più determinazione rispetto al passato, vi è una contestazione del modello sociale ed economico su cui è basata l’Italia, di cui una politica sgangherata è effetto, non causa.
Contestazione che si ripropone in una scrittura caotica e visionaria che, magari con ingenuità, rispecchia il caos in un futuri distopici e passati alternativi, con il coraggio di proporre l’Utopia come soluzione…