Nonostante il dispiacere per i lavoratori de L’Unità, non mi strappo le vesti sulla sua chiusura: come ben sapeva Marx, i giornali appartengono alla sovrastruttura e se non sanno adeguarsi ai mutamenti sociali e delle realtà produttive, sono destinati a scomparire.
E L’Unità era dal 2000 che si era isolata dal mondo, ignorando i cambiamenti dell’Italia: se è stata in piedi sino a oggi, in maniera parassitaria, è stato per una sorta di accanimento terapeutico, che da glorioso giornale l’ha reso una sorta di zombi.
Scrive bene il saggio Emmanuele Jonathan Pillia
Un direttore di un famoso giornale, all’inizio del terzo millennio, predisse la scomparsa dei giornali stampati entro il 2011. La chiusura de L’Unità dimostra che la tesi non era infondata, solo “ottimistica”. Chi si strappa le vesti per la chiusura del giornale di cui sopra, dovrebbe considerare che il suicidio de L’Unità è stato causato da due tipi di medicinali: non soltanto la difficoltà di adeguarsi a temi maggiormente contemporanei (cosa che spesso viene considerato il primo alibi), ma proprio al mondo a cui si rivolge. Un mondo che rifiuta l’ebook in nome della carta, che rifiuta lo smartphone in nome dell’agenda, che rifiuta la realtà in nome dell’ideologia.
Chi mi conosce sa che, seppur progressista, sono davvero un idealista. Ma la discronia tra la testata fondata da Gramsci ed il suo ruolo è troppo forte: a che serviva? Solo a giustificare una “voce”? Basta affermare che era una “voce”? Non ne sono convinto. Pur dispiacendomi assai che un giornale importante e storico venga a mancare, la tesi che è una “voce” di una certa area non regge. Credere che si debba dare voce a tutto e tutti, equivale anche togliere spazi a chi, avendo meno storia e possibilità, non riesce a mostrare ed illustrare le proprie idee. Come su facebook: tutti parlano, come me ora, ma difficilmente qualcosa resterà…
L’Unità non è stata assassinata, ma si è estinta, per l’incapacità di adeguarsi anche ai cambiamenti epocali dell’editoria.
Cambiamenti su cui l’intellettuale italiano spesso chiude gli occhi: sabato ho letto un articolo su Pagina99, relativo ai mezzi di sussistenza degli scrittori, che era una colossale raccolta di luoghi comuni, in cui di tutti si parlava, tranne dei nuovi fenomeni, dal selfpublishing al ripensare il concetto di libro e di giornale, trasformandoli in prodotti a multimedialità spinta, come sta facendo una start-up palermitana.
Se L’Unità ci ha dato una lezione, è quella di non fossilizzarsi, difendendo il proprio orticello, ma di accettare la sfida del cambiamento.
Change or Die !
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