Due righe sulla questione Taverna. Non ipotizzo complotti del PD, né demonizzo la signora Zammataro.
Posso però evidenziare due cose: la prima è che la sua presenza testimonia nel concreto come qualsiasi tentativo di connotare di Destra o di Sinistra la protesta, nata dal degrado di un territorio contro un’amministrazione che lo ha penalizzato nei servizi e che si è espresso nella maniera peggiore, è figlio di un’ignoranza concreta della realtà di Tor Sapienza.
I politici di ogni colore che cercano di metterci il cappello, non rappresentano i cittadini, ma cercano solo un poco di visibilità.
La questione, più seria, è sul fatto che politico sia diventato un insulto, una parola di cui vergognarsi. Sia la Taverna, senatrice della Repubblica, sia la Zammataro, candidata al V municipio con scarsa fortuna, se ricordo male prese sulle 250 preferenze e non fu eletta, sono, a livello diverso, politici.
Perchè entrambi rappresentano i cittadini e dovrebbero servire la comunità: vergognarsi di questo, è un veleno per la democrazia.
Come ben diceva Pericle
Riuniamo in noi la cura degli affari pubblici insieme a quella degli affari privati, e se anche ci dedichiamo ad altre attività, ugualmente non manca in noi la conoscenza degli affari pubblici. Siamo in soli, infatti, a considerare non soltanto ozioso, ma addirittura inutile chi non se ne interessa
Chi nega il ruolo della politica, tradisce il suo ruolo di cittadino, per ridursi a potenziale schiavo: il fatto che a Roma e in Italia la politica si sia ridotta alla gestione di clientele e al tutela di egoisti di ceto e di classe, non deve essere un alibi per la fuga, ma un incentivo a ridonarle dignità