In questi giorni, sto leggendo un saggio sul declino politico di Obama. Secondo l’autore l’individuo non sceglie una posizione ideologica secondo ragione, ma in maniera istintiva, analoga alle scelte religiose o di tifo calcistico.
Scelte che non sono utilitaristiche, ma che vengono condizionate dalla dialettica con il proprio ambiente familiare e sociale.
Per cui la Politica non è nulla più di una grande narrazione, basata su visioni e idee, che cerca di costruire un’identità di gruppo più inclusiva possibile e basata sulla contrapposizione con il diverso.
Obama è stato bravissimo nel proporre visione, nel generare memi, meno nel padroneggiare le idee, nel gestire la complessità del reale: questo iato ha provocato il suo declino.
Anche in Italia, a mio avviso, negli ultimi anni siamo stati ricchi di affabulatori: Berlusconi, che, con la mitologia del nemico e del tradimento, è riuscito a sfuggire al confronto con la Realtà
Grillo, che ha perseguito una narrazione esclusiva, limitando la costruzione dell’identità a gruppi minoritari. Renzi, capace di più narrazioni, contradditorie tra loro, il che alla lunga potrebbe svuotare la sua capacità di creare suggestioni.