Approfittando di un attimo di respiro, do visibilità al parere di un mio lettore abituale su Lithica
Bel romanzo, molto complesso e ben congegnato, scritto da un autore con una cultura come minimo enciclopedica. Detto questo, a me è piaciuto un po’ meno del precedente, forse perché non amo particolarmente Lovecraft (e c’è molto di questo scrittore in Lithica) e magari anche per il fatto che imho i protagonisti hanno un po’ troppo la tendenza a vomitare (o peggio) durante le scene madri…
In ogni caso, un libro da consigliare.
Dunque, sono contento che il romanzo sia stato definito ben congegnato, perché la trama non lineare ha reso perplessi diversi lettori (non però al livello di Noccioline da Marte... Anche se le sue recensioni, che variano da “boiata galattica” a “capolavoro degno di Solaris”, mi hanno confuso assai le idee sul suo valore).
Trama che è stata frutto, più che di un omaggio al Connettivismo, di una precisa scelta stilistica: da una parte la volontà di osare, mostrando come nella letteratura di genere si possano usare meccanismi del romanzo “alto”, senza perdere di leggibilità. Dall’altra, la complessità della trama è uno specchio della complessità della realtà con cui i personaggi devono confrontarsi e a che stento riescono a comprendere nella sua pienezza.
Sugli appunti, questione di gusti personali: io non vado matto per la cassoeula, ma ho tanti amici milanesi che ne vanno pazzi… Per cui, capisco come Lovercraft possa non essere gradito…
Tra l’altro, l’immaginario del solitario di Providence, che forse apparirà nel seguito delle disavventure di Beppe e Andrea, svolgendo un ruolo alla Philip Marlowe, è strumentale al romanzo, non solo perché Lithica si svolge in contemporanea a Il richiamo di Cthulhu.
Il filo conduttore del romanzo è nella lotta tra i personaggi e i propri abissi che qualcuno vince, che altri perdono e che Beppe esorcizza con il disincanto. Ho pensato che non ci fosse metafora più potente dei Grandi Antichi, per narrare le proprie paure e insicurezze più profonde….
Sul fatto che i miei protagonisti vomitino, presi dal terrore e dal disgusto, beh è un tocco di naturalismo, che cerca di non renderli simili ai tanti manichini, sempre perfetti e con i nervi saldi, che popolano la narrativa di genere…
certo, non tutti i gusti sono alla menta (per fortuna) 🙂
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