Hic sunt leones. Alcuni esempi di presenza romana nell’Africa nera

Molto, molto interessante

In Fernem Land

La presenza romana nei territori oltre il limes, anche in quelli apparentemente più remoti e distanti è stata più ampia e diffusa di quanto spesso si pensi, non solo il limes non fu mai una frontiera nel senso moderno del termine ma piuttosto una fascia permeabile a contatti in entrambi i sensi ma tracce di una frequentazione romana sono ritrovabili anche in territori estremamente lontani da quella fascia. Qui verranno ricordati due esempi – fra i molti disponibili – di penetrazione romana nei territori interni dell’Africa con l’esclusione della Nubia che per i suoi millenari rapporti con l’Egitto ha sempre rappresentato un ambito particolare per i contatti fra mondo mediterraneo e Africa nera.

La spedizione di Giulio Materno nell’Agisymba

Durante il regno di Domiziano un mercante di Leptis Magna Giulio Materno accompagno il Re dei Garamanti – in quel momento evidentemente in buoni rapporti con Roma – in una…

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Platone e Facebook

ombre

«Dopo tutto questo» dissi, «paragona la nostra natura, in rapporto all’educazione e alla mancanza di educazione, a una condizione di questo tipo. Immagina dunque degli uomini in una dimora sotterranea a forma di caverna, con un’entrata spalancata alla luce e larga quanto l’intera caverna; qui stanno sin da bambini, con le gambe e il collo incatenati così da dover restare fermi e da poter guardare solo in avanti, giacché la catena impedisce loro di girare la testa; fa loro luce un fuoco acceso alle loro spalle, in alto e lontano; tra il fuoco e i prigionieri passa in alto una strada, e immagina che lungo di essa sia stato costruito un muretto, simile ai parapetti che i burattinai pongono davanti agli uomini che manovrano le marionette mostrandole, sopra di essi, al pubblico.»

«Vedo» disse.

«Vedi allora che dietro questo muretto degli uomini portano, facendoli sporgere dal muro stesso, oggetti d’ogni genere e statuette di uomini e di altri animali di pietra, di legno, foggiate nei modi più vari; com’è naturale alcuni dei portatori parlano, altri tacciono.»

«Strana immagine descrivi» disse, «e strani prigionieri.»

«Simili a noi» dissi io. «Pensi innanzitutto che essi abbiano visto, di se stessi e dei loro compagni, qualcos’altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte?»

«E come potrebbero» disse, «se sono costretti per tutta la vita a tenere la testa immobile?»

«E lo stesso non accadrà per gli oggetti che vengono fatti sfilare?»

«Sì.»

«Se dunque fossero in grado di discutere fra loro, non pensi che essi chiamerebbero oggetti reali le ombre che vedono?»

«Necessariamente.»

«E se la prigione avesse un’eco dalla parete verso cui sono rivolti, ogni volta che uno dei portatori parlasse, credi penserebbero che a parlare sia qualcos’altro se non l’ombra che passa?»

«Per Zeus, io no di certo» disse.

«Simili a noi» dissi io. «Pensi innanzitutto che essi abbiano visto, di se stessi e dei loro compagni, qualcos’altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte?»

«E come potrebbero» disse, «se sono costretti per tutta la vita a tenere la testa immobile?»

«E lo stesso non accadrà per gli oggetti che vengono fatti sfilare?»

«Sì.»

«Se dunque fossero in grado di discutere fra loro, non pensi che essi chiamerebbero oggetti reali le ombre che vedono?»

«Necessariamente.»

«E se la prigione avesse un’eco dalla parete verso cui sono rivolti, ogni volta che uno dei portatori parlasse, credi penserebbero che a parlare sia qualcos’altro se non l’ombra che passa?»

«Per Zeus, io no di certo» disse.

E’ un brano del mito della caverna del buon vecchio Platone, testo che all’epoca delle Superiori neppure mi colpì tanto, forse perchè il mio prof di filosofia non era, oggettivamente, un fulmine di guerra.

Dopo anni, però mi sono ritrovato a ripensarci, per un motivo assai banale: una discussione su uno dei tanti gruppi di facebook dedicati al rione Esquilino. A certo punto, stanco della sequela di pregiudizi spacciati per verità assolute, ho fatto notare come:

  1. Il gruppo, per quanto numeroso, non rappresentava l’Esquilino, ma una percentuale trascurabili, che non poteva neppure definirsi un campione statistico significativo;
  2. Che mancando esperti in precisi campi, legali, sociali e culturali, tutte le nostre discussioni avevano il valore di chiacchiere da bar, piene di opinioni fallibili e di sentito dire;
  3. Che il collezionare like in un’opinione non ne aumentava la verità;
  4. Che se una cosa non sia nota ad alcuni componenti del gruppo, non è detto che non esista.

Idee che io reputo di semplice buonsenso, neppure tanto profonde, a dire il vero: eppure hanno scatenato un putiferio, facendomi dello sgarbato, del rancoroso et similia… E così mi sono reso conto come la teoria di Platone, in un modo che lui non avrebbe mai sognato, sia diventata terribilmente attuale.

Persone normali, di media cultura, hanno rinunciato a vedere la Realtà per ciò che, per rifugiarsi una sua rappresentazione virtuale, tanto semplificata, quanto consolatoria. Guardano ombre, i cui contorni essi stessi manipolano in una sorta di neolingua, che demonizza chi tenta di mostrarne l’inconsistenza.

E tanto più si fa riferimento a dati concreti, numeri, articoli di legge, formule matematiche, quanto più si demonizzati. Di fatto, è la trama, banalizzata, di tanti racconti cyberpunk, genere che ha perso forza da quando la sua narrazione si è trasformata in cronaca.

E mi rende sempre più convinto della bontà dell’approccio transumanista che non mira a sostituire la realtà con un suo simulacro, ma arricchirla, pervadendola d’informazione

Massimiliano Savelli Palombara

porta_magica

Mercoledì sera ho partecipato a una conferenza su Massimiliano Savelli, marchese di Palombara, famoso o famigerato, come committente della Porta Magica di Piazza Vittorio.

Personaggio poco conosciuto, sottovalutato, spesso ridotto a una macchietta, che invece con la sua vita e con le sue opere testimonia le contraddizioni del suo tempo.

Personaggio affascinante che sarà uno dei personaggi del mio romanzo dedicato all’Impero Connettivo

Massimiliano apparteneva a un ramo cadetto della famiglia Savelli, tra le più nobili di Roma, i proprietari del Palazzo costruito dal Peruzzi sul Teatro Marcello, e che aveva avuto come antenati forse 5 papa (2 certi e 3 millantati) e numerosi capitani di ventura e che svolgeva il ruolo di Maresciallo della Chiesa, ossia custodi delle chiavi del Conclave.

Nacque a a Roma il 14 dicembre 1614 da Oddo V marchese di Pietraforte e da Laura Ceuli. Il padre, che comprò dagli Sforza Cesarini il terreno che poi diventerà Villa Palombara, forse alchimista, era uno degli esponenti dell’Accademia degli Umoristi, l’antenata dell’Arcadia; poeta, all’epoca ritenuto valente, era grande amico sia di Giovanni Battista Marino, sia di Pietro della Valle.

Il che può essere indicativo dell’ambiente culturale in cui crebbe Massimiliano: però, le prime testimonianze della sua vita hanno tutt’altro a che vedere con poesia ed alchimia.

Nel 1646, si trova coinvolto in uno scandalo, assieme all’ambasciatore di Francia: un loro protetto, attore e impresario di commedie dell’arte, come Caravaggio, pugnalò un protettore di prostitute nei pressi di Palazzo Fiano, tra i fornici dell’arco di Portogallo

Massimiliano lo aiutò a fuggire: per il fatto che il protettore non ci rimise le penne, la giustizia pontifica chiuse un occhio.

Nel 1648, il marchese fu coinvolto nel tentativo di Enrico II di Lorena di crearsi un regno a Napoli, fungendo di fatto da agente segreto per il Duca di Guisa: falsificò gli ordini del Mazzarino, in modo che le truppe francesi di stanza in Abruzzo muovessero verso Napoli, per liberarla dall’assedio di Don Govanni d’Austria.

Però i francesi se ne accorsero e lo cacciarono in malo modo,Tornando a Roma, fu catturato nella località di Borghetto dal brigante Giulio Pezzola, capitano degli spagnoli, che lo tenne «in cattivissima prigione e lo fece maltrattare» ; poi, ottenuto il riscatto, lo trasferì nel Castello dell’Aquila, da dove, quasi incredibilmente, riuscì a fuggire chi dce travestito da donna, di chi da prete, chi da bravo.

Tornato a Roma, nel 1651, gli venne il ghiribizzo di farsi nominare Conservatore, brigando nel complesso meccanismo di votazioni e sorteggio che serviva per ottenere la nomina: in pratica gestiva la complessa burocrazia capitolina e i feudi del popolo romano, presiedea il tribunale cittadino, sia amministrativo, sia civile, sia penale e provvedeva manutenzione delle mura dei ponti e delle strade della città e sulla conservazione dei monumenti pubblici, reperendone i relativi fondi.

Finito il suo mandato, nel 1654 partecipò al secondo tentativo di Enrico II di conquistare il regno di Napoli: Massimiliano arruolò un piccolo esercito, con cui si dedicò al saccheggio degli Abruzzi. E di fatto fuè l’unico a guadagnarci nell’impresa: pur di toglierselo dalle scatole, gli spagnoli lo coprirono d’oro

Nel 1655 entrò in contatto con Cristina di Svezia, per il suo solito motivo… Anche lei brigava con il Mazzarino per diventera regina di Napoli… Con quell’incontrò, la vita di Massimiliano cambiò totalmente, trasformandosi da avventuriero degno dei romanzi di Dumas a raffinato intellettuale.

Divenne amico e protettore di musicisti, come Scarlatti e Corelli; poeta, astronomo, protettore di Cassini, l’astronomo a cui è stata dedicata la sonda, che compì numerose osservazioni a Villa Palombara, matematico, amico di Stefano degli Angeli e praticante del metodo degli infinitesimi, ingegnere forse, alchimista, grazie all’incontro con quell’Emmett Brown del Seicente che era Athanasius Kircher

E come ogni intellettuale romano dell’epoca, fu costretto alla dissimulazione onesta: onorare la verità ufficiale, imposta dalla Chiesa e dai Gesuiti, per vivere in tranquillità,e in privato seguire le proprie convinzioni, per creare la propria oasi di libertà

Questo non vale solo per la Scienza, ma anche per l’Alchimia che era la mania della Roma bene dell’epoca: alchimia che secondo i gesuiti, doveva testimoniare la potenza creatrice di Dio.

Massimiliano Palombara, invece, era un rosacrociano, altro termine spesso frainteso: il loro messaggio, spesso frainteso, depurato di tutte le connotazioni mistiche ereditate dal 1500, era tanto semplice quanto pericoloso.

Le istituzioni politiche e religiose europee avevano fallito, visto che ci scannava senza ritegno: per ricostruire la pace e l’armonia queste dovevano essere messe da parte e sostituite da un governo di saggi ed eruditi, una sorta di tecnocrazia.

Inoltre la Scienza e l’Alchimia non dovevano essere finalizzati a un’astratta ricerca del Vero, ma a migliorare concretamente la vita quotidiana.

Tesi assai pericolose, nella Roma papalina, per cui Massimiliano Palombara, nella sua opera poetica, la Bugia, doveva affermare di aver sentito solo parlare dei Rosacroce, senza condividerne le idee politiche e religiose.

Invece, nella pratica, poteva decorare la cosiddetta Porta Alchemica con i loro simboli, creando, come bene spiega bene il professore Lucarini nel suo saggio, una sintesi barocca, basata sul dialogo tra immagini e giochi di parole, della conoscenza metallurgica dell’epoca e con il motto SI SEDES NON IS

Se siedi (se non ti rimetti in discussione sperimentando) non vai (procedi nella conoscenza)

l’analogo seicentesco del Sapere Aude di Kant…

Principesse a Castello

riba

Sabato 23 gennaio alle ore 17, inaugurazione, presso le sale espositive “Alla corte degli alfieri” all’interno del prestigioso Castello di Magliano Alfieri,della mostra “Principesse a castello” personale dell’ artista Michela Ezekiela Riba , patrocinata dal Club Unesco di Alba e dal Comune di Magliano Alfieri.

Volti di giovani “Principesse” si confrontano con la vita a castello, muse ispiratrici si fondono con l atmosfera principesca tornando indietro, come un viaggio nel tempo per fondersi nella bellezza femminile del contemporaneo. Donne moderne alle prese con la volontà di esprimere quell’ analisi intorno alla propria sensibilità. L’ artista affida alle proprie tele l’essenza di un discorso in cui la raffigurazione si muove, nella pittura ,dall’ introspezione alla poetica dell’immagine fissata nella memoria come in un fotogramma. Misteriosa e simbolica ,la sua donna appartiene a questo nostro tempo quanto mai complesso.

Ingresso libero

La mostra durerà fino al 28 maggio e sarà possibile visitare il castello oltre che il magnifico panorama langarolo, inoltre lo Chef Stefano Paganini per l’ occasione propone originali menù

Per info e prenotazioni chiamare Giada Paganini al numero 3338348715
Giorno di chiusura martedì

Snoke…

snoke.jpg

Tra i miei amici appassionati di Star Wars si è diffuso un nuovo hobby: scommettere sull’identità di Lord Snoke, formulando le ipotesi più disparate, da Darth Plagueis redivivo a Ben Solo del futuro, prigioniero di un loop temporale.

In un modo o nell’altro, i loro ragionamenti non mi convincono. Continuo a pensare che Snoke sia un personaggio autonomo… Ma quale è la sua biografia, da dove salta fuori, come ha fondato il Primo Ordine ?

Sappiamo poche cose di lui: che è addestrato al lato oscuro della forza, che in qualche modo ha avuto rapporti con Anakin e non certo conflittuali, visto che asseconda le manie feticiste dei Cavalieri di Ren e che però non si riconosce nei dettami dell’ordine Sith.

Inoltre è gravemente ferito, con il volto sfregiato forse da un colpo di striscio di spada laser.

Per gioco, da scrittore di sci.fi, provo a buttare giù qualche scenario narrativo, giocando su una variabile ignota, che però mio avviso è fondamentale: l’età.

Snoke ha 50 anni: Ipotesi secondo me, per motivi cronologici, meno probabile. Significa che ai tempi di Endor ha circa 20 e quindi è poco più giovane di Luke. In questo caso, potrebbe essere proprio lui l’allievo ribelle, convertito al Lato Oscuro, che seduce successivamente Ben Solo e proponendosi come erede spirituale di Darth Vader, viene conosciuto come leader dalle forze disperse dell’impero

Snoke ha 60 anni: In tale caso, è nato e cresciuto durante l’Impero…. Allora chi lo ha addestrato ? Palpatine, in una sorta di piano B nel caso l’opzione Skywalker si fosse rivelata fallimentare (idea da non escludere a priori, vista l’abitudine di Darth Sidious di moltiplicare e mettere contro gli apprendisti, ma che non spiegherebbe il perchè Snoke non dichiari la sua eredità Sith)

Darth Vader, per avere un allievo con cui poi tradire Palpatine, una sorta di Galen Marek canonico ? E la sua contrapposizione con Luke non è che una lotta di “successione” ?

Oppure una terza entità, ai bordi della Galassia, lontano dagli occhi dei Sith ? In tale caso, però, che gli importerebbe di volere ricostruire l’Impero ?

Snoke ha 70/80 anni: quasi coetaneo di Anakin, può essere Darth Tyranus o Darth Maul o un allievo di qualche altre fazione.

In ogni caso, durante l’Impero, deve avere occultato il suo ruolo di utilizzatore della Forza e al contempo, fatto carriera nella burocrazia militare imperiale: in tal modo, potrebbe aver avuto una certa credibilità come bandiera per i reduci dell’Impero

Snoke ha più di 90 anni: Più vecchio di Anakin, il suo addestramento è avvenuto durante la Repubblica e il suo occultamento, dato che non viene percepito da Yoda e da Palpatine, deve avvenire in corrispondenza dell’inizio della guerra dei cloni.

In qualche modo, deve aver collaborato al colpo di stato di Palpatine e quindi avere un ruolo importante nell’Impero, di ammiraglio o di Moff. In ogni caso, deve aver manifestato la sua capacità di manipolare la forza dopo la battaglia di Jakku

Kolosimo, l’arcitaliano

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Nel gruppo di fantascienza che bazzico su Facebook da un paio di giorni ci sa scannando su Kolosimo. Premesso che a dodici anni fui sottoposto a una full immersion di lettura dei suoi libri, grazie a un amico di mio padre, grande sostenitore delle pseudoscienze e che la mia narrativa, senza di lui, sarebbe alquanto diversa, dato che molte sue suggestioni sono apparse sia in Navi Grigie, sia in Lithica, rimango però sempre stupito del fatto come nonostante gli anni, la sua figura continui a suscitare controversie.

Forse perchè Pier Domenico Colosimo, così si chiamava veramente, è un perfetto specchio dell’intellettuale italiano del Novecento, le cui contraddizioni si riflettono anche nel nostro Presente

Dopo un breve flirt con il futurismo, Kolosimo entrò in contatto con Evola e con alcuni degli esponenti di quello che era stato il Gruppo di UR, da cui trasse l’amore per l’archeologia misteriosa, argomento che andava già per la maggiore nel Ventennio, sia di alcune tesi teosofiche, come quella dei Superiori Sconosciuti e del Re del Mondo di Agharti che ogni tanto fanno capolino nei suoi libri.

Nel 1942, cosa su cui una certa apologetica non usa all’onestà intellettuale glissa poco elegantemente, cominciò a collaborare con Testa di Ponte, il periodico del Gruppo Universitario Fascista di Rimini, con articoli sulle teorie razziali e sui kamikaze giapponesi che non sarebbero sfigurate in qualche comizio di Goebbels.

Queste posizioni intellettuali lo portano ad avvicinarsi sempre di più al nazismo, tanto da arruolarsi come carrista nell’esercito tedesco: come tanti intellettuali della sua epoca, Kolosimo passò dal fascismo al comunismo.

Se per molti, questo salto della quaglia è stato un modo come un altro per continuare a guadagnarsi la pagnotta, per Kolosimo, vista la drammaticità degli avvenimenti in cui è coinvolto, disertà dalla Wehrmacti, per diventare partigiano in Boemia, rischiando più volte la pella, senza dubbio la conversione fu sincero.

Dopo la guerra, affiancò la carriera di giornalista a quella di scrittore di fantascienza e anche per l’influenza di quanto avveniva nell’Unione Sovietica, in cui si cercava di rimpolare il materialismo storico con ipotesi pseudoscientifiche, per spiegare la complessità della civiltà umana, riprese i suoi interessi giovanili, scrivendo il primo dei suoi libri, Il Pianeta Sconosciuto.

Libri che ebbero successo proprio per i limiti della cultura italiana, che sono presenti anche oggi: un’infarinatura di massima della cultura umanistica, una crassa ignoranza riguardo alle questioni scientifiche e matematiche, la difficoltà di una società desacralizzata ad accettare il caos del Reale, per cui ha necessitù di superstizioni consolatorie, la sostanziale sfiducia nelle capacità creative umane che la porte sempre ad ipotizzare l’esistenza di un complotto o di un deus ex machina.

Limiti che sono presenti anche oggi e che continuano a rendere attuale Kolosimo..

Il Fattore Invisibile

Io a matematica

Il primo dell’anno, dopo essermi ripreso dal concerto del Politeama, che in illo tepore ispirò un capitolo del mio Navi Grigie, e con con mia suocera impegnata nell’apparecchiare la tavola, emula delle architettura provvisorie del Barocco Romano, mi sono dedicato alla lettura di un vecchio Urania, Il Fattore Invisibile di Connie Willis.

Libro spassoso, che consiglio a tutti, ma che mi è difficile definire fantascienza. Ora, cosa di preciso la sci-fi, è arduo dirsi; qualsiasi discussione sul tema, fa impallidire quelle tra nominalisti e realisti nella Scolastica o quelle dei teologi bizantini.

Nel caso specifico,mi limito a una definzione vaga e incompleta, che però è utile ai miei scopi.

“La fantascienza è la descrizione di una realtà alternativa, basata su presupposti razionali, siano questi scientifici o storici (così ci infilo dentro pure l’Ucronia)”.

Il Fattore Invisibile è certamente basato su presupposti razionali, il problema è non descrive una realtà altra, ma satireggia con abilità ed eleganza l’ambiente scientifico che, in America e in Italia, nel 1996 aveva tutte le paturnie descritte nel romanzo.

E che queste nei venti anni successivi, si siano diffuse in altri ambiti, società di consulenza, aziende IT, per finire alle PMI italiane, dimostra quanto sia fondata l’idea base del romanzo… Personalmente negli stessi anni ho conosciuto un paio di persone che si dedicavano a ricerche analoghe a quelle della protagonista e io stesso mi sono occupato dell’applicazione dei metodi epidemologici alla diffusione dei memi.

Quindi, se non è fantascienza, come diavolo il libro dell Willis è finito su Urania ? Forse all’epoca, nell’ambito editoriale, si aveva poca conoscenza di quei temi… E qui torno a un argomento che mi ha sempre colpito, nella Cultura Italiana.

L’asimmetria di conoscenze tra chi ha formazione tecnico scientifica e chi ha formazione umanistica, trascurando il caso particolare dello scrittore di fantascienza.

Spesso, nel mio lavoro, mi trovo accanto tecnici e ricercatori appassionati di letteratura, musica e arte, anche contemporanee: cambio cappello, mi confronto con i miei amici pittori e artisti e spesso mi cadono le braccia sul loro rapporto conflittuale con Scienza e Matematica.

Per cui, se la scuola italiana ha contribuito in parte a creare una sensibilità estetica comune, non ha raggiunto lo stesso obiettivo in relazione alla curiosità scientifica (io ho buoni ricordi della mia prof di matematica alle Superiori, ma spesso schiacciavo pisolini durante le sue lezioni, modello Piperita Patty…. )

Chiudo questo abominio, con una domanda: quante di queste tecniche di marketing, basete sulla teoria del caos e sugli small world, sviluppate a cavallo degli anni Novanta e Duemila, sono applicate nell’editoria italiana ?

Non è una domanda retorica, ma una semplice curiosità, visto che in ambiti simili, paiono funzionare..