Buona Pasqua

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Sia per staccare da giorni di ordinaria follia al lavoro, sia perchè convinto che a casa mia,
come ogni anno, fosse valido il principio

Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi

anche se per la legge di Murphy, una volta che mi muovo io, rimangono tutti a casa,
con mia moglie abbiamo deciso di scendere a Palermo…. Ieri pomeriggio, deciso a
visitare l’oratorio di Santa Caterina all’Olivella, chiedo a mia suocera se ci fossero
cerimonie particolari per Venerdì Santo.

La sua risposta è

“No, nulla in particolare”.

Per sicurezza, do un’occhiata ai siti locali, dove si parla in maniera generica di
processione parrocchiali.

Così, abbastanza deluso, mi aspettavo almeno una via crucis, mi fiondo a fare un giro
tra il Cassero e Via Maqueda.

All’improvviso, indeciso se mordicchiare un cannolo o una cassatina, mi sento un coro
di decine di voci che intona un Miserere: corro a vedere e becco una processione per il
Cassero, con incappucciati, confraternite vestite di nero, tric trac che non si vedevano dal Concilio Vaticano II, statue di Cristo Morto e Vergine addolorata.

Un centinaio di metri, dopo aver incrociato un paio di bande musicali che vagavano a
caso, con il direttore che discuteva in siciliano stretto su dove fosse la processione
giusta a cui accodarsi, becco un centinaio di persone, che sembravano uscite dal set di
Ben Hur, ferme ad aspettare che un vigile urbano, lavoro che, specie a Palermo, non
auguro neppure al peggiore nemico, desse la procedenza a una cinquantina di tizi
vestiti come Barry Lyndon, che portavano croci neri poggiate sulle spalle, una scena tanto incongrua, da essere connettivista e degna di essere citata in romanzo di Sandro Battisti.

Così, scopro come

1) Non bisogna fidarsi delle opinioni delle suocere.
2) Il concetto di processione parrocchiale a Palermo è assai ampio
3) Anche se non è valorizzata come merita, la Settimana Santa Palermitana è di una struggente bellezza…

Detto questo, Buona Pasqua a tutti !

AmArte v3

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Nella mia vita professionale, mi è capitato spesso di scrivere introduzioni e prefazioni a libri: a volte sbuffando, per togliermi dalle scatole qualche scocciatore o per una serie di obblighi di cui avrei fatto volentieri a meno. Altre, invece, con entusiasmo e curiosità, perché e convinto e interessato alle idee che erano alla base del progetto.

Alla fine, con poco di esperienza e di mestiere, me la sono sempre cavata: stavolta, però, mi trovo in difficoltà, perché AmArte è una parte importante della mia vita e, vederla giungere alla terza edizione, non fa che riempirmi di orgoglio e di emozione.

Potrei riempire pagine e pagine di racconti e aneddoti, per raccontare come quella che sembrava una malsana idea partorita in una cena tra amici, forse figlia di troppe libagioni, si sia trasformata nell’evento che è oggi.

Però vi annoierei a morte e non è certo il caso, se non voglio farvi passare con rapidità alle pagine successive: vi basti sapere come AmArte è nata come risposta a una fame di cultura e creatività che pervade le nostre periferie, strumenti necessari per renderle più vivibili e a misura dei loro abitanti, qualsiasi sia la loro origine.

Per questo, il progetto si è configurato come un cammino, un percorso in cui ogni tappa, con maggiore o minore consapevolezza, è stata una presa d’atto e una riflessione sulla realtà che ci circonda. La prima edizione, che si è svolta in un luogo eccentrico, rispetto alla mappa mentale che gli intellettuali si costruiscono di Roma, la sala consiliare del V Municipio, nei pressi di Via Palmiro Togliatti, una sorta di hic sunt leones per la cultura ufficiale romana, abituata a terrazze e salotti simili a quelli de La Grande Bellezza, è stata un’esplorazione, un guardare oltre le apparenze.

Il suo scopo è stato dare voce a un fermento, a un brulicare d’idee che nascono nei non luoghi urbani e che troppo spesso sono ignorate dalle istituzioni, mostrando i loro problemi, le loro necessità e soprattutto, i loro successi.

La seconda edizione, svolta in quel laboratorio di innovazione che è la Casa della Cultura di Villa De Sanctis, è stata quasi profetica, essendo incentrata sul parallelismo tra le periferie urbane e le periferie del Mondo, entrambe in cerca di una loro identità e orgogliose di mostrare la loro natura di opportunità e non di problemi.

Profetica, perché, proprio in quell’occasione sono emersi temi, relativi all’integrazione e  al dialogo tra culture che ogni giorno appaiono sui titoloni dei giornali. La continua riflessione sull’Alterità, su come ci rapportiamo al Nuovo e al Diverso, si è estesa anche ad ambiti esterni alla Scrittura e all’Arte, esplorando anche lo stato di salute del cinema italiano e dell’immaginario fantastico.

Nella terza edizione, invece, si va oltre, passando dall’analisi alla proposta: ciò che caratterizza l’Avanguardia, parola abusata in Passato, ma che nel nostro Presente ce ne sarebbe tanto bisogno, non è solo la proposizione di nuove forme estetiche, cosa che tra l’altro AmArte con impegno e dedizione, grazie agli artisti che collaborano al progetto e all’ottima curatela del buon Rodolfo Cubeta, ma il guardare il mondo con altri occhi, definendo nuovi strumenti per interpretare e costruire la Realtà.

AmArte, in questa nuova edizione, ha proprio questa ambizione. Una sfida forte, che si articola in diversi momenti, che meritano di essere evidenziati.

Giovedì 31 marzo, è dedicata al progetto “La città del Futuro, il Futuro della città” che è qualcosa di più e di diverso della raccolta di buone intenzioni o di ipotesi futuribili. E’ il tentativo di ridefinire uno spazio urbano, dal punto di vista architettonico, tecnologico e di gestione partecipata.

Esigenza che in questi giorni, dove sta nascendo la consapevolezza di come la creazione di ghetti urbani non solo non facilita l’integrazione tra culture, ma al contempo rischia di essere una fornace di estremismo e intolleranza, diviene sempre più pressante.

In particolare, per AmArte, tale progetto si  arricchirà  di un evento innovativo, Architetture Selvagge, a cura di Emmanuele Jonathan Pilia  e Massiliano Ercolani capace di  esplorare nuove strade, fondendo il convegno tradizionale e la performance artistica.

Architetture Selvagge, così si intitola l’evento, è una riflessione spiazzante tra il rapporto tra disabilità e città, troppo spesso centrato su ipocrisia e disinteresse. Una sfida al senso comune e alle istituzione, per ricordare come l’Urbanistica sia al servizio dell’Uomo, anche di quello più debole e indifeso, e non viceversa.

Venerdì 1 aprile, dopo aver esplorato l’immaginario cinematografico, sarà il turno del convegno su “Arte, artigianato e microimpresa”; troppo spesso si dice che la poesia non da il pane. Nella realtà, però, in un società post industriale, la creatività si sta coniugando con il business, esplorando anche nuove forme artistiche, materiali e immateriali, secondo una visione che risale al Futurismo di Depero.

Tuttavia, a differenza di quanto avviene in altre parti del mondo, tale fervore si scontra sempre con la burocrazia, con leggi contorte e una tassazione predatoria. E’ necessario che la politica abbia l’umiltà di ascoltare le esigenze e necessità di chi ogni giorno crea nuovi mondi e abbia la forza di dare delle risposte e prendersi delle responsabilità. Il convegno non è che lanciare un guanto di sfida.

Sabato 2 Aprile, con il Convegno “Forza del Linguaggio, identità della Città” si giunge al climax di AmArte: linguaggio che non è solo parola, racchiusa nei romanzi presentati durante l’evento, sgorgata nell’esperienze di teatro di Claudia Caoduro o nei laboratorio di poesia di Tiziana Mezzetti. E’ musica, come quella del maestro Marco Abbondanzieri e danza, come ne Le danze di Piazza Vittorio.

Perché il linguaggio, come diceva il saggio Wittgenstein, non funziona come una nomenclatura; le parole non sono cioè un insieme di etichette che è possibile apporre idealmente agli oggetti a cui si riferiscono. Il linguaggio non è neppure un gioco, un associare caotico di analogie e assonanze.

Il linguaggio  è una pratica terapeutica di chiarificazione dei nostri concetti ordinari, lo di vedere le cose rettamente, cambiando in modo sostanziale l’aspetto sotto cui il mondo ci appare. E questo in un città complessa, barocca e multiforme, generatrice di storie, specchio del Reale, diviene necessario, per non affogare nelle sue contraddizioni.

Domenica 3 Aprile, con il Tolkien Day, organizzato dall’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, il cerchio si chiude, con il guardarsi allo specchio, riflettendo sulle nostre radici. E così è giunto il tempo di salutarci, in attesa della prossima edizione. Sempre per citare Tolkien

La Via prosegue senza fine

Lungi dall’uscio dal quale parte.

Ora la Via è fuggita avanti,

Devo inseguirla ad ogni costo

Rincorrendola con piedi alati

Sin all’incrocio con una più larga

Dove si uniscono piste e sentieri.

Polis e street art

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Premesso che non entro in merito sugli ultimi strascichi della vicenda Blu, perché non conosco a fondo tutti i risvolti, però vorrei soffermarmi su un aspetto della questione che a me pare importante, ma che mi pare essere stato trascurato: il disinteresse del cittadino medio sulle vicende del murales.

Sia chi ha collaborato con Blu, attivisti del centro sociale Laboratorio Crash, sia chi sta tentando di procedere per vie legali, da quello che ho capito, ma potrei sbagliarmi, dovrebbero essere dei politici del quartiere, dubito che rappresenti l’abitante medio del dal quartiere Savena, il quale sembra aver accolto con indifferenza tutta la vicenda.

Ora se dipingere murales non è decorazione, ma atto politico, questo ha senso solo se viene riconosciuto come tale, se l’opera diviene un simbolo civico e veicola dei messaggi, in cui la collettività si riconosce ed è pronta a lottare e prendere posizione per difenderli.

Tutto questo non è avvenuto a Bologna: per cui, sotto questo punto di vista, la creazione dell’opera ha fallito lo scopo che si era posto.

La sfida della Street Art, quindi, non è estetica, ma politica, nel senso antico del termine, entrando in comunione con la Polis. E per far questo, l’autore deve aver il coraggio di spogliarsi da ciò che è, dai sui pregiudizi e ideologie, e capire a fondo la realtà dove va a intervenire, individuandone utopie e bisogni.

Sturmtruppen

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In queste settimane, con sommo piacere, sto rileggendomi le Sturmtruppen di Bonvi… E ogni volta, è una nuova scoperta; perché con l’età e l’esperienza tanti particolari che sfuggivano allo sguardo acquistano la loro importanza e la risata diventa più fragorosa e consapevole.

Si apprezzano le tante citazioni storiche e letterarie, Bonvi era uomo di grande cultura, si capisce meglio l’universalità delle sue storie, che in fondo utilizzano l’esercito tedesco per raccontare la follia di qualsiasi società burocratizzata e folle, che si dimentica di porre l’Uomo al centro di tutto.

E soprattutto l’umorismo feroce e politicamente scorretto, che oggi avrebbe fatto mettere alla gogna il buon Bonvi.

Questo mi fa più paura della società contemporanea: se si è perso il gusto per lo sberleffo e la beffa, se non si può deridere un moralista, se si equipara uno scherzo geniale a un attacco terroristico, beh c’è qualcosa che non va….

Perché, come diceva bene mio nonno, non c’è peggiore nemico della libertà di chi non sa ridere di se stesso…

Una risata li seppellirà..

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Negli ultimi mesi, i miei amici mi prendono in giro per il mio blog: dicono che dovrei parlare più di fantascienza, di quella che scrivo e di quella che leggo, che delle vicende del quotidiano…

Altrimenti, dicono, il Premio Italia te lo daranno alla memoria tra un paio di millenni… Io alzo le spalle ( a proposito in bocca al lupo a tutti i miei amici finalisti… Non li elenco tutti, altrimenti facciamo notte, ma un pensiero particolare a Davide del Popolo Riolo, per il suo viaggio epico per arrivare a Fiuggi, a Sandro Battisti, santo subito, e a Emanuele Manco, che ha parlato anche de Il Canto Oscuro) e mi limito dire che ormai la Fantascienza si è fusa con il nostro quotidiano. Parlare dell’uno, è parlare dell’altra.

Così oggi, dopo essere rimasto a secco di caffè, dato che Li er Barista era chiuso per lutto a causa della morte di non ben precisato zio, mentre mi recavo alla festa di Primavera nei Giardini di Piazza Vittorio, ho letto i finti manifesti elettorali di Massimiliano Tonelli e ho cominciato a ridere senza ritegno alcuno

Non ho idea di chi possa essere l’autore, ma applaudo a scena aperta a questa straordinaria beffa futurista ! E date le reazioni scomposte di Roma Fa Schifo, comincio a sospettare che abbiano colpito nel segno.

Perché, con lo sberleffo, l’iperbole e l’esagerazione hanno messo a nudo tutte le contraddizioni che sono dietro a quel blog e all’ideologia che propugna. Ora, molte della battaglie di Roma Fa Schifo sono doverose e condivisibili, il problema è nella cornice culturale che le avvolge.

Il decoro urbano fine a stesso, senza un’idea di solidarietà, di costruzione di un’identità civica e di gestione partecipata dei beni comuni, rischia di diventare una foglia di fico dietro cui nascondere il più bieco populismo.

Il populismo, e cito conversazioni reali con diversi sostenitori del decoro a tutti i costi, che afferma come i barboni, più che persone con difficoltà, emarginate dalla società e che il welfare ha difficoltà ad aiutare, siano equiparabili a rifiuti ingombranti

O che nasconde, dietro alla retorica dei ristoranti stranieri puzzano e non pagano le tasse, un razzismo verso gli immigrati che, invece, cercano un modo per integrarsi con l’attività imprenditoriale.

Che considera le associazioni di volontariato come una sorta di scrocconi, da punire e mettere in mezzo alla strada. O che si dichiara nemico della street art.

Un coacervo di pregiudizi piccolo borghesi che è giusto che siano affogati da grasse risate….

Nuvole 2.0

Nuvole

Come già scritto, la potenza narrativa dei supereroi è nel loro essere universali: l’essere trascrizione degli archetipi del Mito, gli elementi base con cui l’Uomo cerca di dare senso a ciò che lo circonda, permette loro di essere specchi di una società sempre diversa, ma che, in ogni tempo, condivide le stesse speranze e paure.

Possono raccontare con uguale forza l’America della Grande Depressione, le paure dell’Inghilterra della Thatcher, la noia della provincia italiana o la Roma dei piccoli delinquenti.

E questo li rende trasversali ai diversi media: come nell’antica Grecia dei ed eroi potevano tranquillamente essere rappresentati nel marmo, sui vasi, nelle poesie e nei drammi senza perdere la loro forza iconica, lo stesso vale per i supereroi, che spaziano senza problemi dai fumetti alla narrativa, dalla televisione al cinema.

Perchè ognuno vi legge una parte di se stesso. Prendo come esempio il telefilm Gotham: nel vederlo mi diverto a riconoscere le citazioni delle saghe come Il lungo Halloween o Anno Uno, mia sorella le versioni giovanili dei personaggi iconici del fumetto, suo suocero o la parrucchiera sotto casa mia si gode le atmosfere noir.

Cose differenti, accomunate però da un medesimo veicolo evocativo… Così raccontare come la nostra percezione dei supereroi vari nel Tempo, non è nulla più del narrare noi stessi e i mutamenti del nostro mondo.

Cosa che fa in maniera ottima Massimo Bruno nel suo saggio NUVOLE 2.0: Pantheon contemporaneo – I supereroi dai fumetti al cinema mainstream…. Libro che fa riflettere, senza mai annoiare… Per cui, meglio di così…

In disaccordo con BLU

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A primo acchito, la notizia che un artista come Blu cancelli i suoi murales, può sembrare un paradosso, simile a quello dell’uomo che morde il cane. Però, approfondendo la questione, è una testimonianza di quanto sia problematico, nel mondo contemporaneo, approcciarsi alla Street Art.

Il casus belli, che ha portato a questa azione, è legata all’inaugurazione nella città felsinea della mostra Street Art. Banksy & Co. – L’arte allo stato urbano, promossa da Genus Bononiae, con il sostegno della Fondazione Carisbo, un paradosso tra l’altro in una città che con la scusa del decoro urbano multa AliCè.

Mostra che espone anche murales staccati dai muri della città, ufficialmente per tutelarli ed evitare ad esempio la fine che fecero le opere di Haring a Roma, ma in pratica sottraendo un bene alla collettività

Azione che nega l’essenza della street art: quella di un’arte che da privata diventa pubblica, veicolo di messaggi universali e costruttrice di nuove e multiformi identità. E paradossalmente, proprio per quest’idea, pur comprendendo le motivazioni del gesto di Blu, non lo condivido.

Perchè se la proprietà intellettuale dell’opera è sicuramente dell’artista, nel concreto, il murales diviene un bene comune, che non appartiene più al creatore, ma alla collettività che vive e interagisce con questo.

Collettività che ha sì il dovere di difendere la street art, ma anche il diritto di continuarne a godere: diritto che non può essere sottratto da nessuno, sia il curatore di una mostra, sia un collezionista senza scrupoli, sia lo stesso artista, che distruggendo ciò che ha creato, in un delirio d’onnipotenza, non fa che derubare tutti di un bene comune.

Non mi avrai Barone Rosso

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Parecchio tempo dopo la fine dell’esperienza di La Mela Avvelenata, di cui non posso dire che bene, per la professionalità e l’impegno di chi lavorava e credeva in quel progetto, continuo ancora a ricevere pareri e opinioni su Noccioline da Marte.

E come sempre, passano da un estremo all’alto, dal capolavoro alla ciofega cosmica. E ogni volta mi rendo conto come il lettore medio non abbia chiaro uno dei fili conduttori di quella novella: la trascrizione, in chiave psichedelica e dickiana, in cui non è chiaro quale sia la realtà e quale sia il delirio, dei Peanuts.

I protagonisti non sono che la versione delirante di Charlie Brown e di Snoopy. L’uno con tutte le sue insicurezze e paura, nate da un ruolo che non sente suo… L’altro con la sua volontà di ridere e sognare, di affrontare con leggerezza le sfide della vita.

E dato che questa idee sembra non essere chiara, come preannunciato, sono tentato di riprendere la novella, per ampliarla, in una sorta di folle e insensata cronaca della vita sul pianeta rosso.

Trump il narratore

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E’ complicato parlare di Trump, perché il personaggio è alquanto irritante e perché smesso, nel giudicare la politica americana, commettiamo l’errore di proiettarvi le nostre paturnie e i nostri pregiudizi, appioppando a realtà completamente diverse dalla nostra a capocchia le etichette di fasciste e comunista.

Facendo una fatica immane, cercando di tirare qualcosa di intelleggibile dalle sue sparate demagogiche, appare però come il programma politico del magnate americano è tutt’altro che in rotta con l’amministrazione Bush e Obama.

Diritti civili

Sembra strano, ma sulle questione del matrimonio e adozione omosessuale, della liberalizzazioni delle droghe leggere, dell’aborto e della bioetica, è molto più a sinistra dell’elettore e del parlamentare PD nostrano.

Sul controllo della armi, la sua posizione è in linea con quella dell’americano medio: lo stesso vale per l’immigrazione.

Di fatto Trump non fa che portare che accentuare quanto contenuto nella proposta di riforma legislativa del 2013, messa a punto dalla cosiddetta “gang of eight”, un gruppo formato da otto senatori repubblicani e democratici, tra cui figure di spicco come John McCain, Marco Rubio, Chuck Schumer e Lindsey Graham, che prevedeva un rafforzamento significativo della protezione del confine, attraverso l’assunzione di 20mila agenti di frontiera e l’ampliamento di 700 miglia della barriera con il Messico e l’adozione da parte dei datori di lavoro di E-Verify, un database con cui sarebbe stato possibile verificare lo status migratorio dei dipendenti, e il potenziamento dei sistemi di monitoraggio degli arrivi e delle partenze degli stranieri, in modo da limitare il numero di coloro che prolungano la loro permanenza negli Usa nonostante il visto scaduto.

E la limitazione dell’immigrazione a specifiche minoranze, ha purtroppo numerosi precedenti in America, a cominciare dal Chinese Exclusion Act del 1882, in cui si bloccava l’immigrazione dalla Cina per 10 anni e si impediva agli Han residenti di ottenere la cittadinanza americana.

Relativamente alla sicurezza, Trump vuole ritornare alla pratica dell’interrogatorio tramite waterboarding, vergognosa, ma che n USA era legale sino al 2006 e che, cosa spesso dimenticata, fu utilizzata anche dalla polizia italiana nella lotta contro le Brigate Rosse e contro i NAR.

Economia

Da questo punto di vista, Trump è un democratico ortodosso: è favorevole alla welfare di Obama, sull’educazione gratuita ha posizioni molto simili a quelle di Sanders e per finanziare entrambi vorrebbe incrementare la proporzionalità delle tasse al reddito, aumentandole per i più ricchi.

In più, sostenendo il rilancio keynesiano delle infrastrutture e la politica protezionista per l’industria americana, non fa che riprendere e ampliare la politica della presidenza Obama

Politica Estera

In tale campo, Trump è molto kissingeriano: ritiene come come le principali priorità degli USA siano contenere la Cina nel Pacifico e congelare in qualche modo le dispute nel Medio Oriente.

Per far questo, evitando un overstrechting delle risorse USA, ritiene necessario rafforzare il rapporto con la Russia di Putin, sacrificando posizioni in uno scenario, quello dell’Europa Orientale, che ritiene secondario.

Complessivamente, quindi, nulla di nuovo sotto il sole: tuttavia, imitando quanto fatto da Obama otto anni fa, per rendere tutto digeribile e apprezzabile all’elettore medio, Trump ha impostato la sua campagna elettorale su la grande narrazione del Sogno Americano.

Ma se quella dell’attuale presidente è stata elitaria e di nicchia, quella di Trump fa man bassa di trent’anni di immaginario pop, parlando alla pancia del popolo americano: il non averlo capito, l’aver sottovalutato tale fattore e l’incapacità di contrapporgli una narrazione altrettanto efficace, rischia di essere il principale motivo del fallimento dei vertici repubblicani nel contrastarlo….

E Hillary Clinton allo stato attuale, non sembra in grado di raccogliere il guanto della sfida…

Concorso Missione AmArte 2016

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Anche questa primavera torna AmArte, l’evento culturale che ha l’obbiettivo di trasformare la periferia della Capitale in un laboratorio di avanguardie e di nuovi linguaggi artistici, nato da un’idea di Mariangela Saliola, consigliera del V Municipio di Roma.

Per celebrare la sua terza edizione, bandisce un concorso artistico gratuito, aperto a fotografi, artisti e creativi italiani e stranieri senza limiti di età o di esperienza, il cui unico vincolo è aderire ai principi e agli ideali del manifesto fondante del movimento.

In palio, l’esporre gratuitamente durante l’evento che si terrà a Roma, presso la Casa della Cultura di  Villa De Sanctis, in via Casilina 665, tra le memorie dell’imperatore Costantino, il Mausoleo di Sant’Elena e i monumenti del Contemporaneo, dal 29 marzo al 4 Aprile.

I finalisti saranno scelti da una giuria composta da artisti, musicisti, scrittori e intellettuali di chiara fama, le cui ricerche creativi e riflessioni sono basate sul rapporto tra uomo e periferie urbane.

Nel seguente link, il testo completo del bando e della scheda di adesione.

Bando Missione AmArte 2016

Info:  Carlo Figliacconi

Mail carlo.figliacconi@libero.it

Cellulare 3346384048

Ufficio Stampa Emanuela Cinà

Mail sury1980@gmail.com