
In questi giorni, sono stato tentato di scrivere due righe su un articolo di Domenico Gallo, su come la fantascienza italiana ha descritto Roma, ma a causa del caos lavorativo e dell’impegno che sto mettendo nel portare avanti “Come un Tuono d’Estate” (a proposito, grazie a Mauro Valentini per gli spunti che mi ha fornito), ho sempre esitato.
Poi, ieri è nato mio nipote… Che emozione vedere quel bambino, così pacato, ma dallo sguardo tanto vivace, che somiglia così tanto a mia sorella infante… Insomma, ho avuto bel altro a cui pensare.
Però, visto che la condivisione dell’articolo, associato a una battuta scherzosa, ha scatenato un bel dibattito, non posso esimermi dal confronto.
Dal mio punto di vista l’articolo di Gallo, ben scritto e documentato, rappresenta la sua personale visione del rapporto tra Roma e Fantascienza italiana.
Alcune tesi le ho trovate condivisibili, altre meno, probabilmente non avrei citato Un Marziano a Roma tanto per far numero e perchè Flaiano fa figo e da un’aria di rispettabilità alla fantascienza, ma avrei parlato, partendo dalla vicende di re Farouk e dal Taccuino del Marziano, di come l’autore partendo dalla cronaca spicciola abbia creato un apologo disincantato sul tentativo fallito di una città provinciale di atteggiarsi a capitale internazionale, un elogio della disillusione, in cui si anticipa Warhol sul tema dei quindici minuti di celebrità e sul potere dei media di indirizzare l’opinione pubblica, in cui per citare l’autore
La parola serve a nascondere il pensiero, il pensiero a nascondere la verità.
O piuttosto che l’Urbe scontata e banale di Verso, forse avrei parlato di quella visionaria e trascendente di Battisti, o quella dei racconti underground del collettivo Li Bai, dal nome del poeta, fatto da ragazzi cinesi, immigrati di terza generazioni, che mischiando il cantonese al romanesco, creano una realtà fuori di testa.
Però in finale è una questione di letture e gusti: la questione vera è che la visione è quella dell’individuo Gallo… Potrebbero esserne ben altre e ben diverse dalla sua, di interpretazione sul rapporto tra Fantascienza e Roma e che potrebbero, citando un diverso pattern di autori, altrettanto argomentate.
Forse ci vorrebbe un libro, non un semplice articolo, per sviscerare il tema… Ma la vera questione, quanto è sensato spacciare una visione parziale, per quanto autorevole, con un’interpretazione globale ?
Non è che perdendosi i pezzi, guardando al passato, invece al presente, come sembra mostrare l’articolo di Gallo, la fantascienza non si fossilizzi in una sorta di canone, rinunciando a qualsiasi vitalità eversiva ?