Sull’Esquilino, sulla Brexit e sul prendere a frustate i calciatori inglesi

giardinipiazzavittorio

Chiacchierare con Alan S. Cooper (non ho mai capito per cosa stia la S… Il cugino, una sera in cui era più sbronzo del solito,mi disse che era l’iniziale di Sergei, per la passione dello zio per per Rachmaninoff, ma poco ci credo) non serve solo a dar fuoco alle polveri alle polemiche sul mural di Mauro Sgarbi, ma anche per riflettere sia sull’evoluzione del rione Esquilino, sia per fare due chiacchiere su quanto è successo questi giorno in Gran Bretagna.

L’Esquilino regola o eccezione ?

No, nonostante il mio affetto per il rione, la sua evoluzione rispecchia un processo comune alle grandi città, siano esse in Europa, in Cina, negli USA o in Sud America. Un processo che comincia negli anni Cinquanta, con lo spopolamento del Centro Storico di Roma e che nella zona di Piazza Vittorio raggiunge il culmine tra gli anni Sessanta e Settanta.

Processo che per l’Esquilino dipende da vari fattori: da una parte, diminuendo il grado di segregazione spaziale per classe sociale, l’alta borghesia abbandona il rione, seguendo un processo centrifugo che la porta a stabilirsi nei nuovi quartieri residenziali. Dall’altra, l’apertura della Metro A, che ha modificato la collocazione sull’asse centro-periferia, ridefinendo le aree e i flussi commerciali di Roma, ha messo in crisi il tessuto imprenditoriale della zona.

A questo si è aggiunto il problema della manutenzione dei palazzi storici e dello scarso effetto delle politiche urbanistiche del Comune sul Rione: risultato, il buco demografico ha creato un’ampia disponibilità di vani sul mercato immobiliare, facendone diminuire il prezzo.

Di questa disponibilità, ne ha approfittato la comunità cinese, che aveva una propensione all’investimento superiore a quelle di altre comunità, sia per le riforme economiche di Deng Xiaoping, che avevano creato un tessuto economico capace di finanziare imprese all’estero, sia per la strategia della relazione su cui è basata la loro migrazione.

Strategia in cui un’intera comunità investe i propri risparmi nell’apertura di attività in terra straniera, che funge da testa di ponte per preparare il terreno ai successivi arrivi, che così risultano facilitati.

Con il tempo, si è creata una divisione della comunità cinese: i più ricchi si sono borghesizzati, creando anche un mercato per le loro esigenze di status symbol, mentre i più poveri, per l’aumento dei costi delle case nel rione, lo hanno abbandonato, trasferendosi nei quartieri lungo l’asse Casilina- Prenestina, sostituiti dagli immigrati del subcontinente indiano

Aumento del prezzo delle case ?

Senza dubbio. Da una parte, è stato un trend comune in tutta Europa, dall’altro è aggiunto dal 2000 il fenomeno della turisticizzazione: la disponibilità di vani, la vicinanza alla stazione Centrale, la disponibilità dei mezzi pubblici, superiori al resto della città, ha reso l’Esquilino uno dei poli dell’accoglienza low cost a Roma. Ciò ha influito sui prezzi, diminuendo l’offerta potenziale.

Turisticizzazione che ha cambiato anche l’economia della zona: il proliferare dei minimarket e dei ristoranti a basso costo è legato proprio a questo fenomeno.

Sai, una cosa che mi fa ridere nell’osservare le polemiche sui gruppi social dell’Esquilino ?

Dimmi

Tutti a lamentarsi se due ristoranti indiani aprono l’uno accanto all’altro, ma nessuno apre bocca su quel tratto di viale Manzoni, in cui in 200 metri vi sono 4 ristoranti, due bar con cucina e in cui sta aprendo un pub… Forse perché la cucina locale fa meno impressione di quella etnica. Oppure, come succede a Londra, l’ideologia del decoro è un ottimo alibi per coprire il proprio razzismo

Tornando a noi..

La terza fase del processo è la cosiddetta gentrificazione. La disponibilità di case di lusso, al di fuori delle tasche e degli interessi degli immigrati e non utilizzabili per il mercato turistico, ma a prezzo più basso di quelle di altre zone di Roma, ha portato il ritorno dell’alta borghesia e degli intellettuali nel rione, in un processo di sovrapposizione, più che di sostituzione.

E queste componenti, immigrazione, turisticizzazione, gentrificazione creano un equilibrio instabile, che è la ricchezza del rione, ma anche fonte di tensione.

Tra l’altro la gentrificazione ha un effetto molto interessante: la cancellazione della memoria dell’Esquilino reale del Passato, con tutti i suoi problemi, droga, prostituzione, violenza diffusa, e la sostituzione con un’immagine mitica, di una presunta età dell’oro precedente all’arrivo dell’immigrazione.

E come si potrà risolvere , questa tensione sociale ?

Il fattore decisivo è l’andamento del mercato immobiliare: se il valore delle case riprende a salire a ritmo sostenuto, per i proprietari conveniente più vendere a ricchi borghesi che investire in b&b. Al contempo, anche gli immigrati tenderebbero, come a Londra a monetizzare gli investimenti per trasferirsi in periferia, replicando una situazione analoga a Trastevere.

In caso contrario, prevarrà la componente di turisticizzazione. E’ una specie di tiro alla fune, in cui è ancora impossibile ipotizzare l’esito

Passando ad altro, come hai presto la Brexit ?

Come uomo, male, come studioso, purtroppo me lo aspettavo: l’Unione Europea, più che amata, è stata sopportato da buona parte dei miei concittadini come male necessario.

Da una parte, le mancava un mito fondativo, come per esempio per l’Italia il manifesto di Ventotene, che ne giustifica l’esistenza dinanzi all’opinione pubblica; dall’altra, per come si è evoluta l’UE, un enorme leviatano burocratico, questa il viola quella che secondo il senso comune britannico è l’essenza della democrazia: il continuo controllo da parte degli eletti sugli elettori.

Questa cosa è stata sopportata come un male necessario, finché gli svantaggi percepiti sono stati ritenuti superiori ai vantaggi reali.

Secondo te, quanto è cominciato questo processo di distacco ?

A mio parere, con la caduta dell’URSS: prima la paura delle divisioni corazzate sovietiche faceva passare sopra a ogni mugugno. Hanno provato a riproporre come bau bau Putin, ma non è credibile: una Russia che non ha soldi per finanziare a oltranza una spedizione coloniale in Siria, certi non può pensare a mettere sotto scacco i suoi vicini occidentali.

Sino a quel momento, l’Europa era basata su una balance of power tra quattro nazioni: UK, Francia, Germania e Italia. Questo equilibrio permetteva un’equa ridistribuzione di carichi, risorse e responsabilità. Con l’unità tedesca, questo equilibrio salta: la Germania progressivamente, come negli anni precedenti alla Prima e Seconda Guerra Mondiale, comincia a drenare risorse dalla periferia del continente per trasferirle al centro e modificare le direttive europee, come ad esempio quelle sulle banche, a proprio vantaggio.

Per rafforzare questa politica, ha favorito una ridistribuzione iniqua delle risorse, a favore delle componenti della società che potevano appoggiare una politica filo tedesca. Il voto inglese non è uno scontro tra vecchi e giovani, tra contadini bifolchi e cittadini civilizzati, ma gli have e have not, i disoccupati, gli operai, i piccoli borghesi e i pensionati.

Però questo concetto non è chiaro ai media e alle classi dirigenziali d’Europa, che condividono lo stesso approccio alla partecipazione di chi contestava il mural di Mauro Sgarbi al Mercato Esquilino: la democrazia va bene, finché decide quello che voglio io, altrimenti il popolo è idiota.

E il caso Scozia e Irlanda del Nord ?

Londra, per tenere buono l’indipendentismo scozzese, ha ribaltato su Edimburgo le poche risorse ridistribuite dal Centro: Belfast invece, è da anni integrata economicamente con Dublino. Il loro voto era scontato.

Che succederà adesso?

Non lo so. In un mondo ideale, si potrebbe raggiungere un accordo razionale tra le parti, capace di lasciare le cose pressoché invariate. Ma purtroppo non è così…

Parlando dell’altra Brexit…

Io applicherei ai nostri calciatori e Hodgson i metodi tradizionali della Royal Navy: una trentina di frustate sul fondo schiena, accompagnate dal suono della Rogues’ march… Ma a quanto pare, sono un paio di secoli che si è persa tale tradizione.

Numeri elettorali

Raggi

Come sempre, dare un poco di numeri, relativamente alle elezioni romane.In termini assoluti, Virginia Raggi ha preso 770.564 voti , ben più di quelli presi da Marino, pari a 668.890 voti, ossia in termini percentuali, sul corpo complessivo dei votanti, il 34% a fronte del 27% del vecchio sindaco, ma meno di Alemanno, che ne prese 783.225 e di Veltroni che arrivò alle bellezza di 926.932 voti.

Tradotto in termini concreti, la Raggi gode allo stato attuale di una rappresentatività più ampia di Marino ed ha un margine di sicurezza rispetto alla soglia di Roote, il 25%, al di sotto della quale non si verifica la luna di miele con gli elettori e la conflittualità tra cittadini e amministrazione, vista come un corpo estraneo alla Polis, è tale rendere impossibile il governo della città.

Marino era al limite di tale soglia e non è stato capace di ampliare il suo consenso: la Raggi è sicuramente in condizioni migliori, ma se vuole reggere nel tempo, deve da una parte proporre delle soluzioni condivise dall’intero corpus elettorale e non solo dalla minoranza che l’ha eletta, dall’altra saper comunicare al meglio le sue scelte.

Il primo punto, dipende dall’elasticità di un programma elettorale, a prima vista abbastanza vago, da adattarsi a tutto e al contrario di tutto, senza correre il rischio di contestazioni. Inoltre, a differenza del PD, deve avere la forza di spostare il proprio baricentro amministrativo dal Centro alle Periferie.

Sul secondo, deriva dalla capacità che avrà la Raggi, con la comunicazione web, di contrastare i media tradizionali, schierati dalla parte dei suoi avversari

Parlando del mural di Mauro Sgarbi al Nuovo Mercato Esquilino

murale

E’ sempre interessante chiacchierare con Alan S. Cooper. Primo, anche se non lo sa, è una delle fonti di ispirazione per tanti personaggi dei mie romanzi. Secondo, perché alla sua veneranda età non ha ancora preso a randellate il cugino, pittore tanto gaudente, quanto di pessimo carattere.

Terzo, per il suo italiano, forbito, ma ahimè pronunciato con un accento simile a quello con cui venivano doppiate le comiche . Stanlio e Ollio. Quarto, per l’oggetto dei sui saggi, a cavallo tra urbanistica e sociologia, sul gap tra utopia e realtà nei progetti di smart e sulla gentifricazione degli spazi urbani.

Proprio quest’ultimo tema, lo ha portato ad utilizzare come case study l’Esquilino, assieme ad altre realtà romane: incrociandolo per caso, volevo fare due chiacchiere sui cambiamenti del nostro rione, me più per sua iniziativa che per mia, siamo finiti a parlare del mural di Mauro Sgarbi al Mercato Esquilino, che, per certuni, sembra essere diventato la principale causa di degrado del rione.

In questi giorni, qualcuno, qui all’Esquilino, sta dipingendo la street art come la calata dei barbari, non è esagerato ?

Più che esagerato, è frutto di una visione arcaica, che sembra uscire dalle pagine di Ruskin: la città vista come un fossile, un insieme di rovine morte, indipendenti dalle persone che vi vivono, visti come inutili o addirittura come un cancro. La città è invece un sistema olistico, fatta non solo dagli edifici, ma anche dalle storie e dalle esperienze del quotidiano: un’entità vivente, che muta ogni giorno e basata su infinite sovrapposizioni.

Il negarlo, il voler tutelare e valorizzare a prescindere il passato, senza dare spazio al presente e al futuro, a prima vista sembra meritorio, ma alla lunga porta a ragionare come Muñoz; distruggere la Storia, la Roma vissuta, deportando anche i suoi abitanti, per creare una realtà di carta pesta.

Per cui, viva la Street Art, che è il trionfo della vita, che cambia l’aspetto della Città: che poi, è un leitmotiv dell’Arte e dell’Urbanistica occidentale. A coloro che esaltano la sacralità del muro sporco, vorrei ricordare come gli edifici classici fossero pesantemente colorati o le architetture descritte da Huizinga nell’Autunno del Medioevo o le macchine scenografiche barocche.

Una delle critiche al progetto è stata la sua mancanza di dimensione partecipata

Il problema è che cosa si intende per Partecipazione: dal mio punto di vista significa estendere gli spazi di Democrazia, rendendo il cittadino comune responsabile della progettazione e gestione dei Beni Comuni: detto fra noi, l’Esquilino, per l’esperienza dei vari comitati, mi sembra all’avanguardia, sotto questo punto di vista.

Invece, i contestatori dell’opera di Mauro Sgarbi, ne propongono un’idea distorta, quasi fascista, centrata sulla dittatura di una piccola minoranza sulla maggioranza dei cittadini, che sono posti al di fuori da qualsiasi decisione e che devono soltanto approvare e applaudire.

Parlano di commissione di artisti che deve decidere sul cosa e sul come fare, in una riunione carbonara: ma chi assicura a priori sulla trasparenza dei loro criteri decisionali ?

E chi garantisce che la loro opinione coincida con quelle del resto degli abitanti del Rione ? Sempre per parlare del mural al mercato, forse mi sbaglio, ma il senso comune sembra preferire un trionfo di vita e di colori a una parete scrostata, con gli inserti di polisterolo a fingere il marmo

L’accusa di scarsa trasparenza è un’accusa rivolta anche progetto di Street Art

In cinque minuti, sui vari gruppi Facebook dedicati all’Esquilino, che non sono la Realtà, ma una loro rappresentazione parziale e limitata, ho trovato bozzetti e copia delle autorizzazioni e relativi dibattiti: ora, più che parlare di trasparenza, chi fa questa accusa dovrebbe riflettere sul proprio analfabetismo informatico

La Street Art deve essere limitata alle periferie degradate ?

Chi fa quest’accusa, dimostra una superficiale conoscenza del tema, confondendo il graffitismo americano, che è un grido di rivolta contro l’emarginazione delle periferie, con la public art europea, che ha il suo punto focale nei centri storici e nel recupero dei loro spazi urbani. E su questo Roma è stata all’avanguardia, basti ricordare l’esperienza dei murales di Tor di Nona.

Tra l’altro, ci sono numerosi studi che legano la diffusione della street art alla gentrificazione: Roma sotto questo aspetto, è un’eccezione, perchè a fenomeni di questo tipo si integrano azioni di mecenatismo, come a Tor Marancia o di recupero dal basso di realtà marginali, come il MaaM.

Il tuo giudizio sull’opera ?

Premesso che non amo il Figurativo, devo riconoscere come Mauro Sgarbi abbia creato un’immagine iconica, dal forte valore simbolico, su cui costruire l’identità civica del Rione. Cosa non riuscita a un riuscita a un altro progetto, di cui ho grande stima, che è Il Giardino dei Poeti, perché non parla all’Uomo comune, ma la sua narrazione è autoreferenziale a un’ élite ristretta.

Mauro Sgarbi ha creato un simbolo di speranza, in cui la diversità non viene vista come pericolo, ma come fonte di nuova e più ampia armonia.

Inconsciamente, chi contesta il mural, contesta questo messaggio, schierandosi dalla parte del populismo di Trump e di Salvini

Lithica, maschera ucronica

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Negli ultimi giorni, ho ricevuto un paio di recensioni su Lithica. La prima, di un lettore molto connotato politicamente, che ha accusato il libro di essere sia uno strumento di propaganda del PD, sia omofobo.

Accuse che mi hanno lasciato perplesso: per quando è ambientato il libro, al massimo può essere accusato di fare propaganda occulta alla restaurazione del Papa Re… La seconda accusa, visto quanto accaduto oggi a Orlando, non la ritengo degna di essere presa in considerazione: sono fiero però di aver raccontato la storia con tutte le sue sfumature, rimpianti e contraddizione tra Alan StuartThomas Edward Lawrence.

Alla fine, tale recensione non è che l’ennesima riprova che troppa campagna elettorale fa male ad alcuni cervelli…

Invece, degna di nota, è la recensione di un’affezionata lettrice che copio integralmente

Non sono certo un’esperta, né una letterata… purtroppo. Lo dico perché questo romanzo meriterebbe di essere esaminato pagina per pagina, tanti sono i riferimenti ed i rimandi a fatti, racconti, personaggi, veri o di fantasia, che presidiano ogni avvenimento. Presidiano, in quanto ad ognuno di loro viene assegnato il compito di far fluire il proprio pensiero, oltre ad essere presenti ed attivi.

Il punto di forza del libro è questa fascinazione culturale anche se sono preponderanti gli aspetti ucronico e dark. Non mancano la solita ironia, i dialoghi rapidi e divertenti, come le riflessioni filosofiche e un po’ di sofferenza. Una sofferenza umana e che svela a tratti il carattere empatico dell’autore. E’ la maschera che nasconde l’anima?

Ma è solo una breve occhiata, subito si torna al colpo di scena, al mistero, alla battuta. Una lettura che, una volta finita, ti fa desiderare di incontrare nuovamente i suoi personaggi. Un piccolo appunto: il mio latino è forse troppo arrugginito…una nota ogni tanto?