Lotta Politica a Roma

secessio

Gli antichi romani definivano il loro stato come una res publica, intesa non soltanto come una res populi, cioè come l’insieme di beni e rapporti del populus l’insieme dei cives che abitavano nello stesso luogo ed erano partecipi dell’ordinamento di quella comunità indipendente in quanto titolari di poteri e diritti.

Per citare il buon vecchio Cicerone, quanto l’ho odiato al liceo, il popolo è una comunità umana

iuris consensus et utilitatis communione

per consenso di diritto e comunanza di utilità.

Ma a differenza della concezione moderna, il popolo non era il diretto detentore del potere politico, ma fungeva da aggregazione di diverse strutture gentilizie verticali, che traevano forza dal perpetuarsi di una fitta rete di legami, legali e illegali con ampi settori della comunità.

Strutture gentilizie quindi pervasive e in perenne lotta tra di loro, con l’intrigo e la violenza, con l’obiettivo di appropriarsi e usare a proprio esclusivo vantaggio i beni collettivi.

Questa impostazione dello Stato e della lotta politica, pur cambiando le forme e le modalità di aggregazione, si è perpetuata nel tempo, sino ad arrivare ai giorni nostri.

Mafia Capitale, gli intrighi che hanno portato la caduta di Marino, le lotte che dilaniano la giunta Raggi, derivano proprio da questa forma mentis e dall’incapacità di utilizzare questa dialettica in maniera costruttiva.

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