Teoria del caos e terremoti ?

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In questi, diversi amici mi hanno chiesto informazioni sul rapporto tra Teoria del Caos e terremoti: sinceramento, essendo la conoscenza della sismologia limitata alla Geografia Astronomica del Quinto Liceo, non ho mai approfondito le sue applicazioni in questo ambito (tra l’altro non ero neppure un appassionato studente di quella materia…)

Per cui, quello che dico non è nulla di più di un’opinione superficiale, che lascia il tempo che trova.

A rigor di logica, ma i fatti possono smentire le mie idee, è possibile ipotizzare come le tensioni e le reazioni elastiche delle faglie siano non lineari: per cui, come per le frane, si potrebbe stimare il relativo esponente di Lyapunov, per valutare la caoticità del sistema.

Questa potenziale modellizzazione del fenomeno, che non so se sia possibile o sia stata realizzata, magari potrebbe dare indicazioni utili a ottimizzare le misure antisismiche nell’edilizia.

In più, so che esiste uno studio di Turcotte, Seismicity and self-organized criticality, che però non ho mai letto, che dovrebbe evidenziare un comportamento di autoadattamento universale dei sistemi tettonici durante gli eventi sismici, riconducibile agli slider- blocks model.

Il che farebbe pensare come i terremoti si evolvano nel tempo con distribuzioni di probabilità ad invarianza di scala, cioè frattali.

Se fosse così, verrebbe confermata l’imprevedibilità del singolo evento sismico, ma si potrebbe determinare un attrattore strano, che potrebbe essere utile nel raffinare le mappe di classificazione del rischio sismico

“Il giorno dei Morti” raccontato da Andrea Camilleri.

Un tempo per i Siciliani il giorno dei morti era un giorno davvero speciale, per i bimbi era ricco di attesa e dolci sorprese! La globalizzazione oramai sta rendendo più onore ad Halloween dimenticando la tradizione che invece ci appartiene e dobbiamo impegnarci a conservare e a tramandare, per questo abbiamo deciso di riportare il testo di Camilleri che racconta la magica atmosfera del giorno dei morti per i siciliani.

Sorgente: “Il giorno dei Morti” raccontato da Andrea Camilleri.

Salutando Mimmo Pesce

 

Ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere il maestro Mimmo Pesce: lo incrociavo spesso, passeggiando per la strade di San Lorenzo o a mangiare e bere qualcosa da Otello, a Piazzale Tiburtino.

Benché emanasse vitalità, non ho mai scambiato due parole con lui, finché una sera alquanto brillo, in compagnia di un amico e di mia moglie, capitai davanti al suo studio di via dei Volsci. Guardai, il mio amico, non so che ci stava passando per la testa, e visto che la porta era aperta, gli imboccammo dentro.

Il maestro Pesce ci guardò stupiti e invece di prenderci a randellate, come avremmo meritato, si intrattenne con noi, a parlare della sua arte. Rimasi incantato dalle sue sculture: non solo perché riconobbi alcune delle sue modelle, ma soprattutto per la loro capacità di scavarmi dentro, con la loro barocca incertezza tra dramma e sensualità.

Ogni opera era un’epifania della lotta che ogni di noi deve affrontare ogni giorno, spesso perdendo, con i propri demoni personali.. I suo demoni

e qui lascio la parola a Sylvia Di Ianni, sua allieva, che lo conosceva di certi meglio di me

sono stati un passaggio da affrontare e sublimare per arrivare alla luce… e questo voleva essere il suo insegnamento per tutti..

Il maestro ci ha lasciati: e anche se sembra strano, ha lasciato un vuoto nella mia vita. Quella visita, è stata una delle fonti di ispirazioni di Lithica: vuoi o vuoi, le sculture di Martinucci, che tanto scandalizzato i buoni borghesi di Minorca, non sono che la trascrizione onirica e letteraria delle sue opere… E di questo, gli sono grato.

I suoi funerali saranno celebrati Lunedì 31 Ottobre presso la Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo, Roma, h. 11,30. Partecipate, se potete. Mimmo amava la vita e la compagnia, sarebbe stato felice, di avermi accanto..

Il Nuovo Mercato Esquilino

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Stavo per scrivere due righe a favore di Bergamo e della Raggi, secondo me hanno fatto bene a dare un segnale forte a favore della Street Art, non vista come fonte di degrado, ma come possibile strumento per riqualificare Roma, battaglia che mi sta particolarmente a cuore, quando invece leggo dell’ordine da parte dell’ASL 1 di chiudere la sezione alimentare del Nuovo Mercato Esquilino per motivi igienici.

Per prima cosa mi è venuto da ridere: essendo cresciuto tra i banchi di Piazza Vittorio, altro scenario del mio prossimo romanzo, rispetto a quello che vedevo da bambino, il Nuovo Mercato Esquilino è un paradiso.

Poi, mi sono sentito amareggiato: il Nuovo Mercato Esquilino, per i progetti a cui ho collaborato, dal Murales al Banco della Salute, è una parte della mia vita e in questi ho cominciato ad apprezzare e voler bene alle persone che vi lavorano, dai bancaroli a chi si occupa della custodia e della manutenzione, e vi posso assicurare che veramente si fanno un mazzo tanto dalla mattina alla sera. E Giancarlo Pompeo, il Presidente del CoriMe, è una persona eccellente, di cui non si può che parlare che bene.

Infine, ho cominciato a riflettere a mente fredda: il Nuovo Mercato Esquilino, che è il cuore pulsante di Roma, la memoria di ciò è stato e lo specchio di ciò che sarà, è da anni trascurato dalla politica capitolina.

E’ vero, ci sarà una gran caciara, i bancaroli non saranno le persone più ligie di questo mondo ai vari e complessi regolamenti dell’annona e dello scarico merci, ma sono anni che si sono sobbarcati, tra difficoltà immani, l’onere di portare avanti la struttura.

Il Comune dovrebbe investire e impegnarsi di più, a difesa di quello che, nonostante le lamentele di qualche radical chic che abita a via Principe Amedeo, per un luogo che è una risorsa per la città e come in altre capitali europee, potrebbe essere, se valorizzato, una grande attrazione turistica.

Speriamo almeno che il polverone sollevato dall’ASL possa finalmente muovere qualcosa..

 

La Torre de’ Conti

 

Oltre al fare del bene, c’è anche un motivo personale che mi ha spinto a partecipare all’evento di domenica scorsa, per l’associazione Africa Sottosopra: il fatto che si svolgesse alla Tor de’ Conti, uno dei luoghi in cui si svolgono le vicende de Il Canto Oscuro.

Torre che ha avuto una vicenda assai complessa e tormentata: secondo alcuni cronisti, fu eretta, in versione assai ridotta, nell’alto Medioevo, intorno al 869, anno più, anno meno, su una delle esedre del el portico del Tempio della Pace.

Data la sua posizione strategica, che permetteva il controllo della via Papalis, ossia il percorso computo dal corteo pontificio in occasione dell’insediamento del nuovo pontefice da San Pietro alla basilica di San. Giovanni in Laterano, che era occasione di tentativi di golpe da parte della nobiltà romana, Riccardo Conti, fratello di Papa Innocenzo III, se ne appropriò, in maniera più o meno legale, e diede l’incarico a Marchionne Aretino, lo stesso progettista della Torre delle Milizie e della Torre del Grillo, sempre di proprietà della famiglia Conti, di ampliarla e ingrandirla.

Marchionne si lasciò trascinare dall’entusiasmo, costruendo, come racconta Gregorovius, una torre di forma quadrangolare su un poderoso basamento a 3 ripiani, tutti coperti del travertino sottratto dai monumenti dei Fori, il cui perimetro andava restringendosi dal basso verso l’alto, sino a raggiungere un’altezza di sessanta metri, per finire con una guarnizione di merli a 3 punte. La sua mole colpì il Petrarca che la definì «Turris illa toto orbe unica», forse anche per ottenere lo sconto sull’affitto che da buon inquilinto della torre, doveva pagare ai Conti.

Dimensioni che le fecero affibbiare il nome di Torre Maggiore, con un’iscrizione, presente ancora oggi Pietro da Nicola Conti si vantava delle sua imponenza e Torre Secura, perchè difficile da catturare, che le provocarono l’odio imperituro della fazione popolares del tormentato comune romano e tanti, tanti problemi di statica.

Il terremoto del 1348, anno particolarmente iellato, vista anche la Peste Nera, ne provocò il crollo: fu restaurata da Martino V, in ottimo rapporti con i Conti, per tenere a bada la piccola nobiltà e i caporioni recalcitranti alla sua politica di centralizzazione amministrativa e poi nel 1500 da Sangallo, che ne tolse il rivestimento in travertino, poi utilizzato da Michelangelo per la costruzione di Porta Pia, e ne costruì un portone monumentale.

Nel 1620, risultava di nuovo in abbandono, tanto che la famiglia Conti affibbiò il suo restauro alla Camera Apostolica e poi al buon Urbano VIII. Nel 1630 la torre, non essendo stata del tutto ricostruita, minacciava di crollare di nuovo e per questo fu ordinato di abbatterla, ma nel 1644 ci fu un nuovo crollo con due uomini morti, e 4 muli morti.

Dato che la famiglia Conti faceva orecchi da mercante sulla richiesta di demolirla, alla fine del Seicento papa Alessandro VIII, decise di salvare il salvabile, con la costruzione dei due contrafforti di rinforzo.

Nel 1738, i Conti, sperando di trovare statue romane con cui decorare Palazzo Poli, ordinarono dei lavori di scavo che riuscirono liberare la antica porta di ingresso disegnata dal Sangallo, che secondo alcune fonti dovrebbe essere diventato il portone del Palazzo baronale di Poli.

Nel 1937 la torre, isolata per la demolizione del quartiere Alessandrino fu donata da Mussolini alla Federazione nazionale arditi d’Italia che vi rimasero fino al 1943 Nel 1938 il salone del tempio della Pace sulle cui mura perimetrali si sorregge la torre, fu adibito a mausoleo del generale degli arditi Alessandro Parisi, morto quell’anno in un incidente stradale Nella sala, le spoglie del generale sono tuttora conservate in un sarcofago di epoca romana.

Questo nel mondo reale… Nel mio mondo letterario, la Torre si affaccia ancora sulla “piazza delle Carrette”, un toponimo che discende dai carri da vino, di granaglie o altro che, provenienti dai Castelli Romani, facevano qui sosta, al limite del Foro Romano, allora zona di mercato e sopravvissuta al tentativo del Principe Padre di demolirla, per costruirvi al suo posto un grande magazzino come Harrods, per poi diventare sede di uno dei suoi tanti laboratori, dove Andrea Conti, Beppe, il Cardinal Colacchia e Gugliemo Marconi riflettono sui segreti legati alla morte di Alan Stuart

“I Medici” bel lavoro, grande successo ma…

Esquilino's Weblog

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Il 18 aprile scorso è andata in onda con grande successo (vedi articolo) la prima puntata della serie televisiva “I Medici” su RAI 1. Indubbiamente una produzione ben fatta, ben diretta, con attori di grido e con effetti speciali (il Duomo di Firenze senza cupola) degni dei migliori kolossal. Solo un aspetto ha lasciato l’amaro in bocca a tutti noi residenti dell’Esquilino. i-medici-preziosi-brunelleschiQuando Cosimo De’ Medici (Richard Madden) si reca da Filippo Brunelleschi (Alessandro Preziosi) quest’ultimo nello spiegare su come intende edificare la cupola di Santa Maria del Fiore afferma di essersi ispirato al Pantheon di Roma. Sicuramente il grande artista fiorentino nei suoi soggiorni  nella città eterna avrà visitato e studiato a  lungo questo insigne monumento romano ma l’ispirazione per il suo capolavoro gli è venuta,  senza alcun ragionevole dubbio, al cospetto di un altro edificio situato nel nostro Rione : il cd. Tempio di Minerva Medica…

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Sognando la funivia

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La prima volta che sentii parlare di una funivia a Roma, fu nel lontano 1993, in un convegno tenuto a Centocelle, in cui si proponeva la costruzione di una funivia da Piazza de Mirti, dal capolinea dei tram per intenderci, a Pantano Borghese, per creare un’alternativa al trenino della Casilina, che già all’epoca era considerato obsoleto.

Idea che all’epoca mi parve assia bislacca, ma con il senno di poi, in quel momento storico, qualche ragione poteva anche averla, anche se sarebbe stata rapidamente superata dalla costruzione della linea C.

Da quel momento in poi, come un fiume carsico, questa idea è saltata fuori, in media ogni campagna elettorale. L’ultima sua paladina è la Raggi: ora non so quali studi abbia letto il nostro sindaco, ma quelli che mi sono capitati tra le mani, compreso quello del buon Alan S. Cooper, che ipotizzava la costruzione di 4 funivie, la Casalotti Battistini, la Magliana Eur, l’Anagnina – Tor Vergata – Pantano, per unire la Metro A con la Metro C, e la Palmiro Togliatti Ponte Mammolo, per unire la Metro C con la Metro B, non sono così negativi.

A patto che siano rispettati due vincoli:

  1. Che la funivia sia integrata e non alternativa alla Metro, in modo da non essere cannibalizzata dalla mobilità a terra
  2. Che i capolinea della funivia siano integrati in un sistema di mobilità alternativa (navette elettriche, bike and car sharing)

Ogni studio poi concordava come l’impatto dell’infrastruttura era notevole in ambito locale, alleggerendo il traffico nello specifico quadrante cittadino, ma limitato in ambito globale: insomma, le funivie non sono le panacee di tutti i mali della mobilità romana.

Io, dal mio banale punto di vista di scrittore di fantascienza, non posso che essere favorevole: per la suggestione futurista di tale architetture, che mi fanno venire in mente il buon Sant’Elia e per la loro capacità di nutritre il mio immaginario post moderno

Responsabilità Sociale

 

E’ stato un ottobre assai pieno per Le Danze di Piazza Vittorio, prima con Buskers for Amatrice, evento che è stato un successone in termini di partecipazione, poi, domenica scorsa, con un concerto per animare il brunch benefico dell’associazione Africa Sottosopra, tenuti a la Torre de’ Conti, per raccogliere fondi per un ospedale pediatrico in Malawi.

Molti nostri conoscenti, vedendoci sempre così impegnati, se ne escono spesso con un chi ve lo fa fare…

Immagino che ognuno dei membri de Le Danze abbia una risposta differente a questa domanda… La mia èalquanto banale e forse populista.

Piazza Vittorio, da cui prendiamo il nome, non è solo un brand, noto e riconoscibile, che permette di avere senza troppa fatica visibilità mediatica. E’ invece un simbolo, forte e stratificato, di Roma, con il suo passato, Pieno di contraddizioni, con tante ombre e ancor più luci e il suo Futuro, ricco di possibilità e di sfide.

Portare quel nome, è anche un impegno a incarnare i valori di accoglienza del diverso, di solidarietà e di tolleranza che sono il filo rosso che unisce i tanti momenti della storia dell’Esquilino e una responsabilità sociale, per cercare, con i propri mezzi e possibilità di rendere migliore il luogo in cui si vive, specie in periodo come questo, con le istituzione che a volte sembrano lasciare soli i cittadini, con decisioni che vanno contro il senso comune.

Impegno che, magari a fatica, cerchiamo di onorare nel miglior modo possibile..