Come parecchi sanno, Manu sta migliorando a vista d’occhio: ha tolto il tutore, dentro casa si muove senza stampelle e fuori con una stampella sola. Insomma, manca poco alla completa guarigione.
Così, per festeggiare, continuo il mio viaggio nel Sessoriano: come raccontato, l’insediamento di Elena nel palazzo ad spem veterem portò, rispetto alla struttura severiana, una serie di cambiamenti, dovuti alla trasformazione del consistorium, la sala delle udienze imperiali, nella Basilica ad Hierusalem.
Per cui, l’architetto che progettò la basilica, dato che il palatium continuava ad avere un ruolo pubblico, dovette realizzare un nuovo consistorium, in modo da soddisfare le esigenze di rappresentanza dei Secondi Flavi, utilizzando una porzione del vecchio giardino di Eliogabalo: consistorium che, a causa del ritrovamento di un gruppo marmoreo – oggi conservato nel Museo Pio-Clementino in Vaticano – che raffigurava Venere e Cupido, con molta fantasia fu identificato nel Rinascimento con un tempio dedicato alle due divinità dell’Amore.
Però, quelle statue, ci danno un’indizio importante sull’edificio: sul suo basamento vi è incisa l’epigrafe
“A Venere felice Sallustia e Elpidio hanno consacrato questa statua”
Venere è poi il ritratto di Sallustia Barbia Orbiana, moglie dell’imperatore Alessandro Severo (222-235) di cui i citati Sallustia e Elpidio erano due liberti; per cui è assai probabile, che il nuovo consistorium, per risparmiare tempo e denaro, fosse decorato con le statue, quadri e gli arredi del vecchio, poco adeguati alla suo nuovo uso “religioso”.
Così l’architetto di Elena, come nuova sala delle udienze, realizzò un grande aula rettangolare, lunga oltre 40 metri, su cui per un paio di secoli si sono avute le idee molto confuse sul suo aspetto: Lanciani e Collini, infatti, scambiarono un capriccio architettonico di Pirro Ligorio come un rilievo di tale edificio, dandone così una descrizione errata. Solo gli scavi archeologici in occasione del Giubileo del 2000 hanno dimostrato come tale navata terminasse con un’ampia abside, la cui parete spessa m 1.45, era in origine traforata da cinque ampie aperture arcuate intervallate da pilastri; su di essa poggiava il catino absidale, una semicupola in opera cementizia,alleggerita, come a Tor Pignattara, il Mausoleo di Elena, dall’inserimento di anfore nel punto di massimo spessore e decorato con cassettoni in stucco, questi ultimi documentati dai numerosi fori per chiodi visibili nell’intradosso.
Grazie ai resti dei muri perimetrali si è capito come il tetto fosse a doppio spiovente, su capriate lignee. Sia la parete di fondo, come quelle laterali di spessore relativamente esiguo (m 1.05), sia l’abside sono sostenute da massicci speroni radiali in opera laterizia a rastremazione discontinua. Per anni si è ipotizzato come tali speroni fossero il tentativo di mettere una pezza ai calcoli statici sbagliati dell’architetto, per evitare che l’edificio crollasse, però, dato che vi sono dei precedenti, come a Piazza Armerina, per cui non è da escludere a priori che fossero previsti nel progetto originale.
Nulla è rimasto del rivestimento marmoreo parietale, la cui esistenza è comunque documentata sia dalle descrizioni di metà XVI secolo, per esempio L. FAUNO, Delle antichità della città di Roma, Roma 1552, p. 100:
“II tempio di Venere e Cupido fu di opera corinthia con belli ornamenti di pietre e stucchi come per li suoi vestigi si vede”
sia dai numerosi fori di grappe per il fissaggio delle lastre visibili per tutta l’altezza dell’abside fino alla quota d’imposta del catino. E’ poi possibile che il pavimento in opus sectile marmoreo, a grandi lastre, sia stato utilizzato come fonte di materiale per quello cosmateco di Santa Croce.
Terminata la costruzione del nuovo consistoria, l’architetto si pese il problema di come integrare questo corpo incongruo con il resto del Sessorianum. Se nel lato verso Porta Maggiore, se la cavò in maniera semplice, ampliando e arricchendo le domus presenti, in modo che servissero da dimora per i membri della corte imperiale, sul lato est, creò un colonnato monumentale, su cui, per dividere lo spazio laico da quello religioso, appoggiò un triclinia decorato in marmo, che a seconda delle occasioni, poteva essere utilizzato dai funzionari imperiali o per le agapè della comunità cristiana.
Probabilmente, dopo il VI secolo, il consistoria fu utilizzato come chiesa, finché nel 1144 a papa Lucio II, desideroso di costruire un convento attiguo a Santa Croce in Gerusalemme, ordinò la sua parziale demolizione, per ottenere materiale edile
Pingback: I vicini di casa del Sessorianum | ilcantooscuro
Pingback: Villa Gordiani | ilcantooscuro
Pingback: Bernardo Rossellino e San Pietro | ilcantooscuro
Pingback: I tesori nascosti del Rione Esquilino – #8 | Esquilino's Weblog