Quando un paio d’anni fa, con le Danze di Piazza Vittorio, facemmo partire il progetto Street Attack, per valorizzare gli spazi urbani del nostro rione, ridefinendo il rapporto tra luoghi e persone e aiutando con la bellezza la costruzione di un’identità condivisa tra le infinite anime dell’Esquilino, proponemmo un approccio inclusivo, aperto a interventi di altri soggetti, nella convinzione che la pluralità di voci non fosse un pericolo, ma una ricchezza.
Fu una scommessa, ma che sta avendo un esito positivo: da qualche mese i portici Piazza Vittorio stanno diventano uno dei palcoscenici più vivaci e interessanti per la poster art romana, i cui protagonisti, in forme fragili e transitorie, riflettono sulla contraddittoria ricchezza del Rione, fatta di luci e ombre.
I loro messaggi, poi, cosa che mi ha stupito in positivo, ma più invecchio, più sono pessimista sulla natura umana, sono stati apprezzati e compresi dagli abitanti dell’Esquilino: certo, c’è il fenomeno da baraccone che li considera degrado, ma se non sa riconoscere un’opera d’arte, il problema è suo, o l’artistucolo locale che brontola per ciò che considera un’invasione del suo orticello, ma sono trascurabili minoranze.
La questione è che per l’ennesima volta, l’Utopia, l’idea che l’Arte non sia inutile Decorazione, ma che possa rendere la Vita più ampia e profonda, lancia il suo guanto di sfida alla Realtà. Sfida che sotto tanti aspetti, è stata lanciata all’inizio del Novecento in Italia dal Futurismo e che sotto tanti aspetti, è stata vinta da Marinetti.
Perché, fatta la tara alla sua retorica e alle sue stranezze, molte delle sue intuizioni filosofiche ed estetiche sono diventate parte del nostro quotidiano e ne siamo talmente pervasi, da non farne più caso.
Per rendersene conto, basta fare un giro alla mostra Sole Futurista alla Galleria Pulcherrima a Via Merulana, con degli straordinari brani di aeropittura, in cui l’esaltazione della velocità, il vitalismo che nasce dal far collassare il tempo e lo spazio in una singola monade, l’inversione delle prospettive, quasi preannunciano le esperienze di chi oggi, sovrappone le mappe del Reale con quelle del Virtuale.
Futurismo che chiedeva all’Arte di uscire dai Musei, per correre nelle strade e alla Musica di invadere le piazze
Cosa che il buon Madana, ha fatto stasera con il suo concerto nei giardini di Piazza Vittorio: ogni giorno, su Facebook, leggo proteste sul degrado, specie da chi è abituato a lamentarsi e non fare nulla. Proteste che spesso si tingono di razzismo e propongono bislacche e strampalate idee di militarizzazione del territorio.
Eppure, come dimostrato oggi da Madana e da anni da le Danze di Piazza Vittorio, recuperare gli spazi urbani, è cosa assai semplice: basta viverli, invece di starsene chiusi in casa. Basta avere il coraggio di lanciare idee e proposte, di realizzare tante piccole iniziative ogni giorni, per vincere l’avversario più grande: la propria inerzia.
Perché potremo anche cantare
le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
Ma per far questo, è necessario prima agire
P.S. Comunicazione di servizio, che c’entra ben poco con il discorso precedente: non prendete impegni per il 23 giugno che tornerà la Festa di San Giovanni all’Esquilino
L’ha ribloggato su Esquilino's Weblog.