Un applauso ai Ragazzi del Cinema America

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Un annetto fa, un presunto artista di Piazza Vittorio, in realtà più un abile copista e un monotono ruminatore di vecchie idee altrui, di scarsa cultura, ma di grande invidia e livore, cominciò la sua privata faida contro il murale di Mauro Sgarbi nel Nuovo Mercato Esquilino.

Il perché desiderasse cancellare un’opera apprezzata da tutti, è difficile a dirsi: forse perché, incrociandola ogni giorno, la usava come criterio per misurare la sua umana mediocrità. Però, il nostro eroe, chiamiamolo così, che dal vivo non ha mai brillato di coraggio, per farlo cancellare andò a piagnucolare dal politico grillino di turno.

Il quale, poco sapendo e ancor meno capendo, qualità che sembrano essere indispensabili per fare carriera nei Cinque Stelle, scrisse un’interrogazione, convinto che l’opera fosse stata realizzata e pagata dal Municipio, invece che essere stata una libera iniziativa di cittadini.

Peccato che, grazie a un suo collega pentastellato con più sale in zucca, tale iniziativa, che era stata coperta da un silenzio omertoso, venne alla luce. Dinanzi alla levata di scudi degli abitanti del Rione di tanti artisti romani, prima il politico mentì spudoratamente sul contenuto dell’interrogazione, poi, preso in castagna, cominciò a soffrire di un improvviso e inspiegabile mutismo selettivo.

Avendo tale politico un rapporto conflittuale con l’italiano e con le procedure amministrative, per un vizio di forma la sua interrogazione, con suo sommo sollievo, è finita nel dimenticatoio. Dato che dal letame nascono i fiori, tutta la cagnara generata dagli intrighi clientelari dell’artista di Piazza Vittorio ha avuto due simpatici effetti collaterali: il primo, aver trasformato il murale di Mauro Sgarbi in un simbolo della libertà dell’Arte, il secondo l’aver acceso l’interesse di tanti street artist per il Mercato Esquilino, che speriamo a breve, grazie alla loro creatività diverrà una galleria d’arte a cielo aperto.

Ora, con il senno di poi, ma al politico grillino chi gliel’ha fatto fare a infilarsi in tale canea, da cui è uscito con le ossa rotte ? Più che una questione di scelta personale, è tutto legato alla natura stessa del suo Movimento, che, come il Fascismo, ha ridotto la politica a ripetere a pappagallo slogan dal bel suono, ma dal significato nullo.

Tali slogan, però, per funzionare, hanno bisogno di un pubblico tanto disperato, quanto ignorante, che ha perso sia la speranza che il mondo possa cambiare in meglio, sia la capacità di pensare e di riconoscere il Bello e il Buono.

Alla Disperazione, ci sta pensando la Crisi economica; per ottenere l’Ignoranza, i grillini si stanno impegnando a fondo con la Politica, dichiarando guerra, specie a Roma, agli spazi di solidarietà e cultura. Tra le vittime di questa caccia al Pensiero, vi sono i ragazzi del Cinema America, a cui è stata rubata, con cavilli burocratici, la loro arena estiva a San Cosimato: che poi questa porcata si sia conclusa con una figura barbina del Campidoglio, è un altro paio di maniche

Ma la Cultura è come un’erbaccia cattiva ed infestante: la puoi provare a estirpare, ma questa continua a spuntare ostinata, dove meno te l’aspetti… Per cui, non si sono arresi e hanno ampliato e arricchito il loro progetto… Di conseguenza, lascio la parola a loro

Abbiamo appena pubblicato il programma de Il Cinema in Piazza, pronto ad invadere tutta la città! Duecento notti di Cinema ad ingresso gratuito, con 190 differenti opere cinematografiche e 50 incontri, illumineranno il Parco della Cervelletta a Tor Sapienza, coloreranno il Porto Turistico di Roma ad Ostia e spalancheranno le porte del Liceo Kennedy di Trastevere al resto della città. Il progetto è organizzato dal Piccolo Cinema America, oggi più che mai orgoglioso di poter annunciare che, dal 1 Giugno all’8 Settembre, sotto la luce del proiettore della Cervelletta, potrete incontrare Asia Argento con il suo “Scarlet Diva”, Matteo Garrone assieme ad una sua retrospettiva completa, passando per Paola Cortellesi, Milani, PIF, e Placido. Sulle rive del mare invece vi aspetteranno Carlo Verdone Official, Luca Guadagnino per la presentazione de “L’impero dei sensi” di Nagisa Ōshima, Claudio Amendola, Riccardo Scamarcio, Claudio Bisio, Luca Zingaretti e tantissimi altri. E poi a Trastevere ci saranno Gigi Proietti con “Febbre da Cavallo”, Silvio Orlando, Francesco Bruni, Giuliano Montaldo, Roberto Andò, Cristina Comencini, Laura Bispuri… e le altre decine di sorprese che vi lasciamo scoprire nel programma.

Le retrospettive romperanno il silenzio assordante dei territori di questa città con i capolavori di Miyazaki e Almodóvar fino a Tarantino, Fellini e Pasolini. Mentre i classici Disney accoglieranno i più piccoli e romantici, gli altri potranno godersi le maratone dalla sera fino all’alba con “Indiana Jones” di Spielberg, “Il Padrino” di Coppola, “Sátántangó” di Béla Tarr e “Via col vento” di Victor Fleming.

Tutto questo non poteva rientrare in un bando di Roma Capitale, perché questa è la nostra idea di città, questa è la Roma che vogliamo, in cui saremmo voluti crescere ed in cui vogliamo far crescere i nostri futuri figli. La modalità dell’accoglienza, la cura nelle relazioni, la costruzione condivisa di un evento generano non solo una grande capacità di attrazione ai luoghi, ma anche nuove visibilità comunicative oltre i confini dei singoli territori. Con questo progetto vogliamo rompere il dualismo tra centro e periferia, vogliamo ricostruire un senso di città, laica, libera, viva e solidale. Ringraziamo Regione Lazio, Ente Regionale RomaNatura, SIAE, BNL Gruppo BNP Paribas, IPAB Asilo Savoia e numerosi altri partner, come Radio Rock, che troverete sul sito, perché senza di loro tutto questo non sarebbe stato possibile.

Ma ora tocca a voi, ora abbiamo bisogno, più che mai, di ognuno voi. Aiutateci ad informare ogni angolo di Roma, nei gruppi di quartiere e nelle vostre bacheche: il Cinema è sceso in Piazza ed ha solo bisogno che l’intera città ne diventi l’unica protagonista

Un Marziano da Fassi

Andrea Fassi, diciamola tutta, è un uomo da grandi virtù: è un gran artigiano del gelato, è paziente con il sottoscritto, che è stato alquanto felice del ritorno della malaga, uno dei suoi gusti preferiti e soprattutto, ama in maniera sviscerata la sua casa, l’Esquilino.

Amore che lo fa arrabbiare dinanzi a chi parla a sproposito del nostro rione e che dinanzi alle sue tante contraddizioni e storture, gli fa rimboccare le mani per cercare di risolverle, piuttosto che piagnucolare come tanti sui social media.

E Andrea lo sta facendo in tanti modi… Quelli che conosco meglio, per la mia gola e per la mia curiosità intellettuale sono due: i tanti eventi che promuovono le eccellenze, anche gastronomiche, dell’Esquilino e l’avere trasformato la Sala Giuseppina in una laboratorio culturale, sede di dibattiti e fucina di idee.

Laboratorio che venerdì 1 giugno sarà sede della presentazione dell’ultimo parto dei nostri amici di Edizione Galeone: “De core. Il marziano è vivo e lotta insieme a noi“ un’antologia di otto fumetti inediti realizzata da Eltilf Pep, Croma (Claudia Romagnoli), Jump (Gianpiero Giorgio), Nigra Pica ( Nicola Graziano Pica), Marco Bevivino, Aladin Hussain Al Baraduni, Marta Bianchi, Andromalis, Mauro Sgarbi, Enrico Astolfi, Er Pinto, Yest.

Raccolta che è la rivisitazione di un racconto tanto affascinante, quanto incompreso, “Un marziano a Roma” di Ennio Flaiano.

A differenza da quanto raccontato dallo scrittore abruzzese nel 1954 l’ aeronave di “De Core” non atterra a Villa Borghese, ma viene abbattuta, in un quartiere periferico, al grido “Io li odio i negri dello spazio”. Il marziano è dato per disperso, ma nessuno lo cerca. Non interessa

E così alcuni tra i migliori street artist romani colgono l’occasione per narrare il suo viaggio, quasi dantesco, in una Roma periferica e marginale…. Un fumetto militante, quindi, nel senso più puro e profondo: non fa propaganda per l’una o l’altra parte politica, ma proclama con forza la convinzione che la Parola e l’Immagine non siano note a margine e orpelli, ma strumenti per dare forma al Reale. Ogni vignetta, ogni nuvola del fumetto ci ricorda, mostrando la miseria del nostro quotidiano, come l’Utopia non sia un sogno lontano, ma il motore di ogni cambiamento.

Va bene, tutto interessante, potreste commentare, ma in fondo a me che abito a Piazza Vittorio, di Tor Sapienza, di Centocelle, di Primavalle che me frega ?

Mica è il solito discorso che fanno i radical chic con la puzzetta sotto al naso, quando dicono

“No, l’Esquilino non è mica la periferia del Centro Storico…”.

Ci frega per due motivi. Il primo, assai banale, è che chi ha ispirato in maniera diretta il Marziano di Flaiano e quindi quello de l’Edizione Galeone è uno dei tanti, strambi tizi che hanno bazzicato il nostro rione… Il buon vecchio re Faruk d’Egitto, prima coccolato, poi dimenticato dalla Dolce Vita di una Roma che con tutti i suoi anni sul groppone, tutto ha visto e tutto digerisce.

Il secondo è che sia l’Esquilino, sia le periferie romane, sono in modo differente, laboratori della città del futuro, in cui si sta andando oltre il Cyberpunk e in ogni giorno si combatte una battaglia contro i mostri generati dalle paure che il Potere, qualsiasi sia la sua forma alimenta, per renderci docili sudditi, invece che cittadini consapevoli.

Come dice bene Red Babble nella postfazione al fumetto

Il Galeone, con De Core – Il marziano è vivo e lotta insieme a noi fa proprio questo: affila le punte delle frecce e prende bene la mira, dritta verso un punto di vitale importanza nello schieramento antagonista. Prende un medium-arma tra i più potenti a nostra disposizione e lo usa contro uno degli alfieri più infidi dell’avversario: il generale Diverso. Quel bastardo che suggerì quanto tutto sarebbe stato più facile se si fosse considerato il diverso alieno, e l’alieno pericoloso, strano, brutto. Al meglio, un fenomeno da baraccone

De Core è quindi qualcosa in più di un invito alla battaglia: è il tafano di Socrate, la sentinella dell’Alba, colui che ci ricorda come l’Immaginazione, l’Arte, la Bellezza, la Curiosità, l’Ironia e la Tolleranza siano le armi principali che abbiamo in questa battaglia… Per questo dobbiamo impedire con le unghie e con i denti che si siano tolte

Torna Vaporosamente

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Anche questa sera, parlo di steampunk, ma di un evento che si tiene in un luogo un poco più lontano di Colleferro: questo fine settimana, dopo un parto reso complicato dalla burocrazia e dalla iella, finalmente torna a Torino Vaporosamente ,la più grande fiera steampunk d’Italia, che, in collaborazione con Torino Mini Maker Faire propone interessantissimi workshop, incontri e conferenze.

Onore al grande visionario Roberto Cera, che si dedica anima e corpo, affinché ogni anno questo progetto si realizzi: un applauso al suo impegno, alla sua tenacia, alla sua volontà di non arrendersi mai… E detto fra noi, Roberto è uno dei pochi ancora convinti che il sottoscritto sia un dignitoso scrittore…

In ogni caso, ecco a voi il programma di questi due giorni

Iniziamo con il Sabato:

Ore 11.00 – Area VaporosaMente: i giochi del passato
Ore 14-15.30 – Area Kids: Quando la chimica diventa arte con Asya Mazzucco
Ore 16.30 – Area VaporosaMente: Dalla cerniera alla rosa di metallo – Workshop by Steamcow

Invece la Domenica:
10.00-19.00 – Area VaporosaMente: Esposizione di #exmortevita ( https://www.instagram.com/damhcailin/ )
Ore 11.30 – Area VaporosaMente: Dalla cerniera alla rosa di metallo – Workshop by Steamcow
13.30-14.00 Area talk: Penny Steampunk 3, Presentazione della terza edizione della più bella (speriamo) antologia di racconti steampunk italiana
Ore 14-15.30 – Area Kids: Quando la chimica diventa arte con Asya Mazzucco
Ore 17.00 – Area VaporosaMente: I giochi del passato

Non vorrei sbagliarmi, ma in Penny Steampunk 3 dovrebbe contenere anche un racconto di me medesimo stesso: quale sia, dato il mio notorio rincitrullimento, ho difficoltà a dirlo…

Ringraziamenti steampunk

Un altro piccolo post, per raccontare le sensazioni e le emozioni di Fabbrica di zucchero… E per una volta, faccio tacere la mia logorrea e lascio la parola ai protagonisti, che ringrazio dell’accoglienza e di tutto ciò che hanno fatto… Per prima, all’infaticabile Sandra Silvestroni

Dopo una giornata come ieri i ringraziamenti sono d’obbligo.

Grazie innanzi tutto al Sindaco di Colleferro che ha creduto e sostenuto il progetto steam proposto da Beatrice Piercer Parenti.

Il suo staff, Franco Leone, Luana Filosini, Lorenzo, Renzo Rossi, Simone.

Grazie a chi ha supportato l’iniziativa con la loro partecipazione, La Pizzicarola Revival Caffè Maffucci Itala Moda La Botteguccia alla ‘Via Ritta” BeeFood Stella Camilli Luisa Santucci (aiutatemi che qualcuno sicuramente lo dimentico)!

Il mio grazie più sentito va ai miei meravigliosi collaboratori senza i quali tutto ciò non sarebbe stato possibile!

Con il cuore e con tutto l’ affetto vi dico grazie: William Gilwen Cailean Giuli Davide Mattei Luigi Collalti Daniele Di Mauro Daniele Zal Riccardo Mortedalcielo Rosati Monica Vampo Assunta Silvestro Lucrezia Gaspa Noriz Ruiz De Lacroix Luca Bellomo Rosita Mzbradley Aida Cristiano Rosati Laura Silvestroni Francesca Pace Giacomo Ferraiuolo Alastor Maverick Melissa Francesca D’Agostino G.D. Luca Gabos Lorenza Sacchetto L’Alchimista

Grazie al mio compagno di lavoro e di ansia che come me ha curato la direzione artistica dell’evento Simone Cionti al suo meraviglioso gruppo Steamporium

Al Boss Silvia Pizzuti Manola, Artefatto, e aggiungete i nomi voi che la mente perde i colpi! Un ringraziamento speciale dal mio staff al vostro staff ad Anacleto ♥

Grazie per la pazienza e la disponibilità di Pierpaolo Pasquini e Valentina Di Stefano ♥

Grazie ad Alessio Brugnoli per aver partecipato e averci incuriosito con il suo sapere.

Grazie agli amici che sono venuti a trovarci! Tiziana Delli Carri Luigi Polcino Carolina Destito Venditti Antonello Guido Guidi Galvani Ambra Milletarí Angelina Giolitti e tutta la piazza che ha partecipato

Agli esterni, a chi non si è sporcato le mani, i ringraziamenti possono sembrare qualcosa di banale… Ma non è mai così: qualsiasi evento, per riuscire, ha dietro di sé non una macchina oliata, ma persone con le loro fatiche, punti di forza e debolezza, che donano parte del loro tempo, della loro mente e cuore… Cosa che non è mai scontata e merita un applauso, specie, quando, come a Colleferro, dal nulla nasce uno splendido evento… Come dice bene Beatrice Parenti, la prima ad avere creduto a questa avventura

Ed eccomi qui, 24 ore dopo, a scrivere il post del giorno dopo, …il giorno dopo FABBRICA DI ZUCCHERO, primo evento Steampunk a Colleferro.
Il tempo di riprendersi e ti metti alla tastiera ed inizi a scrivere o meglio, cerchi di iniziare a scrivere,ma e’ impossibile, cosa scrivi????
grazie a tutti ????….troppo riduttivo !!!!!!
tagghi 989 persone PER I RINGRAZIAMENTI???? tra cui
tutta l’amministrazione comunale,il sindaco, che ha creduto tra i primi a questo progetto, i commercianti della piazza, il corpo dei Vigili Urbani, la Polizia di Stato, gli operai chiamati e quelli che si sono prestati all’ultimo minuto, tutto il Fan Club di SPACE EVENTS ORGANIZATION, amici, parenti, i ragazzi della band ,tutti quelli del service, l’Onnipotente che ha chiuso il rubinetto dell’acqua dopo le preghiere (non so se ha facebook inoltre), tutte le innumerevoli persone che erano li solo per vedere, se mai fosse stato possibile ed hanno poi visto che … E’ STATO POSSIBILE!!!!!….,gli stand enogastronomici, il caffe’ letterario, tutti gli STEAMERS (hai visto Sandra Silvestroni alla fine ho imparato a dirlo bene ) di cui molti da fuori, persino da Benevento,chi e’ venuto in treno chi in macchina, chi a piedi, le associazioni Steamer , gli artisti di strada, tutta la mia squadra al completo e molti altri. Impossibile taggare e citare tutti, ed avrei il terrore di dimenticarne anche uno solo
ed in piu’ facebook non te lo fa fare!!!!
scrivi che e’ stato un successo??!!!!….l’ hanno gia’ detto in centinaia, arrivi tardi e sei di parte!!!!!
E allora??? non scrivo niente????
No.
Ma, scrivero’ che cosa succede il giorno dopo FABBRICA DI ZUCCHERO!!!!
Succede che sei gia’ sul quaderno a buttar giu’ la seconda edizione, perche’ con tanti momenti poco belli che ci circondano,la giornata di ieri fa emergere energie e tante, belle e positive,e sono quelle di cui abbiamo bisogno,OSSIGGENO.!!!!
Ieri ho visto persone tornare letteralmente bambini,e reindossare sul viso quei sorrisi che tutti i giorni stentano a portare .
Un evento non e’ solo …un evento, fine a se stesso, mettere insieme persone che vendono e comprano.
Un evento e’ ….fare un : VIAGGIO EMOZIONALE…..!!!
E’ un Alchimia, è
mettere insieme in un piccolo lasso di tempo : risate, sorrisi, battiti di cuore che accellerano, stupore, ricordi, belle sensazioni, divertimento, oblio dei pensieri tristi ,almeno per coloro che sono in platea.!!!
Mentre per coloro che sono dietro le quinte aggiungerei :arrabbiature,sudore,lacrime,momenti di tensione,ma, alla fine sapete che c’e????,che tutto si scioglie in quegl ‘abbracci infiniti e stupendi che fai con i tuoi ragazzi, sotto al palco,nel mentre che la musica va ed il viaggio giunge verso la fine.
Abbracci cosi intensi che e’ piu’ un sorreggersi , strillandosi nelle orecchie (per via della musica alta) che ce l’ hai fatta!!!!
CHE CE L ‘ABBIAMO FATTA INSIEME, insieme a tutti quelli che ci hanno creduto!!!!
Se si uniscono le forze, sempre e a prescindere dal credo e dal colore della pelle o della bandiera
SI VINCE …SEMPRE!!!!!

Sinceramente, mi auguro che questo sia il primo passo di un lungo viaggio e che questa bella esperienza si possa ripetere per tanti, tanti anni…

Cammei vaticani

cammei

A quei tempi avevo letto alcuni commenti sul giornale, ma ero troppo impegnato in quel piccolo affare dei cammei del Vaticano e, nella mia ansia di ingraziarmi il papa, persi di vista parecchi casi interessanti sul suolo inglese

E’ un brano de Il mastino dei Baskerville, dove Conan Doyle accenna a questa avventura di Sherlock Holmes e di John H. Watson, molto probabilmente a servizio di Leone XIII e ambientata a Roma. Avventura che non è mai stata narrata e che, forse sempre a causa del fatto che in una società spaventata dal Futuro, si cerca di trovare rassicurazione nel Passato, è stata un’infinita fonte di ispirazione dei autori degli apocrifi.

Uno di questi, scritto da Richard T. Ryan si intitola, con estrema fantasia Sherlock Holmes e il segreto dei Cammei Vaticani, romanzo che si articola su due linee temporali differenti: la Roma del Rinascimento, ai tempi di Alessandro VI e quella umbertina.

Ora, quando si scrive del Passato ci si può approcciare in due modi: o tradirlo, appropriandosene creativamente e ricreandolo a propria immagine, come fa lo steampunk, oppure come i Pompiers, cercare, per quanto possibile, di esserne fedeli.

Il tutto, ovviamente, con lo scopo di divertire il lettore. La seconda strada, quella della ricostruzione fedele del Passato e delle sue atmosfere, però, implica studio, dedizione alla ricerca e fatica: cose da cui Ryan si è tenuto ben lontano, preferendo ricorrere ai ferri del mestiere, per imbastire una storiella che diverte nella sua fatuità.

Se nell’ambientazione quattrocentesca, grazie a qualche buona enciclopedia, riesce a destreggiarsi alla meno peggio, ma quando smette di scopiazzare, compie diversi, fastidiosi anacronismi, come ad esempio la tazza di caffè che il cardinal Giulio della Rovere offre a Michelangelo: questa bevanda in realtà fece la sua comparsa a Venezia intorno al 1570 grazie al padovano Prospero Alpino, noto botanico e medico, che ne portò alcuni sacchi dall’Oriente e divenne di uso comune dopo il 1716.

Ma il fondo, paradossalmente, si raggiunge nella Roma umbertina,  che in teoria dovrebbe essergli più familiare: Ryan, non avendo avuto forse voglia di leggere saggi su quel periodo, dimostra di capire poco i termini della questione romana, trasforma Giolitti che santo non era, ma neppure il ministro della mala vita, nell’equivalente italiano del dottor Moriarty  e in cui sbaglia totalmente nel descrivere la topografia della città, mischiando edifici che non c’erano ancora con quelli che non c’erano più….

Insomma noi scrittori italiani saremo pigri e ignoranti, ma non è che nel mondo anglosassone siano messi meglio…

Sabato Steampunk

Come sapete, questo blog ha avuto una motivazione alquanto banale: serviva a pubblicizzare il mio primo romanzo steampunk… Poi a causa dei miei numerosi difetti, l’essere polemico, dispersivo e il volermi impicciare di tutto, ha seguito ben altra strada: che ciò sia stato un bene o un male, se ne può discutere a lungo.

Però, ogni tanto, i post tornano all’origine, come oggi, in occasione di Fabbrica di Zucchero a Colleferro, una gran festa, in cui aspetti estetici, ludici e culturali hanno avuto tutti pari importanza, che ha attirato un pubblico numeroso e variegato, che, pur ignorando a volte cosa fosse lo steampunk, ha interagito con entusiasmo e curiosità.

I motivi posso essere vari e controversi: questo pomeriggio, tra una chiacchierata e l’altra, con il mio amico Adolfo, una mezza idea ce la siamo fatta. L’Ottocento ha dovuto affrontare sfide assai simili alla nostra dalla globalizzazione alla singolarità tecnologica, e queste si sono anche riflesse nella narrativa popolari: pochi ricordano come il dottor Watson sia un reduce dell’Afghanistan, come tanti protagonisti di romanzi, film e fumetti attuali.

In una società, come la nostra, che da quarant’anni ha perduto il coraggio dell’Utopia e la volontà e il coraggio di sognare il Futuro, può essere consolatorio riappropriarsi e riscrivere un Passato, che nonostante le sue difficoltà e contraddizioni, è riuscito a farcela.

Detto questo, un paio di video di oggi, dedicato alla giocoleria, attività che mi ha sempre affascinato e che rimpiango di non sapere fare

E diciamola tutta, sarò infantile, ma rimango sempre a bocca aperta, forse per il mio equilibrio da panda ubriaco, dinanzi a chi sa danzare sui trampoli

Per concludere, in attesa della prossima edizione, mi piacerebbe replicare il tutto all’Esquilino, rione umbertino e steampunk per eccellenza… Il problema sarà, come sempre, la burocrazia miope e ottusa, che a quanto pare, sembra stia rendendo la vita complicata alle nostra cara festa di via Balilla...

La Tomba d’Alessandro

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Uno dei misteri più intriganti e affascinanti dell’antichità è quello relativo alla tomba di Alessandro Magno: quando il Macedone morì, i suoi generali, tra cui Perdicca, Tolomeo e Seleuco cominciarono a litigare riguardo a dove la sua salma sarebbe dovuta essere sepolta. Disputa che a noi contemporanei può apparire idiota, ma che all’epoca aveva un grande significato politico: chi controllava il cadavere di Alessandro, poteva, in qualche modo, definirsi suo principale erede.

A rendere più tesa la situazione ci si mise l’indovino di corte, Alessandro di Telmesso, che gettò benzina sul fuoco garantendo che il luogo di sepoltura di un re così grande e vittorioso avuto a sua volta garanzia di prosperità e vittoria.

Così Perdicca, da buon macedone tradizionalista, voleva farlo seppellire ad Aigai, la nostra Verghina, forse nel mausoleo che attribuiamo con ogni probabilità al padre Filippo.

Tolomeo, dando retta all’ultima esternazione del capriccioso Alessandro, suggeriva l’oasi di Siwa, il luogo dove i sacerdoti di Amon, per tenerselo buono, lo avevano dichiarato figlio della divinità. Seleuco, poco convinto del fatto che un cadavere dovesse essere portato a spasso per tutto il mondo conosciuto, sosteneva un

seppelliamolo dove è passato a miglior vita,

ossia a Babilonia.

Non trovando un accordo, Perdicca, che era il provvisorio capo dell’esercito, stanco della disputa, dopo più di un mese con un colpo di mano prese il cadavere di Alessandro e organizzò un corteo funebre tanto lento quanto solenne, per portarlo ad Aigai

Claudio Eliano, nella sua Storia Varia, scritta nel II secolo d.C, raccontò come Tolomeo, insoddisfatto da tale decisione, quando il corteo arrivò a Damasco, mandò i suoi agenti segreti, che in un raid notturno, sostituirono il cadavere di Alessandro diretto in Macedonia con un fantoccio, lasciando però a Perdicca l’armatura, il diadema e lo scettro del grande condottiero

Ottenuta l’imperiale salma, il buon Tolomeo si pose il problema di che diavolo farci: seppellirla a Siwa, dato che il posto, era come dire, alquanto fuori mano, non pareva più un’idea geniale. Per cui optò per una più comoda Menfi, in cui vi erano le piramidi dei primi faraoni. Sappiamo dal buon vecchio Pausania, che la tomba in cui Alessandro fu seppellito, fosse “more macedone“, ossia un monumentale tumulo, simile a quello di Verghinia e di Anfipoli.

Però, a quanto pare, non era suo destino riposare in pace: Tolomeo II, per dare lustro alla sua capitale Alessandria, fece costruire un secondo tumulo, assai più grande del precedente, il Soma, nei giardini del palazzo reale e vi trasferì il corpo del Macedone, depositandolo, secondo la tradizione faraonica, in un sepolcro d’oro, come dice Diodoro Siculo

“realizzato su misura del corpo”.

Da quel momento in poi, i Lagidi cominciarono a farsi seppellire nelle stanze laterali di tali tumulo, finché Tolomeo IV decise di monumentalizzare ulteriormente l’area: fece costruire, per isolare la tomba dal resto del palazzo, un ampio porticato con un ordine gigante di colonne corinzie, il peribolos. Il cortile risultante, nel tempo, fu riempito da quelli che Lucano chiamava

Mausolea e pyramides

ossia le tombe dei Tolomei, che, a seconda dei gusti dei defunti, potevano somigliare a piccole piramidi, come la Cestia a Roma o tempietti…

Sappiamo come nel 48 a.C. Gaio Giulio Cesare visitasse la tomba di Alessandro; pochi anni dopo, Cleopatra o per mancanza di spazio o per ambizione, fece costruire un nuovo mausoleo, forse modello di quello di Augusto, sempre nel Palazzo Reale, ma in modo che fosse visibile dal mare.

Dopo la vittoria di Azio, Ottaviano visitò a sua volta il mausoleo. Così racconta l’episodio il gran pettegolo di Svetonio

si fece mostrare il sarcofago e il corpo di Alessandro Magno, prelevato dalla sua tomba: gli rese omaggio mettendogli sul capo una corona d’oro intrecciata con fiori. E quando gli chiesero se voleva visitare anche la tomba di Tolomeo, rispose che voleva vedere un re, non dei cadaveri.

Successivamente, sempre secondo Svetonio, la tomba venne visitata da Caligola, che tuttavia la saccheggiò parzialmente portando via la corazza che copriva il petto della mummia. Settimio Severo, poi, fece sigillare il mausoleo per fare in modo che nessuno disturbasse più il riposo del re macedone. Un ulteriore “atto vandalico” nei confronti del sepolcro si ebbe però da parte di Caracalla, che rimosse la tunica, l’anello e la cintola indossate dal cadavere, limitandosi però a depositarle sul sarcofago stesso.

Da quel momento in poi, con la diminuzione del flusso di turisti e con l’abbandono e le ristrutturazioni del palazzo reale tolemaico, si perse memoria del mausoleo, tanto che, Giovanni Crisostomo, quando visitò la città di Alessandria d’Egitto nel 400 e chiese alla popolazione locale di poter visitare la tomba, il suo desiderio non venne soddifatto, tanto che commentò il tutto con un

nemmeno gli alessandrini sanno dove essa si trovi

Per cui, le testimonianze successive alla conquista araba, possono essere considerate come frutto di fantasia….

Ma dove era di preciso, questa tomba ? E qui ci troviamo davanti a un folle paradosso… Sappiamo che il palazzo reale tolemaico era compreso tra il promontorio Lochias e il Cesareo e per di più gli scrittori classici ci hanno dato diverse, precise indicazioni topografiche sulla posizione della tomba: Zenobio afferma come fosse quasi nel preciso centro di Alessandria, Achille Tazio è ancora più preciso, dicendo come fsse pochi stadi dentro la Porta del Sole.

Il problema è che non riusciamo a fare coincidere queste indicazioni con i punti di riferimento dell’Alessandria contemporanea..

Pompier

Strano destino, quello dell’Art Pompier: nell’Ottocento, l’epoca della sua fioritura, i suoi protagonisti ebbero onore, soldi e gloria in quantità industriale. A inizio Novecento, l’epoca delle grandi Avanguardie, furoni invece spernacchiati in ogni modo possibile e immaginabile… Dagli anni Sessanta in poi, invece, è cominciata uno loro lenta e progressiva rivalutazione.

Ma questi tizi, il cui nome deriva da una battuta che paragonava gli elmi degli eroi antichi con cui costellavano i loro quadri con quelli dei pompieri o dalla deformazione ironica di pompéistes, pompeiani, con cui amavano chiamarsi, dipingevano croste o capolavori ?

E’ difficile dirsi, anche perché, tra di loro, vi era di tutto e di più, furbacchioni imbrattatele, onesti professionisti e grandi idealisti, impegnati a lottare contro quella che pensavano essere la degenerazione dell’Arte… Però, una cosa li accomunava tutti, oltre al culto per il mestiere e l’abilità tecnica: il saper interpretare le aspirazioni e i sogni più profondo dell’Uomo del loro tempo, creando una sorta di Pop Art ottocentesca.

In un mondo sempre più assediato dal Brutto, proponevano come rimedio la Bellezza, magari scontata e stucchevole, ma sempre consolatoria. In una società messa in crisi dall’irrompere della diversità, sia tecnologica, sia culturale, normalizzavano l’esotico e l’alieno, adeguandolo sì ai pregiudizi del buon borghese dell’epoca, ma al contempo, rendendolo accettabile e comprensibile. In un mondo sempre più complesso e incerto, riproponevano come alternativa l’apparente, austera semplicità dell’Antico.

A questa narrazione consolatoria, si sono aggiunti due fattori casuali e d’ordine pratico, che all’epoca, ne hanno rafforzato il predominio artistico: la capacità politica di stringere legami con i grossi galleristi dell’epoca e la loro capacità di soddisfare a la grande richiesta di artisti in grado di decorare le pareti dei numerosi edifici, pubblici ma anche privati, sorti grazie all’impetuoso sviluppo dell’edilizia negli anni in cui Parigi assume l’aspetto di una moderna metropoli. I pittori delle avanguardie, infatti, trascurano la pittura monumentale e solo Manet accetta di partecipare alla decorazione dell’Hôtel de Ville, ma la morte prematura gli impedisce di porre mano al progetto.

Proprio l’appannarsi di questi fattori concreti, dal diminuire delle commesse pubbliche al fatto che i ricchi collezionisti americani comincino a investire sull’arte d’avanguardia, sugli impressionisti abilmente promossi e sostenuti dal mercante Durand Ruel, provoca la loro marginalizzazione: Meissonier muore nel 1891, Gérôme e Bouguereau scompaiono a distanza di pochi mesi, tra la fine del 1904 e l’inizio del 1905, ma non se ne accorge nessuno.

Eppure, nonostante le avanguardie, in fondo hanno vinto loro: i loro quadri, grazie al Cinema, che nei colossal si è ispirato alle loro visioni, hanno colonizzato il nostro immaginario. Quando pensiamo alla Grecia e Roma, lo facciamo tramite i loro quadri.

Il Gladiatore è il figlio del Pollice Verso e Ben Hur della Corsa di Bighe

 

Pastorale Americana

Ci sono giornate iniziano in maniera pessima, poi, con un metodica lentezza o un improvviso colpo di coda, si raddrizzano. Oggi è stata una di queste: con la consegna della risposta al bando di gara, tutta l’adrenalina dei giorni scorsi è crollata e mi sono ritrovato vecchio e stanco. Neppure il tempo di rallentare il ritmo, che mi è arrivata la notizia dell’incidente di mio papà, che, degno genitore del sottoscritto, per non farsi gli affari propri e per impicciarsi di una cosa, è riuscito a cadere rovinosamente da una scala.

La corsa in ospedale, la tensione: poi appena dimesso, mentre torno a casa, il diluvio: mentre smadonno in tutte le lingue che conosco, mi fermo un attimo… Mio papà, per quanto acciaccato, ha contenuto i danni, poteva andargli molto, molto peggio… E’ stato tanto fortunato e dobbiamo accendere un paio di ceri a Santa Bibiana.

Poi, il pomeriggio sarebbe venuta a trovarmi una persona a me cara… Nel frattempo, è uscito il sole… A poco, a poco ho cominciato a rilassarmi; così, mi ritrovo buttare giù due righe per il blog. Mi verrebbe di parlare di Conte, ma che potrei dire di più di un Presidente del Consiglio che sintetizza e porta all’eccesso tutti i difetti dell’italiano medio ?

Per cui, il mio pensiero va a Philip Roth, pace all’anima sua… No, non butterò giù il solito coccodrillo: tanti giornalisti e critici letterari, che sono pagati per farlo, se la cavano assai meglio di me in questo campo. Mi limito a un piccolo ricordo, ambientato nella mia Milano.

Il mio monolocale a via Pavia, diciamola tutta, era più una tana che una casa degna di essere vissuta: strapieno di libri e di fumetti, era un tempio al trionfo dell’Entropia nel Cosmo. Al contrario, quello di Jenny era pulito, ordinato, razionale come un sillogismo aristotelico: questo perché, ogni sabato mattina, dalle sei e mezzo in poi, intraprendeva la sua epica e manichea battaglia contro polvere e sporco, con un’epica e inaspettata energia, che avrebbe lasciato a bocca aperta una governante. di Jane Austin

Risultato, uno spazio zen, con a terra un tappeto Isfahan con rappresentata una scena del Il verbo degli uccelli di Farīd al-Dīn ʿAṭṭār e un tatami, con accanto un’elegante cassettiera, con sopra una statuina del Maitreya.

Alle pareti, un paio di aeropitture di Gerardo Dottori, regalo di un vecchio amante e due scaffali, l’uno dedicato ai cd, tutta roba dodecafonica, e ai libri. I loro titoli, li ricordo, come se li avessi ancora davanti: Rumore Bianco e Libra di De Lillo, La Triologia di New York di Auster, L’arcobaleno della gravità e Mason & Dixon di Pynchon, il Lamento di Portnoy, Pastorale Americana, Zuckerman scatenato e la Macchia Umana di Roth.

Le copertine di questi ultimi erano particolarmente consumate. Una volta, scrutandole, me ne uscii con un

“Ma glielo daranno mai, questo maledetto Nobel”

Jenny sorrise, poi scosse il capo

“No, perché non prende in giro nessuno, dicendo di volere cambiare il mondo… Vuole solo raccontare le storie che gli passano per la testa, senza compromessi…”.

Come sempre, Jenny ha avuto ragione… E adesso che Philip ci ha lasciati, non riesco a togliermi dalla mente un suo brano

Rimane il fatto che capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando

Alla fine, in fondo, siamo tutti figli dei nostri errori..

Dhu al-Qarnayn

 

Ti interrogheranno a proposito del Bicorne. Di’: “Vi racconterò qualcosa sul suo conto”.
In verità, gli abbiamo dato ampi mezzi sulla terra e modo di riuscire in ogni impresa.
Egli seguì una via.
Quando giunse all'[estremo] occidente, vide il sole che tramontava in una sorgente ribollente e nei pressi c’era un popolo. Dicemmo: “O Bicorne, puoi punirli oppure esercitare benevolenza nei loro
confronti”.
Disse: “Puniremo chi avrà agito ingiustamente e poi sarà ricondotto al suo Signore che gli infliggerà un terribile castigo.
E chi crede e compie il bene avrà la migliore delle ricompense e gli daremo ordini facili”.
Seguì poi una via.
E, quando giunse dove sorge il sole, trovò che sorgeva su di un popolo cui non avevamo fornito alcunché per ripararsene.
Così avvenne e Noi abbracciavamo nella Nostra scienza tutto quello che era presso di lui.
Seguì poi una via.
Quando giunse alle due barriere, trovò, tra di loro, un popolo che quasi non comprendeva alcun linguaggio.
Dissero: “O Bicorne, invero Gog e Magog portano grande disordine sulla terra! Ti pagheremo un tributo se erigerai una barriera tra noi e loro”.
Disse: “Ciò che il mio Signore mi ha concesso è assai migliore. Voi aiutatemi con energia e porrò una diga tra voi e loro.
Portatemi masse di ferro”. Quando poi ne ebbe colmato il valico [tra le due montagne] disse: “Soffiate!”. Quando fu incandescente, disse: “Portatemi rame, affinché io lo versi sopra”.
Così non poterono scalarlo e neppure aprirvi un varco.
Disse: “Ecco una misericordia che proviene dal mio Signore. Quando verrà la promessa del mio Signore, sarà ridotta in polvere; e la promessa del mio Signore è veridica”.

E’ un brano del Corano, dedicato a Dhu al-Qarnayn, il Bicorne, personaggio leggendario che probabilmente corrisponde con Alessandro Magno… Qualche dotto islamico, nel tempo, basandosi sull’Antico Testamento, ha provato a sostenere un’ipotesi differente, ossia che Dhu al-Qarnayn fosse Ciro il Grande… Ipotesi che però contrasta con il racconto di Gog e Magog: il primo a citare un qualcosa di simile, è il buon Plinio il Vecchio, il quale raccontò come il Macedone avesse costruito dei cancelli nei passi del Caucaso, per tenerne lontani i barbari… La stessa definizione di Bicorne, se poco associabile a Ciro, è
legata al legame, anche iconografico, tra Alessandro e Giove Ammone, rappresentato proprio con le corna d’ariete.

Cosa ha reso possibile il passaggio di una figura, per quanto importante, della storia greco romana alla tradizione islamica ? Può sembrare strano, ma il merito o la colpa, dipende dai punti di vista, è della narrativa: tutto parte dal Romanzo di Alessandro, una raccolta di racconti leggendari sulla sua vita, una sorta di fantasy dell’epoca, costituitasi ad Alessandria d’Egitto, nella prima metà del II secolo avanti Cristo.

Raccolta, che anno dopo anno, si arricchì di storie, finché la sua forma definitiva fu attribuita, per darle un tono di autorevolezza a Callistene, il segretario e storico di Alessandro. Così, lo Pseudo Callistene in epoca tardo antica venne tradotto in latino e in siriaco e da qui tradotto in moltissime lingue, compreso l’arabo, il persiano e le lingue slave, diventando uno dei bestseller del Medioevo: ovviamente ogni traduzione tolse, aggiunse e modificò qualcosa, adeguando forma e contenuto alle aspettative ed esigenze del pubblico a cui era destinata.

Ad esempio, Leone Arciprete, diplomatico alla corte del Ducato di Napoli, oltre ad aiutare i suoi signori a tessere la loro complicata rete di intrighi tra Bizantini, Longobardi e Saraceni, si dilettava a tradurre in latino testi greci classici e bizantini: nella sua versione della Vita Alexandri Magni, che conobbe un’amplissima diffusione nell’Occidente latino, soprattutto a partire dal XIII secolo, aggiunse alla storia
una racconto simile all’epopea di Gilgamesh. Alessandro il Grande attraversa, insieme con il soldato Andreas, la “terra dell’oscurità” situata idealmente nelle foreste dell’Abcasia, per cercare la fonte dell’eterna giovinezza. Alessandro il Grande si perde nella foresta, mentre Andreas trova la fonte e diviene immortale.

Nel mondo arabo, invece la figura di Andreas è sostituita da al-Khiḍr, il murshid dei profeti, colui che con azioni all’apparenza insensate li guida alla perfetta conoscenza della Volontà Divina, rendendo Alessandro una sorta di antesignano dei Sufi.

Per cui, questa narrativa popolare ha avuto la forza costruire un ponte tra Oriente e Occidente, creando un immaginario condiviso. Tre episodi in particolare, hanno colpito la fantasia dell’Uomo medioevale, qualunque fosse la sua lingua o religione

Volo

Il primo è il cosiddetto volo, che fa pressapoco così

Continuavo a pensare tra me e me, se davvero era là il confine del mondo, dove il cielo appoggia sulla terra: decisi allora di indagare per sapere la verità. Ordinai che fossero catturati due degli uccelli che erano in quel luogo: erano enormi, bianchi, fortissimi e mansueti, tanto che stavano a guardarci senza scappare. Alcuni dei soldati li montavano, afferrandosi ai loro colli, e quelli volavano in alto, trasportandoli su: mangiano carogne di animali e proprio per questo motivo molti degli uccelli venivano da noi, per le carcasse dei nostri cavalli. Ne feci catturare una coppia e ordinai che non fosse dato loro cibo per due giorni: al terzo giorno diedi ordine di preparare un giogo di legno e di legarlo al collo di quegli uccelli; feci preparare quindi una sorta di grande canestro di pelle di bue e ci montai dentro, tenendo in mano una lancia, sulla cui punta avevi infilzato del fegato di cavallo. Gli uccelli subito si alzarono in volo, tesi per mangiare il fegato, e io andai su con loro, nell’aria, tanto in alto che mi sembrava di essere vicino al cielo: tremavo tutto perché l’aria si era fatta fredda per il moto delle ali degli uccelli. E allora mi si fa incontro un essere alato, antropomorfo, che mi dice: “O Alessandro, è forse perché non riesci a far conquiste sulla terra, che cerchi quelle del cielo? Torna giù in fretta se non vuoi diventare pasto di questi uccelli!” E ancora mi dice: “Sporgiti giù verso la terra, Alessandro!” Io mi sporgo, pieno di paura, e vedo un grande serpente arrotolato, e in mezzo alle sue spire un piccolissimo disco. E quell’essere che mi era venuto incontro mi dice: “Punta la lancia nel disco, fra le spire del serpente, perché quello è il cosmo e il serpente è il mare che circonda la terra”

Che a seconda del pubblico, è diventato simbolo della superbia, dell’imperium, dell’amore per la conoscenza.

Abissi

Il secondo episodio, simmetrico al precedente, è invece legato alla sua discesa negli abissi del mare, dentro una botte di vetro assicurata a una barca da una catena che, in alcune versioni, l’infedele moglie Rossana lascia cadere, senza riuscire nell’intento di uccidere Alessandro, che aveva portato con sé un gatto, un cane e un gallo per conservare la nozione del tempo e per controllare il grado di impurità dell’aria (gli animali infatti sarebbero morti prima dell’eroe). Il Macedone assiste a uno spettacolo bellissimo, osservando le varie forme di pesci e addirittura le sirene che nuotano intorno al suo ‘batiscafo’ che viene rappresentato in infinite miniature in Oriente e in Occidente.

Il terzo episodio, caso strano, ha per scenario Reggio Calabria: Alessandro Magno, dopo essere stato nell’oasi di Siwa, in Egitto, per farsi proclamare figlio di Zeus, invece di ritornare verso il Medio Oriente, , prosegue la conquista dell’Occidente, espugnando Cartagine, per poi imbarcarsi verso la Sicilia e annetterla al suo potere. Arrivato sullo Stretto, Alessandro decide di traghettarlo, e, arrivato a Reggio, viene raggiunto dai consoli dei Romani, che gli consegnano due diademi (uno di perle e l’altro di pietre preziose), del denaro e delle truppe, oltre che riconoscerlo come il kosmokrator, il “signore del mondo”,

Episodio che, pompato a dovere dalla propaganda bizantina, fece conoscere nel Medioevo Rhegion sino alle contrade della lontana India…