La festa di San Giovanni ha la fortuna di avere come sfondo tre dei luoghi storici dell’Esquilino: un paio sono assai famosi ed evidenti, San Vito e Porta Esquilino, l’ altro, il Conservatorio della Ss.Immacolata Concezione di Maria, più conosciuto come Monastero delle Viperesche, è assai poco noto, anche agli aborigeni locali.
Eppure, la storia di questo Conservatorio è assai interessante: fu fondata da Livia Vipereschi, appartenente a una famiglia nobile originaria di Corneto, l’attuale Tarquinia. Livia da giovane, non è che brillasse per devozione religiosa, anzi… Si godeva la bella vita permessa dal suo rango ed era fidanzata con il bello e ricchissimo Valerio de’principi Massimo.
Cosa strana per l’epoca, il loro legame non era nato dall’interesse, ma dall’amore: si erano conosciuti in un ricevimento tenuto dai Conti a Palazzo Poli ed era scoppiata la scintilla. I Massimo, dopo qualche tentennamento, avevano acconsentito prima al fidanzamento, poi alle nozze, che si preannunciavano come tra le più fastose dell’Urbe.
Ma, all’improvviso, il giorno prima del matrimonio, Valerio morì; il trauma per Livia fu tale che cambiò vita. Cominciò a leggere De Imitatione Christi e gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, poi si dedicò la pratica a quei tempi inusuale per una donna della meditazione e della ”orazione mentale” infine decise di non sposarsi più e di dedicarsi alla preghiera ed alla opere di bene verso le donne più sfortunate.
Per cui decise di fondare un istituto per accogliere ragazze orfane ed abbandonate, anziane zitelle e vedove e dare loro istruzione ed una cristiana educazione. Alunne ed educande avrebbero trascorso la giornata tra lavori e preghiere; oltre a ciò, il Conservatorio avrebbe provveduto, secondo le abitudini del welfare pontificio, al futuro delle ricoverate tramite la monacazione o matrimonio con la concessione di una dote.
Ovviamente, per fare questo, servivano fondi; Livia però era donna dal grande carisma e riuscì a coinvolgere nell’impresa anche la ricchissima principessa Lucrezia Rospigliosi ed ottenne anche un contributo di 50 scudi da Maria Camilla Orsini Borghese con cui fu costruita l’adiacente Cappella della SS. Concezione.
Per risparmiare e per il suo spirito austero, nella costruzione del Conservatorio non fu coinvolto nessun famoso architetto: probabilmente, Livia non avrebbe gradito l’intervento ehm artistico, chiamiamolo così, realizzato pochi mesi fa da un presunto grande artista esquilino e avrebbe forse reagito a tale pacchianata prendendolo a randellate in capo.
Di riffe e di raffe, il Conservatorio iniziò ad operare nel settembre del 1668 e Clemente IX, uno dei papi sepolti a Santa Maria Maggiore, noto più per il suo amore per il melodramma, era un famoso librettista, che per la sua pietà religiosa, approvò l’istituto, lo pose sotto la protezione ed il governo del vescovo vicereggente e di quattro deputati, lo concesse alle ragazze il privilegio di poter ottenere dotazione anche negli anni in cui la distribuzione non spettasse al rione Monti (all’epoca l’Esquilino non era ancora un
rione autonomo).
Livia morì il 6 dicembre 1673 lasciando eredi del suo patrimonio le fanciulle del Conservatorio, con un’entrata annua di 300 scudi, ossia la rendita delle proprietà della famiglia Vipereschi che si estinse proprio con la nobildonna cosicché le alunne presero il nome di “Viperesche”. Le maestre, inizialmente laiche, in seguito presero l’abito e le regole delle Oblate Carmelitane ed educavano le zitelle
“con tanta disciplina e modestia quanto in verun’altro luogo di stretta osservanza”.
Successivamente si cominciò ad accogliere anche zitelle che pagavano una retta e tutte vestivano uniformemente un abito di lana nera.
Allo stesso tempo il Conservatorio era anche una sorta di Casa dove si assistevano le donne con problemi delle classi agiate di Roma, come la moglie dell’architetto Giuseppe Barberi che la fece ospitare lì nel 1787 perché, dopo che la donna aveva avuto nove figli in 12 anni, dava segni di squilibrio mentale ed era imbarazzante per il rampante architetto avere una moglie così scomoda in casa.
Ai primi dell’Ottocento, in occasione del restauro voluto dal pontefice Pio VII, l’oratorio fu inglobato al Conservatorio in un complesso unico: sull’altare maggiore è tuttora conservata una pala ottocentesca raffigurante l’Immacolata. Dopo la proclamazione di Roma capitale il Conservatorio continuò a funzionare ancora per buona parte del ‘900, per poi trasformarsi in Convitto Vipereschi della SS.ma Concezione, sotto la direzione delle Maestre Pie Venerini che nel 1869 avevano sostituito le Oblate, con il compito di
impartire
“un’educazione morale e civile atta all’acquisto delle doti che servono a nobilitare l’animo delle giovanette, e ad abilitarle al disimpegno delle cure domestiche e ad utili applicazioni”.
Ovviamente, per avere tale educazione morale e civile si cominciò a pagare una sostanziosa retta. Il Conservatorio divenne famoso nel tempo, sia per gli esempi virtuosi, sia per gli scandali. Fu infatti suo Confessore e Direttore Spirituale il Beato Angelo Paoli, il Padre dei poveri, ma nel 1868, fra giugno e settembre, il Conservatorio arrivò sulle pagine della Cronaca di Roma per uno scabroso affare, tra Boccaccio e Sherlock Holmes, di donne recluse pseudo-visionarie e delitti sessuali che coinvolsero anche
il vice-gerente di Roma, Monsignor Villanova Castellacci, che fu costretto alle dimissioni.
Il Conservatorio, quando ero ragazzo, era affidato all’Ordine delle Pie Discepole del Redentore ed era un pensionato per studentesse universitarie… Ora non so, però spero che le cose siano cambiate, per evitare che qualche Pia Discepola, per qualche piccolo malinteso sull’orario di rientro delle pensionate di parecchio tempo fa, riconoscendo il sottoscritto, possa fargli un meritato occhi nero..
La rappresentazione delle Viperesche è del Pinelli
Alessio, non solo scrivi cose interessanti, intriganti e ironiche, lo fai…molto bene!
L’ha ribloggato su Esquilino's Weblog.
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