Attualmente, l’elemento chimico più pesante trovato dall’umanità è l’oganesson, che racchiude nel suo nucleo la bellezza di 118 protoni, il quale ha una genesi alquanto avventurosa. Il primo a intuire la sua possibile esistenza fu nel 1998 il fisico polacco Robert Smolańczuk che provò a simulare nei sui calcoli, il risultati sulla fusione di nuclei atomici, come il piombo e il kripton, indirizzata alla sintesi di elementi iperpesanti. I suoi conti finirono nelle mani di alcuni ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory, che provarono a realizzarli nel concreto: così nel 1999 annunciarono la sintesi di due nuovi elementi, il Livermorio, con il nucleo a 116 protoni, e il nostro caro Oganesson.
Solo che nel 2000, furono costretti a rimangiarsi l’annuncio, perchè non riuscivano a replicare l’esperimento in nessun modo: si scoprì poi che lo scenziato bulgaro Victor Ninov, per ottenere il merito della scoperta, aveva falsificato all’epoca calcoli e risultati.
Il primo decadimento di atomi di Oganesson fu osservato nel 2002 al Joint Institute for Nuclear Research (JINR) di Dubna, in Russia, studio frutto di una collaborazione tra scienziati americani e russi.Guidati dal fisico nucleare russo Jurij Colakovič Oganesian, il 9 ottobre 2006 tali ricercatori annunciarono di aver presumibilmente ottenuto tre o quattro nuclei di oganesson-294 (uno o due nel 2002 e gli altri tra il 2005 e il 2006), scaturiti da una collisione tra atomi di californio-249 e ioni di calcio-48.
Nel 2011 la IUPAC, l’Unione Internazionale di Chimica pura e applicata, giustamente scettica, visto il precedente, valutò con cautela i risultati ottenuti dai laboratori di Dubna e di Livermore nel 2006, concludendo che “in veste ufficiale, tre isotopi con numero atomico 118 sono stati isolati ma non sussistono ancora le condizioni per soddisfare i criteri per classificare l’evento come una scoperta”.
Ulteriori esperimenti, però, dimostrarono coe questa volta nessuno avesse barato, per cui nel dicembre 2015, la IUPAC e la IUPAP confermarono l’esistenza di questo nuovo elemento e attribuirono il merito della scoperta ai ricercatori del team di Dubna-Livermore, il quali diedero il nome all’elemento, rendendo onore al buon Ogonesian.
Che proprietà abbia questo elemento, poco si sa: alcuni pensano che abbia le stesse stesse caratteristiche e proprietà fisico-chimiche del gruppo di elementi cui appartiene, ovvero quello dei gas nobili. Sarebbe il secondo elemento gassoso radioattivo (insieme al radon) e il primo elemento gassoso semiconduttore.
Altri pensano invece che, potendo in teoria formare ossidi stabili, abbia caratteristiche ben diverse da un gas nobili e che quindi possa apparire come un solido. Tutti però concordano in un suo rapidissimo decadimento radiattivo: si stima come la sua emivita sia pari circa a 0,89 millisecondi.
Perché duri così poco, è presto detto: tutte le volte che aggiungiamo un protone a un nucleo atomico, ne aumentiamo la carica positiva, incrementando così la forza di Coulomb, quella che respinge le cariche con lo stesso segno. A un certo punto, tale repulsione diventa maggiore dell’interazione forte, la forza attrattiva che lega assieme i nuclei atomici, provocando la loro fissione.Per cui, più protoni vi sono, meno stabile è il nucleo… Con un però: la stabilità di ogni specifico elemento chimico non dipende solo dal numero di protoni, ma anche da come sono disposti assieme ai neutroni nel nucleo atomico.
Secondo il fisico Glenn Theodore Seaborg, morto nel 1999 e scopritore del plutonio, dell’americio, del curio, del berkelio, del californio dell’einstenio e del fermio e sospetto di essermene perso qualcuno, il nucleo atomico è costituito da “gusci” in modo simile ai gusci elettronici degli atomi. In entrambi i modelli possono presentarsi “gusci” energetici, ovvero livelli energetici relativamente vicini gli uni agli altri e separati da livelli energetici di altri “gusci” vicini da salti energetici relativamente grandi. Così quando il numero di neutroni e protoni riempie completamente i livelli di energia di un dato guscio nel nucleo, l’energia di legame per nucleone raggiunge un massimo locale e quindi quella particolare configurazione presenta una stabilità maggiore rispetto agli isotopi vicini che non hanno i livelli energetici del nucleo altrettanto completi.
Ciò varrebbe anche per gli elementi iperpesanti, con l’attenzione che, per gli effetti relativistici, questi non sono più perfettamente sferici, ma deformati, per cui questi “numeri magici”, sarebbero diversi rispetto a quelli dei normali elementi chimici. Per cui, potrebbe esistere, tra gli elementi iperpesanti, un insieme di isotopi, con un’emivita molto lunga, la cosiddetta isola di stabilità: ipotesi confermata dagli esperimenti compiuti nell’ultima decina d’anni.
Cosa che aprirebbe due prospettive alquanto interessanti: elementi iperpesanti stabili potrebbero anche esistere in Natura, oltre che nei laboratori. In più, questi potrebbero portare a nuovi materiali, con i relativi impatti tecnologici…