In Italia, il quadrato magico del Sator è visibile in numerosi luoghi, come ad esempio nei sotterranei di Santa Maria Maggiore, nella certosa di Trisulti,in Ciociaria o a Siena, nell’abbazia di Santa Maria della Scala. In particolare, però, risulta essere particolarmente presente nell’Aquilano, comparendo nella chiesa di Santa Lucia di Magliano de’ Marsi, nella chiesa di San Pietro ad Oratorium a Capestrano e nella cripta della chiesa di Santa Maria Apparente a Campotosto.
La chiesa di Santa Lucia, in particolare, risale XIII-XIV secolo, quasi sicuramente per opera delle stesse maestranze che avevano costruito la vicina chiesa cistercense di Santa Maria della Vittoria di Scurcola. Quando, nel XVI secolo, il paese di Magliano diventa indipendente dal vicino centro di Carce, la parrocchia di S. Lucia diventa quella effettiva, andando a sostituire la vecchia parrocchia di S. Martino in Carce. Nel 1570 si trasforma in collegiata, giungendo ad ospitare un abate e sei canonici. Nel 1904 e nel 1915 una serie di terremoto le arrecano enormi danni distruggendola quasi completamente: la
chiesa sarà ricostruita soltanto ventidue anni dopo, nel 1937, cercando di restare il più possibile fedeli all’edificio originario. La facciata, in particolare, è stata smontata pezzo dopo pezzo e poi ricostruita fedelmente attraverso la numerazione dei pezzi.
La chiesa si presenta con una bella facciata recante tre portali di stile cistercense. Sia la facciata sia l’interno, tuttavia, mostrano la coesistenza di diversi stili. L’interno è suddiviso in tre navate, di cui la centrale risulta essere più alta, delimitate da colonne a sezione rotonda su cui si innalzano archi a sesto acuto poggianti su capitelli diversamente ornati. Il grande rosone centrale, collocato probabilmente
agli inizi del Quattrocento, illumina l’aula principale della chiesa. La sua forma è simile a quella del rosone che appare a sinistra sulla facciata della Chiesa di Santa Maria di Collemaggio, a L’Aquila. Il campanile posto al fianco della chiesa, invece, risale a fine Ottocento.
La parte superiore della facciata, elevata nel Seicento, si apre un finestrone di forme tardo-rinascimentali, formato da due semicolonne che sostengono una trabeazione orizzontale. Ai lati di tale finestrone sono murate due coppie di formelle duecentesche incassate entro cornici riccamente decorate con girali e foglie d’acanto, raffiguranti figure mostruose, animali e figure umane in rilievo. Nella prima formella sulla sinistra, tra le zampe della figura mostruosa rappresentata, è inciso il quadrato magico del SATOR.
Questi bassorilievi risultano in particolare essere del materiale di recupero, proveniente da un cancello presbiteriale, risalente al XIII probabilmente smontato al seguito del Concilio di Trento, quando l’arredo liturgico delle chiese fu soggetto a pesanti modifiche.
Il secondo quadrato magico, è ancora più antico: San Pietro ad Oratorium, che si trova immerso in un boschetto lungo il fiume Tirino, è un gioiello dell’architettura romanica. Sull’architrave della sua facciata, è presente l’iscrizione
a rege desiderio fundata anno milleno centeno renovata.
Ovvero:
fondata dal re Desiderio, rinnovata nell’anno 1100
che ne permette di datare l’origine all’età longobarda. Sempre sulla facciata è presente un blocco di pietra, con il quadrato magico, scritto però all’inverso:
rotas opera tenet arepo sator
Sempre sulla facciata si notano iscrizioni di epoca romana, a testimonianza dell’abitudine comune di riutilizzare blocchi di pietra più antichi trovati nelle vicinanze; ci sono inoltre, anche dei bassorilievi dell’antica chiesa longobarda, che si riconoscono per gli intrecci di vimini, cerchi e rombi. Ai lati del portale due bassorilievi raffigurano San Vincenzo e il profeta Davide; un’altra figura maschile con una corona potrebbe essere proprio re Desiderio.
L’interno, composto da tre navate che finiscono nelle tre absidi con al centro il prezioso ciborio del Duecento, è affascinante per la pulizia e la semplicità della sua pietra liscia e per le antiche pitture dell’abside centrale, dominate dal Cristo che, seduto sul trono e con gesto benedicente, mostra la scritta ego sum primus et ultimus, circondato dai simboli dei quattro Evangelisti (il leone di San Marco, il bue di San Luca, l’aquila di San Giovanni e l’angelo di San Matteo) e da due figure tetramorfe (ossia che assommano i simboli evangelici). Tutt’intorno ci sono le figure bibliche dei ventiquattro vegliardi dell’Apocalisse. Dentro l’abside, in basso sono raffigurati alcuni Santi benedettini mentre la parte superiore è purtroppo andata perduta. L’affresco risale al XII secolo ed è molto particolare perché, come ben si nota, è dipinto con un solo colore rosso ocra.
L’ultimo Sator, quello della cripta della chiesa di Santa Maria Apparente a Campotosto, è assai più recente: secondo la tradizione, sarebbe stata costruita per volere della Madonna apparsa il 2 luglio 1604. La leggenda narra di una giovinetta di nome Rosa Angelica Palombi, muta dalla nascita, che trovandosi quel giorno lungo il torrente Rio Fucino a lavare i panni ebbe una divina apparizione, la Madonna, la quale le chiese di tornare in paese e di chiedere a suo zio, che ne era il parroco, di far edificare una chiesa dove ella desiderava, designandone i contorni con la neve. La ragazza si recò in paese e tra lo stupore di tutti parlò dicendo allo zio ciò che la Vergine le aveva chiesto.
Sopra il portale della chiesa, su di una pietra è inciso lo stemma della famiglia degli Orsini; un ramoscello di palma o d’ulivo. In quel periodo infatti Campotosto era feudo di Amatrice dove appunto governava uno dei tanti rami di questa famiglia. L’interno è ad una navata; sulla parete di sinistra due quadri di cui uno rappresenta l’apparizione della Vergine alla giovinetta, sulla destra una tela rappresenta la decapitazione di San Giovanni Battista.
Da qui si scende nella cripta, dove appare il sator, inciso rozzamente nell’intonaco.