Come già raccontato, nel 1635 la Zisa fu ceduta gratuitamente a don Giovanni de Sandoval, il quale provvide ad adattare il palazzo al gusto barocco: tra i tanti interventi, vi fu la modifica della decorazione della sala della Fontana, la cui volta fu affrescata con la raffigurazione, che andava tanto di moda all’epoca, degli dei dell’Olimpo.
Rappresentazione che colpì la fantasia del popolo palermitano, che scambiò le figure mitologiche per diavoli e che ci tessé sopra una serie di storie e leggende.
La più famosa, parla d’amore e di morte: ad Al-Mahdiyya, in Tunisia, la città fatimide degna di Mille e una Notte, il figlio di un emiro dei nomadi Banu Hammad, Azel Comel, bello come il sole, abile nella magia e libero come il deserto, il cui sguardo rubava il cuore di ogni donna, si innamorò di El-Aziz, la splendida figlia del califfo sciita.
Vi era però un antico e profondo odio tra i loro padri: così, quando Azel Comel chiese in sposa la sua bella, non solo gli fu negata la sua mano, ma fu anche diseredato, per avere osato tale affronto alla propria famiglia.
Ma Azel non si perse d’animo: sapeva come il padre avesse nascosto i propri tesori in una grotta in mezzo al deserto, custodita da un orgoglioso Ifrit, uno spirito del fuoco imprigionato a tradimento e costretto a fungere da custode a tali ricchezze.
Azel, in cambio della possibilità di prendere oro e gemme, liberò l’Ifrit dall’incantesimo, per poi tornare ad Al-Mahdiyya, dove, travestito da schiava, si introdusse nell’harem del califfo, per rapire la sua amata. Dopo esserci riuscito, fuggì nel porto, dove rubò una nave e convinse gli jinn del vento a condurlo oltre il mare, nella ricca e splendente Ṣiqilliyya.
Il Califfo fatimide, saputa la notizia, mandò la sua flotta a inseguire i due amanti, per catturarli: Azel Comel scatenò contro le navi i māridūn, signori delle tempeste che dormono nel profondo degli abissi. Questi, ubriachi di caos e distruzione, affondarono tutte le navi.
Alla notizia quanto accaduto, la madre di El-Aziz morì di crepacuore: così il califfo maledì la figlia e Azel Comel. I due amanti, ignari di tutto, giunsero a Balarm, dove odori, sapori e suoni fecero da dolce palcoscenico al loro amore.
Una sera, recatosi alla periferia della città, Azel evocò Ashmed, il diavolo esperto nelle arti delle geometria, matematica, astronomia e i suoi sodali, e in cambio della sua anima, chiese loro di costruire in una notteil palazzo della Zisa, dove, nei suoi sotterranei, avrebbe nascosto il tesoro che si era portato dietro dalla sua terra d’origine.
Ashmed accettò lo scambio, ma all’alba, fu ingannato da Azel, che lo vincolò al palazzo, imprigionandolo assieme agli assistenti nell’affresco e rendendolo custode delle ricchezze presenti. Le creature degli inferi sarebbero state liberate solo quando qualcuno avrebbe contato il loro numero esatto. Cosa che Azel rese impossibile con secondo incantesimo, che avrebbe ottenebrato i sensi di chiunque avesse tentato nell’impresa.
Il giorno dopo, però, un uccello viaggiatore fece cadere dal becco un biglietto diretto ad El-Aziz, in cui si narrava della morte della madre e del fatto che l’Ifrit liberato da Azel si fosse vendicato della prigionia, bruciando vivo suo padre.
La notizia scatenò i rimorsi di El Aziz che corse ad al-Halisah, la nostra Kalsa, per gettarsi in mare e morire affogata. Azel Comel, vedendo l’amata morta fu preso da un attacco di follia. Passò le notti ed i giorni correndo per mari e per monti, affamato e pieno di collera, finché Malak al-Mawt, l’angelo della morte, ebbe pietà di lui e gli donò pace.
Cosi i diavoli continuano annoiati a custodire il tesoro, progionieri dei colori e dell’intonaco, in attesa che qualcuno abbia sufficiente intelligenza e forza d’animo per contare il loro numero. Impresa a quanto pare impossibile, che ha ha influenzato perfino il linguaggio della città, come dimostra il celebre modo di dire palermitano “E chi su, li diavoli di la Zisa?” (“E cosa sono? I diavoli della Zisa?”) per indicare una circostanza in cui non tornano i conti.
Secondo un’altra leggenda, il giorno dell’Annunziata (25 marzo) chi fissa per troppo tempo i diavoli della Zisa ad un certo punto li vedrà muovere la coda o storcere la bocca. O altre secondo cui i giorni di vento intenso a Palermo sono causati dall’uscita provvisoria dei diavoli dal castello che portano con sé l’aria fresca del palazzo stesso…
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