Come molti sanno, nell’ultimo anno Piazza Vittorio sta diventando uno dei luoghi simbolo della poster art, ospitando molte opere di artisti come Pino Volpino e il Collettivo Qwerty.
Anche se non c’entro nulla con tale fenomeno, mi fa molto piacere e quando posso, cerco di dargli un poco di visibilità, pubblicando le foto delle loro opere sui vari gruppi social dell’Esquilino, sia perché lo ritengo un modo per combattere il brutto che avvelena il nostro Rione, sia perché i messaggio contenuti nelle loro opere, ci aiuta a riflettere su cosa stiamo diventando e a rimettere in discussione i nostri pregiudizi e le nostre ipocrisie.
Non l’avessi mai fatto: una minoranza mi ha accusato di essere complice di un reato e di favorire il degrado. Nonostante qualche polemica di troppo, in cui sono stato anche bloccato da chi a quanto pare non ha argomenti per sostenere un confronto razionale, è nata una discussione molto interessante.
Gli argomenti di chi considera gli interventi della poster art una forma di degrado sono essenzialmente tre:
- Non è Arte;
- Viola la Legge;
- Viola le regole della civile convivenza, cosa diversa dal punto precedente, perchè fa riferimento non alla norma giuridica, ma alla cosiddetta ragione naturale.
Nel dibattito, ho provato a rispondere punto per punto. Di seguito, tento di sintetizzare le mie argomentazioni
Non è Arte
Concetto che di fatto può essere parafrasato in
“Non lo riconosco come Arte, perché non mi piace e non lo capisco”,
giudizio anche rispettabile, ma su cui non si può basare nessun discorso generale, dato che il gusto e l’esperienza di ogni individuo appartengono alla sfera della soggettività e per di più variano nello Spazio e nel Tempo.
Proviamo quindi a fare un discorso più ampio, sia dal punto gnoseologico, sia da quello formalistico-legale.
Dal punto di vista gnoseologico, adottiamo una vecchia e trita definizione, in fondo risale al buon vecchio Aristotele, che però ha il vantaggio di essere semplice da contestualizzare
Arte è ciò che muove da un sentimento e smuove un sentimento, realizzando un sinolo tra forma e contenuto
Nel nostro caso specifico, la poster art all’Esquilino è mossa da un sentimento, una profonda passione civile, sicuramente smuove in sentimento, due giorni di polemiche su Facebook ne sono testimonianza, hanno una forma estetica e contenuto: ad esempio, la Venere delle Monnezza di Pino Volpino, oltre a criticare la latitanza dell’AMA dai portici di Piazza Vittorio, è una citazione postmoderna, piena di ironia, della Venere degli Stracci di Pistoletto, in cui l’Arte Povera, perde lo status d’avanguardia per essere a sua volta storicizzata e ridotta a oggette di dissacrazione e citazione.
Dal punto formalistico legale, abbiamo ahimè una definzione tanto brutta quanto tautologica, ma che purtroppo serve per sviscerare il punto successivo.
E’ Arte ciò che è realizzato da coloro che sono riconosciuti come Artisti ed è identificata come tale da terze parti autorevoli, che la rendono oggetto di studi e pubblicazioni
Ora, che Pino Volpino e il Collettivo Qwerty siano riconosciuti come artisti è indubbio, come il fatto che le loro realizzazioni siano oggetto di studi, articoli, pubblicazioni e recensioni. Per cui, per la giurisprudenza, i loro interventi a Piazza Vittorio rientrano senza dubbio alcuno nell’ambito delle opere d’arte
Viola la Legge
Ammesso che sia vero, di quale Legge si sta parlando ? Fino al 1956, si poteva fare riferimento all’articolo 663 del Codice Penale, che comprendeva anche l’affissione abusiva, ma essendo stato all’epoca depenalizzato, non si parlerebbe di reato, ma di infrazione amministrativa; se gli artisti fossero presi in fragrante nell’affiggere i loro manifesti, sarebbero soggetti al massimo a una multa da euro 51 ad euro 309. Ma essendo i loro interventi opere d’arte e non comunicazioni pubblicitarie, non sarebbero neppure oggetto di una multa.
Neppure si potrebbe fare riferimento, all’articolo 635 del Codice Penale, dato che la poster art di certo non
Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia
o
distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili le seguenti cose altrui:
1. edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto, o su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici
Perchè essendo opere d’arte, al massimo valorizzano quanto presente ed essendo la poster art effimera, certo non deteriora o rende inservibile pietra, intonaco e mattoni
Non violando la legge dello Stato, passiamo ad esaminare i regolamenti locali. La disposizione attuativa dell’area Unesco a Roma, quella che vieterebbe di decorare le serrande dei negozi, non parla della poster art, semplicemente perché nel 2007, nessuno si era posto il problema. Inoltre, nell’Urbe, a differenza di Torino e di Firenze, non esistono regolamenti urbani dedicati alla street art e derivati.
Per cui, se non esistono le norme, queste non possono essere violate. In più parlando di opere d’arte, per cui in teoria, dovrebbe essere garantito lro diritto all’integrità d che consente all’autore di opporsi “a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione” (art. 20 Legge n. 633/41). In linea puramente teorica e paradossale, gli artisti potrebbero invece denunciare chi, sia un troppo zelante retakers, sia un condomino brontolone, strappa o deturpa le loro creazioni.
Viola le regole della civile convivenza
Qui il discorso è meno tecnico e più filosofico. Gli interventi di poster art sono visti, da alcuni, come imposizioni di una visione estetica ed etica a chi non la gradisce: per fare un esempio concreto, il Collettivo Qwerty non potrebbe affiggere le loro opere a favore del salvataggio dei migranti in mare, perché ciò offenderebbe la sensibilità di chi li vorrebbe vedere tutti affogati.
Però se la Street Art, nelle sue varie forme, è un bene comune, se un artista la mette a disposizione della Collettività, ciò non viola la libertà di nessuno, perché il singolo che non la gradisce e non vuole usufruirne, non è obbligato a farlo: in termini concreti, se non voglio vedere un’opera di Pino Volpino, posso sempre girarmi dall’altra parte o dire che non mi piace, senza timori di sanzioni.
Al contrario, chi la distrugge, per un suo arbitrio, impedisce a chi vorrebbe il contrario, di usufruirne. Per cui chi viola un diritto, quello del “pieno sviluppo della persona umana” non è chi crea, ma chi distrugge…
Insomma, in fondo, Pino Volpino e il Collettivo Qwerty,con le loro opere, hanno ottenuto la loro vittoria, sui pochi che nel Rione li disprezzano: ci hanno costretto a riflettere e a discutere, alla faccia degli uomini vuoti…
Pingback: Finalmente, a via Giolitti | ilcantooscuro