Sempre parlando di cibo da strada palermitano, oggi è il turno de i stigghiola specialità, che, per i romani, utilizza la stessa materia prima dei nostri digiuni d’abbacchio, ossia la sezione centrale dell’intestino tenue.
In entrambi i casi, questa si cucina alla brace, ma con una differenza: a Palermo le interiora, dopo essere state lavate in acqua e sale e condite con cipolla e prezzemolo, vengono arrotolate attorno a un cipollotto di scalogno, in modo da formare una sorta di involtino. Questo le rende eredi di una lunga tradizione, risalente al mondo greco bizantino, che propone, in giro per il Mediterraneo, numerosi piatti simili, basati sulle interiora d’agnello.
In Grecia, abbiamo, il kokoretsi, una stigghiola extralarge, cucinata di solito nel periodo pasquale, in cui lo scalogno è sostituito da un ripieno di fegato, cuore e polmoni. In Turchia e nei Balcani vi è il kokorec, dove, i digiuni d’agnello, dopo essere cucinate arrotolate attorno a un lungo spiedo, viene tagliato a fette e in seguito a pezzettini, saltato con pomodori, peperoncino e peperone, insieme ad altre spezie.
In Sardegna, il kokoretsi assume il nome di sa trattalia ed esiste anche variante, realizzata con lo stomaco dell’agnello, la sa corda. Nel complesso mondo del Catepanato d’Italia, da Gaeta a Rhegion, si mangia un qualcosa di simile alle stigghiole, chiamati genericamente gnummareddi, benché la metodologia di cottura sia assai diversa.
Tornando alle nostre stigghiole, l’antichità di tale piatto è testimoniata anche dal nome, che deriva anche dal latino Extilia, che significa appunto intestino, budella.
Le bancarelle degli stigghiolari sono in piena attività soprattutto di pomeriggio, quando cominciano a preparare la griglia con la brace, in largo anticipo rispetto alla cottura del piatto. Ciò che attira praticamente tutti è il fumo che si leva alto, tanto da dare origine al detto locale
Cca in giru c’è u stigghiularu ca v’attira sulu sulu c’u ciavuru senza bisuognu r’abbanniari!
ossia, in Italiano
Qui vicino c’è un venditore ambulante di stigghiole che senza bisogno di dire nulla ti attrae col solo profumo
I stigghiola sono protagoniste anche nella versione domestica delle arrustute (grigliate), tanto che il palermitano
s’ava addumari a rarigghia a prima cosa c’hannu a essiri i stigghiola va sinnó un c’avi piaciri
che tradotto da
se il palermitano deve accendere il braciere è meglio che ci siano anche le stigghiole se no non c’è piacere.
Essendo i stigghiole molto grasse, vanno mangiate caldissime, quindi, per evitare agli avventori lunghe e fastidiose attese davanti al rogo fumante, lo stigghiularu le cuoce parzialmente in anticipo e poi le sposte lateralmente sulla griglia in modo che si mantengano calde, senza però bruciare. Prima della consumazione, sono rimesse sulla brace per ultimare la cottura. Quindi vengono tagliate a piccoli pezzi e servite con una spolverata di sale e del limone spremuto sopra.
Dopo tutte queste chiacchiare, però, è il caso di tornare al dunque: dove si possono mangiare buone stigghiole a Palermo ? I migliori stigghiulari si possono trovare di fronte al mercato ittico, in piazza Kalsa, in viale Regione sotto il ponte vicino ai Pagliarelli, in via Ernesto Basile Alta, nella corsia che scende verso il centro (zona università), in via Altofonte e a Brancaccio, nella zona industriale.
Insomma, fuori dai soliti giri turistici, però, insomma, la fatica per trovarli viene abbondantemente ricompensata…
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