
Pochi lo sanno, ma la storia recente della Colombia è scritta nel sangue. Tutto cominciò nel 1946, quando il Partito Liberale colombiano, si spaccò tra la corrente conservatrice, guidata da a Gabriel Turbay, e la nuova corrente, più radicale, guidata da Jorge Eliécer Gaitán. Nonostante la maggiore popolarità del secondo, i maggiorenti del partito, per non entrare in rotta con i ricchi latifondisti, spaventato dalle riforme sociali che aveva promosso come sindaco di Bogotà, i liberali scelserò come candidato Turbay.
Gaitán non accettò la decisione e si presentò come candidato indipendente, spaccando il fronte liberale e facendo vincere il candidato conservatore Mariano Ospina Pérez, persona moderata, personalmente aliena dalla violenza, ma di scarso polso; le sue prime iniziative furono la creazione di un governo di coalizione, con le due correnti liberali, e un tentativo di rilanciare l’economia colombiana, per renderla indipendente dall’esportazione del caffè, che sotto il suo mandato raggiunse l’apice.
Mariano Ospina Pérez istituì l’Ecopetrol, l’Eni colombiana, la Flota Mercante Grancolombiana e della società di telecomunicazioni Telefónica Telecom e fece costruire una delle più grandi acciaierie del Sud America, Acerias Paz del Río.
Per non essere scavalcato a sinistra dai Liberali, fondò il Dipartimento del Lavoro e l’Instituto de Seguros Sociales (Istituto per la Sicurezza Sociale), un ente governativo di previdenza sociale che aveva lo scopo di tutelare le classi impiegatizie del settore privato in caso di licenziamento o di malattia.
Il problema è che per il suo scarso polso, i cafeteros, i produttori di caffè, che a torto o a ragione si considerevano suoi protetti, dal 1930 al 1934 Mariano Ospina ricoprì la carica di Presidente della loro associazione di categoria, organizzarono degli squadroni della morte contro i liberali e i campesinos, che per difendersi, a loro volta cominciarono a prendere le armi.
Intanto Gaitán, anche per la morte del rivale Turbay, era diventato il leader politico dei liberali e intraprese una campagna di protesta sia contro i brogli elettorali, sia contro le violenze politiche dei cafeteros.
Il 7 febbraio del 1948 Gaitán guidò a tale scopo una manifestazione di più di 100 000 persone, la Marcha del Silencio, Nel suo discorso, noto come Oración por la paz si rivolse al presidente Ospina Perez dicendo:
“Signor presidente, vi chiediamo una cosa molto semplice per la quale non servono tanti discorsi. Vi chiediamo che finiscano le persecuzioni delle autorità, così come chiede questa immensa moltitudine. Vi chiediamo una piccola e grande cosa: che le lotte politiche si svolgano in ambito costituzionale. Vi chiediamo che non crediate che la nostra tranquillità, questo impressionante silenzio sia vigliaccheria. Noi, signor Presidente, non siamo vigliacchi, siamo i discendenti dei valorosi che distrussero le tirannie in questo sacro suolo. Ma siamo anche capaci, signor Presidente, di sacrificare le nostre vite per salvare la tranquillità, la pace e la libertà della Colombia….”
Il 15 febbraio, Gaitán in una manifestazione per ricordare 20 liberali massacrati nel dipartimento di Caldas fece un nuovo discorso, chiamato Oración por los Humildes, nel quale disse:
“Compagni di lotta, ai piedi delle vostre tombe giuriamo di vendicarvi, ristabilendo con la vittoria del partito liberale la pace e la giustizia in Colombia. Fisicamente non ci siete più ma siete tremendamente vivi tra di noi”
Insomma, non è che facesse molto per abbassare la tensione. Il 15 marzo visti la passività del governo l’aumento della violenza, il giorno precedente a Bucaramanga gruppi non identificati attaccarono dei militanti liberali, Gaitán chiese ai ministri del suo partito di lasciare il governo conservatore. In risposta al ritiro dei liberali dal governo di coalizione, Ospina formò un nuovo governo interamente composto da esponenti del Partito Conservatore, scatenando violente proteste e dimostrazioni in tutto il Paese.
Il 9 aprile, alle ore 13.00, Gaitán uscì dal suo ufficio per recarsi a pranzo con i suoi collaboratori; all’improvviso fu colpito da tre proiettili, sparati dal disoccupato Juan Roa Sierra, e morì poco dopo.
Le persone che si trovavano sulla strada, per la maggior parte poveri cristi, rincorsero il presunto assassino gridando: Hanno ucciso il dottor Gaitán, prendiamo l’assassino. Un funzionario di Polizia, Carlos Alberto Jiménez, prese il presunto assassino e lo fece entrare all’interno di una drogheria a poche centinaia di metri dal luogo dell’omicidio per proteggerlo dalla folla, iniziò a interrogarlo, ma il giovane nervoso non riusciva a dire altro che esclamazioni rivolte alla Vergine Maria. La folla riuscì a entrare nella drogheria e colpì Roa Sierra fino ad ucciderlo, il suo corpo senza vita fu poi preso e trascinato per le strade fino al palazzo del governo dove fu lasciato ridotto a brandelli e nudo.
A partire da questo momento iniziò una rivolta nazionale contro il governo di Ospina, chiedendo le sue dimissioni. Nel centro della città iniziarono dei saccheggi che si estesero subito in altre zone della città e in altre città della Colombia. I manifestanti oltre a saccheggiare incendiarono i tram, le chiese, i palazzi del centro della città e gli stessi negozi saccheggiati. All’inizio le forze di polizia cercarono di controllare la folla, in seguito alcuni poliziotti e militari si unirono alla rivolta fornendo ai rivoltanti armi, mentre altri membri delle forze dell’ordine non esitarono a sparare sui dimostranti. Le vittime furono diverse centinaia, si va dai 500 morti riportati in un telegramma dell’ambasciata tedesca fino a stime non ufficiali di più di 3000 morti. Tutto il centro della città fu distrutto e iniziò un periodo di violenza a livello nazionale
Per affrontare la difficile emergenza Ospina cercò di creare un governo di unità nazionale, ma senza successo. Supportato dal Partito Conservatore egli intraprese una campagna di repressione contro le proteste liberali scatenatesi in tutto il paese. In tutta risposta il Partito Liberale si appellò al Congresso colombiano per muovere pesanti accuse contro il Presidente Ospina il quale, prima che potesse essere mosso qualsiasi procedimento inquisitorio contro di lui, sciolse il Congresso e dichiarò lo stato d’assedio il 9 novembre 1949 con lo scopo di ripristinare l’ordine costituito.
Per protesta, i liberali decisero di non partecipare alle elezioni del dicembre 1949, vinte così dal conservatore Laureano Gómez, unico candidato, esponente all’estrema destra del partito, che accentuò la repressione voluta dal predecessore, creando anche delle milizie filiconservatrici, finanziate dagli Stati Uniti, per eliminare gli oppositori.
Per contrastare tale deriva autoritaria, i liberali organizzarono vere e proprie formazioni guerrigliere; in più il Partito Comunista, che aveva sempre svolto un ruolo marginale nella politica colombiana, fondò le Autodefensas Campesinas, allo scopo di proteggere i contadini dalle violenze dei conservatori. Applicando il principio
Il nemico del mio nemico è mio amico
le due guerriglie spesso e volentieri collaborarono contro il governo Gómez; dato che la situazione gli stava sfuggendo di mano, venne deposto con un golpe militare incruento che porta al potere il generale Gustavo Rojas Pinilla, col supporto dei liberali e dei settori più moderati del Partito Conservatore, fra cui l’ex presidente Ospina Pérez.
Il generale in qualche modo cercò di chiudere la guerra civile a bassa intensità che stava insanguinando la Colombia. Offrì una parziale amnistia ai ribelli, convinse parte degli esponenti del Partito Liberale a entrare nel suo governo; come risultato la maggior parte delle formazioni guerrigliere smobilitarono, lasciando attivi solo gruppi armati marxisti più marginali. Rojas usò contro di essi il pugno di ferro, mettendo fuori legge il Partito Comunista e avviando una campagna di annientamento.
Ora i liberali e conservatori, ristabilita la pace, chiesero a Rojas Pinilla di mettersi da parte, ma il generale fece orecchie da mercante: nel 1957 si fece rieleggere presidente, er altri quattro anni da un’assemblea costituente in buona parte da lui stesso nominata. Così i dirigenti liberali e conservatori non solo si misero d’accordo per defenestrarlo, ma stipularono una sorta di compromesso storico, stringendo un accordo prevedeva un’alternanza dei due partiti al potere per quattro mandati presidenziali a partire dal 1958.
Così vissero tutti felici e contenti ? Purtroppo non fu così. Nacque su iniziativa di Rojas Pinilla, poco convinto del suo pensionamento anticipato, il partito Alleanza Nazionale Popolare, che si oppone al Frente Nacional. Nelle campagne esplese il fenomeno del bandolerismo: contadini, ex guerriglieri ed ex paramilitari che, messe in secondo piano le affiliazioni politiche in seguito ad amnistie e accordi fra i partiti, non sapendo come campare, si diedero alla criminalità comune, specie con furti e rapine ai danni di grandi imprese agricole, godendo talora del supporto delle popolazioni rurali.
Inoltre, le Autodefensas Campesinas dopo aver interrotto fra il 1957 e il 1960 le azioni armate senza però deporre le armi, videro i loro leader ammazzati da ex guerriglieri liberali nonostante amnistie e accordi.
L’11 gennaio 1960 venne ucciso nel dipartimento di Tolima il leader comunista della regione, noto come Charro Negro. Questo evento fu la goccia che fece traboccare il vaso, spingendo le Autodefensas Campesinas a riprendere l’attività di guerriglia sotto il comando di “Tirofijo”, Manuel Marulanda Vélez ,colui che sarà il fondatore delle FARC. Nell’aprile del 1961 si riunirono a Marquetalia le formazioni armate comuniste nel corso di quella che viene ricordata come la Prima Conferenza Guerrigliera.
Nei primi anni Sessanta, sull’onda dell’entusiasmo suscitato dalla rivoluzione cubana, nascono in Colombia diversi gruppi armati che cercarono di imitare la strategia dei barbudos dando vita a piccoli “focolai rivoluzionari” nelle campagne. Fra questi vi furono il Movimiento Obrero Estudinatil Campesino (MOEC), l’Ejercito Revolucionario de Colombia (eliminati entrambi dalle forze armate nel 1961), il Frente Unido de Acción Revolucionaria (FUAR).Tutti questi tentativi fallirono in breve tempo, per la repressione del governo, che raggiunsero il culmine il 27 maggio 1964 durante l’Operazione Marquetalia, una massiccia operazione militare dello Stato colombiano, effettuata con appoggio statunitense, atta a reprimere con la forza le esperienze di auto-organizzazione agraria contadina che si erano sviluppate nelle regioni Tolima e Huila, accusate dal governo di rappresentare un pericolo per l’integrità della nazione, in quanto “inaccettabili repubbliche indipendenti”.
Alla luce della cruenta repressione subita, i sostenitori di quelle esperienze, che sfuggirono sotto la direzione di Manuel Marulanda Vélez ad un accerchiamento effettuato da 16.000 effettivi dell’esercito, stabilirono che la resistenza e la lotta armata mediante la pratica militare della guerriglia, erano l’unica strada da percorrere per portare in Colombia il cambiamento e le riforme strutturali che la popolazione chiedeva. Il loro scopo era sovvertire l’ordinamento statale colombiano per instaurare una democrazia popolare e socialista.
Da qui, nel luglio 1964 formulano il programma agrario , fulcro della loro proposta politica, e, insieme ad altre formazioni comuniste, costituirono il Blocco Sud, con Tirofijo come comandante, Ciro Trujillo Castaño come vice e Jacobo Arenas, inviato dal Partito Comunista pochi mesi prima, come ideologo.
Il 15 settembre 1965 anche l’enclave di Riochiquito venne conquistata dalle forze governative, e fra il 25 aprile e il 5 maggio 1966 ebbe luogo la Seconda Conferenza Guerrigliera, che vide il Blocco Sud prendere il nome di Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC) e dotarsi di un regolamento interno, di una gerarchia e di un piano militare di scala nazionale.
Nel 1964 nacue poi su iniziativa di Fabio Vásquez Castaño un altro gruppo guerrigliero, anch’esso ispirato all’esperienza castrista, che avrà un ruolo di rilievo nel conflitto. Dopo un periodo di addestramento a Cuba fra il 1962 e il 1963, il nuovo gruppo prende il nome di Brigada pro liberación Jose Antonio Galán e sceglie come zona di operazioni San Vicente de Chucurí. Il 4 luglio 1964 il gruppo cambia nome in Ejército de Liberación Nacional (Esercito di Liberazione Nazionale, o ELN).
La prima azione del gruppo ebbe luogo il 7 gennaio 1965, quando morirono in un’imboscata cinque militari e un civile. L’ELN raggiunse una grande notorietà in tutto il Paese quando nell’ottobre 1965 il sacerdote e sostenitore della Teologia della Liberazione Camilo Torres Restrepo entrò nelle sue fila, per poi morire in combattimento pochi mesi dopo. A dire il vero, le ELN ebbero a lungo come dirigenti numerosi preti cattolici.
Nel 1965 la corrente maoista del Partito Comunista Colombiano abbandonò il partito per fondare il Partito Comunista Colombiano Marxista-Leninista. Nel dicembre del 1967 il suo braccio armato, chiamato Ejercito Popular de Liberación (Esercito Popolare di Liberazione, o EPL) iniziò le sue operazioni nel nord-ovest del Paese.
A complicare la situazione e renderere ancora più drammatica la guerra civile, vi furono le vicende delle elezioni del 1970, le ultime coperte dal patto del Frente Nacional; secondo l’accordo la presidenza sarebbe toccata ai conservatori, che scelsero come candidato Misael Pastrana Borrero. Tuttavia, molti dissidenti liberali e conservatori si allinerono dietro la candidatura del partito Alleanza Nazionale Popolare (ANAPO) dell’ex generale Gustavo Rojas Pinilla, che non avrebbe sfigurato tra i protagonisti di Cento Anni di Solitudine e che per i paradossi della storia, in quel momento veniva considerato un esponente progressista
La notte delle elezioni i primi spogli elettorali registrarono un vantaggio di Rojas Pinilla, ma l’indomani il risultato iniziòa ribaltarsi. Davanti ad accuse di brogli e al rischio di una rivolta da parte dei sostenitori di Rojas Pinilla, il presidente in carica, Carlos Lleras Restrepo, proclamò lo stato d’assedio e il coprifuoco, e il generale e altri dirigenti dell’ANAPO vennero tenuti agli arresti domiciliari. Misael Pastrana Borrero viene infine proclamato vincitore con circa 60000 voti di scarto (l’1,6% del totale).
Il 16 gennaio 1973, sotto la guida carismatica di Jaime Bateman Cayon, fu fondato il Movimiento 19 de April (Movimento 19 aprile, o M-19), movimento di guerriglia urbana che si richiamava già nel nome a quello che venne percepito come il “furto” del risultato elettorale del 19 aprile 1970. Mentre fino a questo momento la guerriglia era rimasta confinata nelle campagne, lontano dalle élite socio-economiche del Paese, l’M-19 si propose di portarla nelle città. Il gruppo compì la sua prima azione il 17 gennaio 1974 rubando la spada di Simón Bolívar, custodita fino a quel momento nel museo della Quinta di Bolívar a Bogotà. L’arma diventò il simbolo della loro lotta.
In questo caos, nel corso degli anni Settanta la Colombia era divenuta un crocevia del traffico internazionale di cocaina. L’assenza dello Stato in ampie aree del Paese aveva infatti consentito di impiantare qui inizialmente laboratori per processare la coca, e poi anche piantagioni. L’espansione del traffico di droga si incrociò all’inizio degli anni Ottanta con l’espansione della presenza delle FARC. Dopo un’iniziale rifiuto dell’attività del narcotraffico, l’organizzazione decide poi di sottoporla invece al sistema di “tassazione” (o estorsione) sviluppato nelle aree sotto il suo controllo.
Nel 1981 l’M-19 sequestrò Martha Nieves Ochoa, sorella dei boss del narcotraffico Ochoa: Jorge Luis, Juan David e Fabio, esponenti del Cartello di Medellín. Questi reagiscono creando un gruppo chiamato Muerte A Secuestradores (Morte Ai Sequestratori, o MAS), considerato il primo gruppo del moderno paramilitarismo colombiano. Cosa tra l’altro formalmente legale negli anni Sessanta erano state infatti varate leggi per consentire la creazione di milizie antiguerrigliere private.
Così, oltre cominciò una seconda guerra, quella tra paramilitari e guerriglieri, che si sovrappose a quella di quest’ultimi contro lo Stato. Essendo al soldo dei Narcos, i gruppi paramilitari a loro volta si rivoltarono contro le autorità costituite.
Guerra che stragi compiute da tutti i protagonisti e accordi di pace più o meno rispettati si sta trasciando sino ad oggi; per protestare contro questa continua violenza e mettere fine a questa follia, venerdì 26 luglio, la società civile della Colombia sta programmando in tutto il mondo un FLASH MOB contro l’assassinio sistematico di più di 700 leader sociali e difensori dei diritti umani in Colombia.
50 anni di conflitto armato hanno lasciato più di 8 milioni di vittime, 7 milioni di sfollati , 80.000 “ desaparecidos” .
A Roma l’appuntamento è alle ore 18.30 in Piazza Santa Maria di Loreto (Roma) nei pressi della Colonna Traiana; Le danze di Piazza Vittorio, che credono nelle parole che diventano azioni, parteciperanno… Vi aspettiamo anche a voi !