Chiacchiere a Fisioterapia

Oggi, dopo un paio d’anni, sono tornato all’USI; stavolta il malato da rimettere in sesto sono io. Stranamente, non incrociato nessuno degli strani personaggi, degni di un romanzo, che incontrai quando Manu dovette riabilitare il ginocchio.

La palestra era stranamente vuota, questa sera: così con il fisioterapista, tra un esercizio e l’altro, si chiacchierato delle cose più strane, dal file system APFS di Apple, allo strano rapporto tra abitanti dell’Esquilino e il degrado.

Già, perchè a fronte di problemi reali, legati a un amministrazione assente a ogni livello, che considera di solito gli abitanti del Rione come cittadini di serie B e le strade e le piazze dell’Esquilino come una comoda discarica a cui appioppare tutti i problemi legati al fallimento del welfare cittadino, una parte dei problemi ce li costruiamo da soli.

Non solo per la mancanza di un senso civico, comune a tutti popoli che vivono a Piazza Vittorio, ma anche per la capacità, da parte di alcuni abitanti del Rione, dello scambiare come degrado tutto ciò che esce dalla loro ristretta mentalità piccolo borghese.

Ad esempio, il presunto grande pittore che non comprende la poster art, incapace di comprendere come in un mondo postmoderno, liquido e citazionista, la pittura deve uscire dalle gallerie e fondersi con il Reale. Oppure, in un mondo in cui il Virtuale si sovrappone al Reale, ciò che conta non è l’opera in sè, fragile e transitoria, come la Vita, ma la sua immagine che vive immutabile nelle foto condivise su Internet, come un sorta di archetipo platonico.

Oppure la Cixi del ballatoio, che considera lecita la street art solo se risponde alle sue paturnie e ai suoi capricci, dimenticando che questa non è un’imposizione che viene dall’altro, quella è ben altra cosa, si chiama vuota decorazione, ma è figlie delle storie, dell’utopie, delle lacrime e delle risate di una comunità, che, grazie a cielo, perché altrimenti l’Esquilino sarebbe un luogo molto più triste e grigio, lei non rappresenta.

O il tizio, che sospetto amico di Cixi, che ieri a preso a male parole una musicista cinese, che sotto i portici, suonava con somma arte il violincello, accusandola di aumentare il degrado della Piazza; è talmente schiavo del vuoto che ha dentro, da non sapere più riconoscere il Bello.

Eppure, tutti costoro e ce ne sono tanti altri, che rispondono alla poesia di Eliot

Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l’un l’altro
La testa piena di paglia. Ahimè!
Le nostre voci secche, quando noi
Insieme mormoriamo
Sono quiete e senza senso
Come vento nell’erba rinsecchita
O come zampe di topo sopra vetri infranti
Nella nostra arida cantina

Figura senza forma, ombra senza colore,
Forza paralizzata, gesto privo di moto;

Coloro che han traghettato
Con occhi diritti, all’altro regno della morte
Ci ricordano – se pure lo fanno – non come anime
Perdute e violente, ma solo
Come gli uomini vuoti
Gli uomini impagliati…

Non sono la maggioranza. Per ogni ognuno di loro, ve ne sono dieci, che senza aspettarsi nulla in cambio, si impegnano nel concreto per rendere migliore il luogo in cui vivono… Gli ultimi sono coloro che hanno fatto realizzare il murale che decore le pareti del Centro Anziani a via San Quintino. Onore a a loro, alla testardaggine che hanno nel volere rendere migliori ciò che li circonda e al coraggio che hanno per non arrendersi…

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