Aufidena

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Oggi il mio viaggio in Abruzzo fa tappa nell’Antica Aufidena, uno dei centri più importanti dei Sanniti Pentri, stanziati nell’Abruzzo sud-occidentale e nell’alto Molise; fiorita tra il VII e il III secolo a.C. decadde a seguito della conquista romana, avvenuta durante la terza guerra sannitica, nel 298 a.C. da parte del console Gneo Fulvio Massimo Centumalo. Dopo la conquista romana divenne municipio nella seconda metà del I secolo a.C. e i suoi cittadini furono iscritti nella tribù Voltinia e fece parte della “regio IV Sabina et Samnium”, come, ad esempio, il decurione Pomponio Severo

Stanno a testimoniare, la sua importanza in epoca pre-roma la Acropoli, a monte di Alfedena (lunghe mura poligonali, porte, tempio, basilica,…) e una vasta necropoli, a valle. L’identificazione del centro citato da Livio fu a lungo discussa (nel XVII e XVIII secolo si ritenne si trattasse di Offida, nella valle del Tronto), per colpa del geografo Tolomeo, che, poco esperto di cose italiche, l’attribui ai Sanniti Carricini (citati come Caraceni), stanziatia tra il fiume Sangro e le pendici della Maiella: mentre Plinio la riferisce ai Sanniti Pentri, come confermato dai ritrovamenti epigrafici.

L’antico centro sannitico è attualmente identificato con i resti rinvenuti presso Alfedena a partire dalla fine del XIX secolo (ad opera di Antonio Di Nino prima e di Lucio Mariani poi) e negli scavi ripresi a partire dagli anni settanta del Novecento.

I Sanniti erano organizzati in Touta, tribù distribuite sul territorio; l’unità politica al di sotto della Touto era il “pagus”, il cantone, una sottounità amministrativa che non era una città ma un distretto di estensione variabile che poteva a sua volta includere centri abitati.

Gli insediamenti ubicati in pianura o in zone pedemontane erano chiamati vicus e svolgevano una funzione più specificatamente economica, in quanto unità produttive (a carattere pastorale, agricolo e artigianale) o centri di scambi commerciali. Alcune volte erano dotati di una difesa perimetrale per arginare almeno la fase iniziale di una qualsiasi minaccia esterna (anche per evitare l’intrusione di animali selvatici). Quelli delle zone montuose, cioè edificati in altura, erano chiamati oppidum, che in condizione normali fungevano da punto di appoggio per i pastori impegnati nella transumanza verticale, che in caso di guerra fornivano protezione agli abitanti del vicus.

Aufidena rispettava in piento tale organizzazione: si trattava di un complesso di oppida che controllava l’alta valle del Sangro, a protezione di un gruppo di vicus, connessi all’origine di due tratturi, il Castel di Sangro-Lucera e il Pascasseroli-Candela.

Il primo partiva dalla valle del fiume Sangro e nel suo percorso attraversava il fiume Biferno all’altezza della città romana di Fagifulae, per poi guadare il corso del fiume Fortore. Successivamente la strada s’inseriva nel territorio Dauno costeggiando a sud Lucera per poi immettersi nel tratturo Celano Foggia.Il secondo nel suo percorso verso sud attraversava le città di Aesernia, giunge presso il fiume Biferno all’altezza di uno dei più importanti centri romani del Sannio: Bovianum.

I due tratturi, svolgendo anche il ruolo di vie commerciali, diedero origine a un processo di sinecismo che coinvolse i vicus, facendoli aggregare in un centro proto urbano, a cui fa riferimento la vastissimo necropoli di “Campo Consolino”, con migliaia di tombe, alla confluenza del Rio Torto nel fiume Sangro. Le tombe, indagate solo in parte, sono per lo più databili al VI e V secolo a.C., ma la necropoli era ancora utilizzata, con sepolture di minore ricchezza, nel IV e III secolo a.C.. Le tombe sono disposte a cerchio, rispecchiando probabilmente la suddivisione in gruppi gentilizi.

La tracce dell’insediamento fortificato principale si sono invece conservate nella località della “valle del Curino”, che comprende due cime e una piccola valle tra di esse. Restano tratti delle mura in opera poligonale, un edificio pubblico (chiamato convenzionalmente “Basilica”) e un piccolo tempio. Entrambi gli edifici sono datati ad un’epoca posteriore alla conquista romana.

Mura di fortificazione, relativi a uno degli oppidum, si sono rinvenute anche nelle località di “Civitalta”, su uno spuntone roccioso che sovrasta l’insediamento di Curino, e forse riferibile ad una fase più antica. Altri recinti fortificati di epoca sannitica sono stati riscontrati a Castel di Sangro e nella località “Selva di Monaco”, presso la sua frazione di Roccacinquemiglia. I materiali rinvenuti negli scavi ottocenteschi e degli inizi del Novecento erano stati conservati in un museo istituito ad Alfedena (Museo Civico Aufidenate), che tuttavia subì dei furti e vennedanneggiato durante la seconda guerra mondiale: alcuni degli oggetti furono distrutti o andarono dispersi.

La comquista romana cambiò progressivamente l’organizzazione del territorio: nel I secolo a.C. l’attuale Castel di Sangro, un oppidum di Aufidena divenne sede del municipio romano e progressivamente cannibalizzò l’insediamento sannita. Nell’Alto Medioevo la diocesi di Aufidena, che inizialmente dovette avere sede presso il municipio romano, fu tuttavia trasferita, forse alla fine del V secolo, presso il centro abitato sorto nei pressi dell’antico insediamento sannitico, l’attuale Alfedena, che ne perpetua tuttora il nome, in cui, nel X secolo, fu eretto un importante castello.

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