Oggi avrei voluto parlare di tante cose: continuare a raccontare della musica popolare greca, dalle danze agli strumenti, insultare il ladro della mia corrispondenza, se avesse ragione Lombroso, l’avrei già individuato, condividere le mie riflessioni sul convegno Cloud IBM, lamentarmi di non conosce il senso della parola “inopportuno”, perché convinto di essere il centro del mondo, o il significato della parola “scusa”.
Poi ti arriva un messaggio su whatsapp e tutte queste piccolezze assumono il loro giusto peso: la scomparsa di zio Emidio, l’ultimo dei fratelli e sorelle di mio nonno ancora in vita, non era inaspettata, ma nonostante questo, mi lascia un vuoto dentro.
Perchè con lui, si chiude una pagina della mia vita: ti capita all’improvviso addosso la consapevolezza di essere invecchiati, di come sia passato il tempo e di come, di tutte gli anni e i sogni dell’infanzia e della giovinezza non siano rimasti che ricordi.
Soprattutto, perché mi manca: zio era senza dubbio una delle persone più solari e dal cuore grande che abbia conosciuto. Tutte le volte che passeggiavo tra le stradine di Centocelle Vecchia e finivo davanti la sua casa, non mancava mai di chiamarmi con il suo vocione, per invitare a fermarmi e dirmi
“Nipo’, bevite un bicchiere di vino”.
Ed era sempre la solita storia: io mi fermavo, scambiavo due chiacchiere, ci facevamo due risate e alla fine, questo bicchiere non lo bevevo mai, però lui era felice lo stesso…
Sarei felice, se invecchiando, potessi essere come lui…