Zio Hegel, pace all’anima sua, cosa che ho capito negli anni, non è che sia mai stato una cima a filosofia, aveva un’idea alquanto innovativa della dialettica: non uno strumento per ricercare la Verità, che poteva anche non essere trovata, ma la Verità stessa, che coincide con il Divenire, cosa che poi zio Karl Marx traslò dall’ontologia alla storia economica.
Hegel infatti concepiva l’Essere a posteriori, come immanente o conseguente la razionalità conoscitiva: la contrapposizione logica esistente tra un concetto ed il suo contrario, anziché essere ricondotta ad un’unità originaria, per Hegel precede la loro esistenza, ne diventa la condizione ontologica necessaria al suo manifestarsi
Come nonno Eraclito affermava come ogni realtà scaturisca dal suo opposto; in tal modo andò oltre la logica formale di non-contraddizione, che era quella classica e lineare enunciata da Aristotele, in favore di una nuova logica “sostanziale”, che è insieme forma e contenuto.
Per Hegel, nella sintesi finale ogni realtà è al tempo stesso il suo contrario: X coincide con Y, tramite un procedimento a spirale caratterizzato dalla cosiddetta triade: tesi, antitesi e sintesi. Se la struttura delle trilogie di Lucas rispondevano al principio di non contraddizione, un sith non può essere un jedi, la nuova trilogia è fortemente hegeliana.
A cominciare dalla struttura. La tesi è il Risveglio della Forza: un film narrativamente semplice e rassicurante, che ripropone, riscrive e attualizza Una Nuova Speranza, in modo da non spiazzare lo spettatore, vuoi o non vuoi Star Wars è una parte del suo immaginario pop, e convincerlo a seguire tutta la fama, perché la Disney non fa beneficenza, ma business.
L’antitesi è ne Gli Ultimi Jedi, che ribalta tutto quanto davamo per assodato, nel nostro immaginario: la Forza è immanente e senza scopo, uno strumento e ciò che conta è l’ethos di chi la utilizza e non detto che quello dei Jedi, fallibili come ogni essere vivente, sia migliore di quello di tanti altri.
La sintesi è l’Ascesa di Skywalker, che in qualche modo, per soddisfare tutti, tradizionalisti e amanti dell’innovazione, cerca di fondere le visioni differenti degli altri due film, a volte riuscendo, a volte nascondendo contraddizioni e buchi di trama con un ritmo forsennato e una fotografia spettacolare.
Visione hegeliana che poi è presente, tra una citazione e l’altra del Ritorno dello Jedi, nell’idea della diade e nella sintesi finale che si compie, con il suo fluire ciclico.
E forse la Forza non è nulla più che il Tao della tradizione cinese: il Non essere, il wu ji, che nella nascita dell’Essere si differenzia nelle due polarità, lo Yin e lo Yang. Il saggio con il retto agire, il retto pensare e la meditazione a sua volta ritorna allo stato di Wuji, energia pura, dissolvendosi nell’Uno.