Palermo ha la straordinaria capacità di riservare sorprese e di nascondere bellezza nei luoghi più inaspettati: ad esempio, uno dei gioielli dell’arte barocca locale, l’oratorio di San Giuseppe dei Falegnami, funge da cappella della locale facoltà di Giurisprudenza. A proposito, per visitarlo non date retta ai cartelli a via Maqueda, che danno indicazioni sbagliate, ma o entrate da via Alessi o dal cortile dell’Università…
Come sempre accade a Balarm, la storia di questo oratorio, è tanto complessa, quanto affascinante. La confraternita di San Giuseppe dei Falegnami, fondata nel 1499 ed in seguito divenuta compagnia, possedeva nei pressi dei Quattro Canti, appena disegnati con l’apertura della Strada Nuova, la nostra via Maqueda), un importante lotto di terreno dov’era ubicata una piccola chiesa dedicata a Sant’ Elia dei Profeti.
Nel 1603 tali possedimenti furono ceduti ai Padri Teatini per far posto alla costruzione della loro Casa. Questi ultimi, infatti, per mezzo di Giovanni Domenico Giacobini, falegname a loro molto vicino, ottennero la Chiesa di Sant’Elia con tutti gli arredi ed i terreni circostanti, sotto varie condizioni, tra cui quella di costruire un Oratorio particolare oltre che quella di impegnarsi a celebrare la festa di San Giuseppe e di sant’Elia con una messa presso un altare della loro chiesa.
Un patto analogo fu fatto con altre confraternite che avevano le chiesette nello stesso lotto di terreno, ossia quella di Gesù, Giuseppe e Maria e quella degli Schiavi del SS.Sacramento ed Immacolata Concezione, che ebbero a loro volta un loro oratorio, dedicato al Santissimo Sacramento.
Di conseguenza, i teatini per ottimizzare lo spazio da cedere alle confraternite e risparmiare denaro, disposero i due oratori ad elle, quello di San Giuseppe era parallelo a via Maqueda, mentre quello delle altre due congregazione alla nostra via Alessi, mettendo loro in comune l’ingresso.
Se i Falegnami, come confraternita e associazione di categoria, erano assai ricchi, tanto da permettersi come pittore Pietro Novelli e i Serpotta come stuccatori, le altre due congregazioni se la passavano alquanto male, tanto che il loro oratorio fu parzialmente terminato.
Per non essere da meno dei Falegnami, anche loro incaricarono i Serpotta di decorare l’oratorio, ma non rispettando le rate di pagamento del lavoro, furono coinvolti in una lunga causa, che mandò le confraternite in quasi in bancarotta, impedendo il completamento del tutto.
La coabitazione tra i due oratori, durò sino al 1805, quando il convento dei Teatini fu trasformato nella Regia Università: per realizzare il portico d’accesso, fu sfondata la parete sinistra dell’oratorio di San Giuseppe.
A titolo di curiosità, per realizzare l’intera ristrutturazione, fu impiegata la somma di cinquemila once sul dazio del tabacco che il Parlamento siciliano nel 1806 pose a disposizione dei Deputati degli Studi e che in parte furono usate come rimborso dei Teatini, a cui, per un diploma reale del gennaio 1806, furono affidate le cariche di Rettore, Bibliotecario e di Direttore di spirito, carica, quest’ultima, necessaria per il rilascio del certificato di comunione in occasione delle feste pasquali, indispensabile per l’accesso agli esami di profitto. Solo dal 1860, l’Università fu pienamente laicizzata.
Ora, se nel 1806 le confraternite di Gesù, Giuseppe e Maria e quella degli Schiavi del SS.Sacramento ed Immacolata Concezione erano scomparse dalla circolazione, quella dei Falegnami era invece viva e vegeta e di pessimo umore per l’esproprio subito: per cui, i suoi membri, alternando la moral suasion alla minaccia di sciopero, riuscirono a farsi affidare l’altro oratorio. Sfruttando il fatto che entrambi avessero le stesse dimensioni, per decorare quello del Santissimo Sacramento, riutilizzarono alla meno peggio arredi sacri e stucchi avanzati dall’ex oratorio di San Giuseppe.
Ovviamente questo non fu possibile per gli affreschi di Pietro Novelli, realizzati tra il 1625 e il 1628, che rappresentavano le storie dell’Infanzia di Gesù, che furono ritenuti perduti sino al 1997, quando nei lavori di ristrutturazione della facoltà saltarono fuori dei loro lacerti, trasportati poi su tela e custoditi nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis.
L’oratorio è di piccole dimensioni, i Teatini non erano stati di manica larga, ed una struttura ad aula unica voltata a botte. Vi si accede da un piccolo vano di forma quadrata corrispondente all’ambiente originario che, attraverso i quattro portali che vi sono ricavati (due dei quali oggi murati) dava accesso sia all’attuale oratorio che a quello originario distrutto.
Nel vestibolo, è conservato il fercolo di San Giuseppe, ossia la macchina procesionale ed una pregevole statua in cartapesta dell’Immacolata, risalente al XVIII secolo, mentre tra i due portali d’ingresso alla’oratorio spicca un’epigrafe commemorativa, posta nel 1811 in conseguenza dell’avvenuto possesso esclusivo della cappella da parte dei falegnami.
Le due pregevoli porte lignee di noce che danno accesso all’oratorio, realizzate dai fratelli Matteo e Giovanni Calandra, raffigurano, con raffinati bassorilievi, episodi della da della Sacra Famiglia e sono state riadattate per la nuova collocazione in quanto provenienti dall’oratorio originario, come la cantoria e il seggio del priore, sempre opera dei Calandra.
Nell’oratorio vero è possibile ammirare una fastosa decorazione con putti, festoni, medaglioni e cornici in stucco, come accennato, eseguiti famiglia dei Serpotta. Nelle cornici sono inseriti affreschi dei primi dell’Ottocento
In particolare, le decorazioni delle pareti realizzate nel 1701 sono opera di Giuseppe Serpotta, fratello economico di Giacomo,mentre le raffigurazioni grottesche e i putti probabilmente si debbono alla collaborazione con Procopio Serpotta, nipote di Giuseppe e probabilmente provengono dall’altro oratorio.
Tra l’altro sull’altare ci sono due putti, uno con con riga, l’altro con compasso in mano, che qualche critico ha ipotizzato essere una simbologia massonica, ma che forse erano semplicemente un richiamo all’attività quotidiana dei falegnami.
Gli affreschi nella volta e alle pareti raffigurano scene della vita della Sacra Famiglia: Sposalizio della Vergine, Natività, Adorazione dei Magi, S. Giuseppe Falegname, Riposo durante la Fuga in Egitto, Fuga in Egitto, Sogno di S. Giuseppe, Sacra Famiglia e figure allegoriche.
Alle finestre coppie di angeli in stucco, forse provenienti anche queste dall’ex San Giuseppe, incorniciano dipinti in cui sono rappresentate delle Allegorie: Uguaglianza, Gloria divina e Fortezza (a destra), Generosità, Prontezza e Pace (a sinistra). Sopra le otto finestre entro dei tondi è possibile ammirare personaggi del Vecchio Testamento.
Nel marzo del 1992 durante i lavori di restauro della cappella alcuni operai che stavano ripavimentando i locali dell’antioratorio, scoprirono sotto il vecchio ammattonato una botola di forma quadrata che una volta aperta mise alla luce una grande caverna sottostante. Le immediate indagini portarono a scoprire un grande antro composto da un unico ambiente ipogeico artificiale, scavato allo stato grezzo nella roccia calcarenitica e coperto da una volta con conci ammorsati in un perfetto arco ribassato.
Il grande vano scoperto, dalle successive misurazioni, risultò essere perfettamente corrispondente alla forma rettangolare della navata dell’oratorio le cui dimensioni risultano essere, per quanto riguarda la lunghezza di mt. 20,50 (corrispondenti a 10 canne palermitane, unità di misura vigente nel capoluogo fino a fine Settecento) mentre per quanto riguarda la larghezza di mt. 6,00. Probabilmente, come in tanti altre chiese palermitane, la cripta serviva per la sepoltura e la mummificazione dei confrati; solo che, a causa delle spese legali legati alla causa Serpotta, non fu mai completata..
Pingback: San Giuseppe dei Teatini | ilcantooscuro
Pingback: Il convento dei Teatini a Palermo | ilcantooscuro