Il sepolcro di Romolo ?

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Questo pomeriggio, sui giornali, è apparsa la notizia della scoperta, nel Foro Romano, di un ambiente sotterraneo, in cui si trovano un sarcofago un sarcofago in tufo del Campidoglio, lungo circa 1,40 metri e un elemento circolare, che potrebbe essere o un altare o la base di un gruppo statuario.

La datazione presunta, il VI secolo a.C., la vicinanza al Lapis Niger e la testimonianza di Varrone, che parla del sepolcro di Romolo posto nel Foro Romano, situato ”post rostra”, ossia dietro i Rostra repubblicani, ha portato immediatamente a identificarlo con il sarcofago del fondatore di Roma. Ora, in attesa dei comunicati ufficiali della Sovrintendenza, che magari smentiranno tutte le illazioni di queste ora, provo a buttare giù un paio di riflessioni sulla questione.

La fase arcaica del Foro Romano, grazie agli scavi degli ultimi anni, è molto più chiara di quanto apparisse a fine Ottocento al buon Giacomo Boni, sotto molti aspetti un personaggio da romanzo: da una parte, uno dei primi archeologi moderni in Italia, applicando i principi dello scavo stratigrafico e adottando la fotografia per documentare il ritrovamento dei reperti. Dall’altra, era un appassionato di esoterismo, seguace, a seconda del periodo della teosofia, dell’antroposofia e del sufismo, che si impegnò anima e corpo nel tentativo di riportare in auge il paganesimo romano.

Sappiamo che tra l’IX e l’VIII secolo a.C. prima del sinecismo che però alla nascita di Roma, l’area, per i parametri dell’epoca, era densamente popolata. Sono state trovate necropoli arcaiche e una una decina di capanne databili, simili a quelle del Palatino.

Nella generazione immediatamente successiva al sinecismo, intorno al 750 a.C. che corrisponde, secondo la tradizione annalistica, al regno di Numa Pompilio, l’area cambia destinazione d’uso, subendo una sorta di monumentalizzazione: sulla piattaforma delle capanne vengono poste le fondazioni in tufo e l’alzato in mattoni crudi di un edificio, formanti una sorta di piattaforma aperta sulla futura via Sacra. Davanti alla piattaforma si trovava un recinto con un cippo-altare a forma di tronco di cono.

Una decina d’anni dopo, forse su un precedente santuario, viene costruito un edificio costituito da una grande sala, affiancato da quattro stanze più piccole, e corredato da un portico sulla fronte; al fianco di questo, in corrispondenza di quello che sarà il complesso più tardo costituito l’aedes di Vesta e alla casa-domus delle vestali, sono erette due capanne monumentali, che potrebbero avere avuto una destinazione di tipo sacrale.

Su che ruolo svolgessero questi edifici nella Roma Arcaica, gli archeologi stanno discutendo, anche molto animatamente, da anni. Però, che avessero un’importanza centrale, nell’organizzazione del territorio urbano dell’VIII secolo, diventando un sorta di simbolo civico e luogo di aggregazione per gli abitanti dei vici in cui si articolava la città, sono tutti concordi.

Le cose cambiano tra il 575 a.C. e il 550 a.C. in cui, secondo gli annalisti, regna Servio Tullio, il primo edificio è ristrutturato e accostato a un tempio con terrecotte decorative, il cui terrazzamento è sovrapposto al recinto del VII secolo, senza però toccare l’altare. Il tempio, del quale restano scarsissimi resti, doveva avere una pianta rettangolare con un unico ambiente aperto a est e proceduto da un porticato di legno; contemporaneamente l’area del recinto viene pavimentata accuratamente, lasciando il cippo al centro, e forse in parte coperta.

Di fatto il luogo, che svolgeva all’inizio una funzione abitativa e civile, viene “sacralizzato”, un santuario che ripeteva le forme di un’abitazione, come ne sono state scoperte per esempio a Acquarossa, centro etrusco vicino a Viterbo, risalenti al VII secolo a.C. Una ristrutturazione analoga avviene anche nel secondo edificio.

Che sta succedendo? Semplicemente i re etruschi si stanno impegnando in un’azione, che ai nostri tempi, chiameremmo di propaganda, riscrivendo secondo la loro ottica le vicende delle origini della città che dominano, creando una sintesi tra diverse culturee.

Alla figura storica del fondatore della città, forse appartenente alla gens Hostilia, si sostituisce quella dell’eroe sacrale Romolo, modellata secondo la visione della storia sacra dei Latini, basata sulle genealogie divine e sulle diade natura/cultura e ordine/caos, che però nel dare origine a Roma, applica i riti della tradizione tirrenica.

Riscrittura della storia, che porta, sempre nello stesso periodo, alla nascita dell’heroon, il santuario monumentale eretto alla memoria dell’eroe fondatore, simbolo di unione per la comunità che da lui trae origine. Heroon che, seguendo la tradizione greca che i re etruschi tentavano di imitare, si doveva trovare all’interno del perimetro urbano, in posizione di grande rilievo, nella piazza principale, equivalente dell’agorà e diveniva luogo di culto e venerazione popolare da parte dei cittadini.

lapisniger

Per cui, nacque il famigerato Lapis Niger, il 10 gennaio 1899 da Giacomo Boni, che raccontò di averlo identificato a seguito di un non ben chiaro sogno profetico; un brano di Festo

Niger lapis in comitio locum funestum significat, ut alii dicunt Romuli morti destinatum, sed non usu obvenisse ut ibi sepeliretur, sed Faustulum nutricium eius, ut alii dicunt, Hostilium avum Tulli Hostilii regis.

ossia

La pietra nera indica nel comizio un luogo funesto, che alcuni dicono destinato al sepolcro di Romolo, ma che non accadesse più che ivi si seppellisse, ma alcuni dicono (destinato a tomba) di Faustolo suo educatore, altri di Ostilio avo del re Tullo Ostilio

lo fece immediatamente associare a Romolo.

Giacomo, sotto una pavimentazione in marmo nero transennata di marmo bianco, approssimativamente quadrata, trovò un complesso arcaico. composto da una piattaforma sulla quale era posto un altare a forma di U, dotato di basamento e di un piccolo cippo fra le ante, e due basamenti minori i quali reggono, rispettivamente, un cippo a tronco di cono e un cippo piramidale, quest’ultimo con la famosa iscrizione bustrofedica, in latino arcaico.

L’altare ha una tipologia canonica, con la sagoma del basamento a doppio cuscino sovrapposto. Il tutto era situato all’aperto, come dimostrano le ossa dei sacrifici e gli ex voto ceramici o bronzei rinvenuti sotto e attorno ai basamenti, a testimonianza dei riti compiuti in onore dell’eroe fondatore.

Complessa è l’interpretazione dell’iscrizione

QUOI HON […] / […] SAKROS ES / ED SORD […]
[…] OKA FHAS / RECEI IO […] / […] EVAM / QUOS RE[…]
[…]KALATO / REM HAB[…] / […]TOD IOUXMEN / TA KAPIAD OTAV[…]
[…]M ITER PE[…] / […]M QUOI HA / VELOD NEQV[…] /[…]IOD IOUESTOD
LOVQVIOD QO[…]

Che secondo l’ipotesi più accreditata, dovrebbe significare

Sia sacrificato agli dei inferi colui che violi quest’area sacra
Chi abbia commesso impurità nel rito funerario paghi al re come saldo della multa il patrimonio familiare
Se il re venga a sapere che alcuni transitino per la via vicina al luogo sacro allora per voce dell’araldo in ottemperanza ad una legge pubblica sequestri i loro animali da soma
Di chi voglia intraprendere il cammino sia la responsabilità. Il re non consenta a nessuno di intraprenderlo,se non per legittimo decreto.

In somma una sorta di articolato e punitivo “divieto d’accesso ai non autorizzati”, dato che probabilmente solo il re e i suoi delegati potevano compiere i riti in onore dell’eroe fondatore. Ora, l’heroon fu probabilmente profanato ai tempi del saccheggio gallico e quindi sepolto, come luogo nefasto nella ricostruzione del Foro.

Fu al contempo ricostruito un nuovo heroon commemorativo nelle vicinanze, riutilizzando parte del materiale del vecchio: Dionigi d’Alicarnasso, in visita alla città all’epoca di Augusto, ricordò la presenza di una statua di Romolo nel Volcanale accanto ad un’iscrizione in caratteri “greci”. Al contempo, Varrone ricorda due leoni accovacciati, figure tipiche, in Italia come in Grecia, di guardiani dei sepolcri.

Però, un heroon, per avere senso, doveva essere nelle vicinanze di una tomba o di un cenotafio dedicato all’eroe fondatore, cosa testimoniato anche dalla citazione agli dei infernali nell’iscrizione, che farebbe pensare alla presenza di un antico sepolcro incluso ormai nell’abitato.

E il sepolcro arcaico ritrovato, potrebbe svolgere proprio questo ruolo…

5 pensieri su “Il sepolcro di Romolo ?

    • Esiste una figura storica, di un capo villaggio del Palatino, che ha unito i vici latini in un sinecismo, di cui ignoriamo nome e gens (alcuni indizi annalistici e ritrovamenti archeologici fanno pensare che appartenesse alla gens Ostilia e che nel periodo antecedente alla conquista etrusca era identificato con Ostio Ostilio, antenato eponimo di tale gens… I re etruschi hanno “eroicizzato” e riletto questa figura, trasformandolo nel “Romolo”

      • Però è esistito tale personaggio, dal nome imprecisato, che ha unito i villaggi in una concezione avanzata di comunità, archetipo del successivo globalizzatore romano e del nostro mondo globalizzato, o no?

  1. Pingback: Tornando a parlare dell’heroon di Romolo | ilcantooscuro

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