Il Teatro Romano di Milano

L’importanza di Mediolanum, nell’antica Roma, cominciò progressivamente a crescere ai tempi di Cesare: il divo Giulio, infatti utilizzò la città come base logistica per organizzare la sua spedizione in Gallia e per arruolare i soldati della fedelissima Legio X, tanto che nel 49 a.C., nell’ambito della La Lex Roscia, presentata dal pretore Lucio Roscio Fabato, che concedeva il Plenum ius ai cittadini della provincia della Gallia Cisalpina, ossia la cittadinanza romana, venne elevata allo status di municipium civium romanorum.

Il processo continuò ai tempi di Augusto, accentuato dalla conquista di Rezia e Norico, di cui Mediolanum costituiva il punto di riferimento politico ed economico: di conseguenza, la città fu oggetto di una ristruttuazione urbanistica, che portò alla costruzione di nuove infrastrutture e di edifici pubblici, a testimonianza dello status raggiunto.

Il primo grande edificio pubblico di Mediolanum, quasi a essere un presagio del futuro, fu un teatro, eretto nella zona occidentale della nei pressi di Porta Vercellina e delle mura, non lontano dal decumano massimo, le nostre via Santa Maria alla Porta e via Santa Maria Fulcorina, che portava al Foro cittadina.

Scelta che dipese da due fattori: da una parte, la presenza di importanti strade facilitava l’accesso al teatro da parte del pubblico, sia proveniente dalla città sia che venisse dalle zone limitrofe. Dall’altra, l’area coincideva, come testimoniano i resti di lussuose domus, con la “Milano Bene”, in cui dimoravano le élite della città, pronte a finanziare, per motivi di prestigio, gli spettacoli teatrali.

Il teatro, nella Gallia Cisalpina dell’epoca, faceva la sua porca figura… Dalla forma semicircolare, come prescriveva il buon Vitruvio, era alto 20 metri, con un diametro di 95 metri e una capienza di 8 000 spettatori, in un’epoca in cui Mediolanum contava all’incirca 18 000 abitanti. Grazie alla sua altezza, superava le mura cittadine che sorgevano poco lontano e quindi poteva fungere da punto di riferimento per i viaggiatori e i mercanti che provenivano dalla via delle Gallie, che conduceva verso Augusta Prætoria (Aosta) passando da Novaria (Novara) e che portava poi in Gallia Transalpina, e la via Gallica, arteria stradale che collegava Mediolanum a Augusta Taurinorum (Torino) passando da Vercellae (Vercelli).

Il teatro aveva, ovviamente una facciata esterna curva, a due piani, con oltre quindici arcate per ciascun livello, che ospitava, sul suo lato interno, la cavea, le gradinate degli spettatori, che poggiavano su camere inferiori con soffitto a volta, disposte a raggiera intorno al palco per gli attori , il pulpitum. Un corridoio centrale divideva le gradinate in due settori, permettendo al pubblico di accedere al posto assegnato.

Nel palco destinato agli attori la parete di fondo (frons scaenae) aveva colonne di marmo bianco e in calcare disposte su due o tre piani, tra le quali erano collocate nicchie con statue. Esternamente al teatro, adiacente al palco degli attori, era presente un grande porticato coperto rettangolare (porticus post scaenam) con colonne di ordine ionico, chiuso all’esterno, e provvisto di giardino centrale destinato alla sosta degli spettatori durante le pause delle rappresentazioni oppure in caso di pioggia.

I muri del teatro romano di Milano erano costituiti da file di ciottoli alternate, superiormente e inferiormente, da file di mattoni. Le mura del teatro erano rivestite da pietra oppure da un intonaco.

L’edificio seguì tutte le traversie della Milano romana: da una parte, quando divenne capitale imperiale, fu arricchito di marmi e di opere d’arte. Ausonio, il gran ruffiano, lo cita nella sua guida turistica poetica della città

A Mediolanum ogni cosa è degna di ammirazione, vi sono grandi ricchezze e numerose sono le case nobili. La città si è ingrandita ed è circondata da una duplice cerchia di mura. Vi sono il circo, dove il popolo gode degli spettacoli, il teatro con le gradinate a cuneo, i templi, la rocca del palazzo imperiale, la zecca, il quartiere che prende il nome dalle terme Erculee. I cortili colonnati sono adornati di statue di marmo, le mura sono circondate da una cinta di argini fortificati. Le sue costruzioni sono una più imponente dell’altra, come se fossero tra loro rivali, e non ne diminuisce la loro grandezza neppure la vicinanza a Roma.

Dall’altra, come dire, rese più popolari i suoi spettacoli, rendendoli più adatti a un pubblico di bocca buona. Alla fine del IV secolo, secondo quanto riferisce il poeta Claudiano, la sua orchestra fu trasformata in una specie di piscina dove mime seminude si esibivano in danze.

Il teatro mantenne la sua funzione originaria fino al IV o al V secolo, quando gli editti di Teodosio e la progressiva conquista di potere da parte della Chiesa iniziarono ad ostacolare le rappresentazioni teatrali e i giochi negli anfiteatri.

L’ultimo spettacolo di cui ci è giunta notizia è la proclamazione a console, all’interno del teatro, di Manlio Teodoro, uno scrittore e grammatico romano, amico di Sant’Agostino e autore di un trattato di metrica latina assai noto nel Medioevo. In tale occasione si svolse anche una naumachia. Dopo questa ultima rappresentazione teatrale, l’edificio iniziò a essere spogliato degli arredi e dei materiali più preziosi.

Chiesa_di_San_Vittore_al_teatro

Tuttavia, l’edificio non fu abbandonato, diventando progressivamente sede delle riunione dell’assemblea cittadina: come gran parte della città, il teatro venne distrutto da Federico Barbarossa nell’assedio di Milano del 1162. Di conseguenza, l’edificio divenne una sorta di cava a cielo aperto, per fornire materiale per la ricostruzione, e sulle sue rovine cominciarono a costruire chiese, tra cui la chiesa di San Vittore al Teatro, fondata nel 1170, da San Galdino, tanto brontolone, quanto generoso nell’assistere i poveri e gli afflitti, nel luogo dove si era nascosto per sfuggire alle soldataglie tedesche.

Secondo un disegno della chiesa al 1605, la chiesa, in mattoni e in stile tardo gotico, la pianta aveva forma rettangolare suddivisa in tre navate. Il presbiterio era rialzato dal resto dell’aula e protetto da una balaustra che riprendeva la forma semicircolare dell’abside: vi erano due cappelle laterali sul lato sinistro della chiesa dando le spalle all’altare.

Nel 1622 la chiesa fu ricostruita su progetto di Francesco Maria Richini, architetto barocco tanto geniale, quanto sottovalutato, nelle forme che l’edificio ebbe fino alla sua demolizione: la nuova struttura si presentava ad un’unica navata con cinque cappelle, con una splendida facciata, simile a quella del Santuario di Sant’Invenzio a Gaggiano. Peccato che fu demolita nel 1911.

I resti del teatro vennero rapidamente ricoperti da altre costruzioni e dell’antica struttura romana si perse memoria venendo riscoperta solo verso la fine del XIX secolo, nel 1880, durante la costruzione di Palazzo Turati, in stile neorinascimentale, che prende il nome dai committenti, due ricchissimi commercianti di cotone dell’epoca. I mezzi dell’epoca non permisero però il riconoscimento del tipo di edificio a cui appartenevano i ruderi, benché il progettista del palazzo, Enrico Combi, si espresse più volte a favore di tale interpretazione

Nel 1929 sorse sui suoi resti anche Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa di Milano; la camera di Commercio meneghina, che trovava inadeguata la vecchia sede a Piazza Cordusio, aveva comprato palazzo Turati, con l’intenzione di ristrutturarlo e trasferirvi le sue attività.

Ma l’architetto Paolo Mezzanotte, all’epoca assai quotato, li convinse a finanziare un nuovo palazzo, più moderno e adeguato alle esigenze di Piazza Affari. E mantenne le promesse, dato che realizzò una struttura all’avanguardia per l’epoca in Italia: fu il primo a prevedere l’esecuzione automatica delle chiamate simultanee degli ascensori, aveva un sistema di condizionamento dell’aria funzionante con acqua e vapore ed ospitava il più grande quadro luminoso elettrico d’Italia che permetteva la visione della quotazione in tempo reale dei 78 titoli ammessi alla Borsa di Milano.

Durante i lavori, Paolo Mezzanotte si accorse delle rovine romane: invece di demolire e interrare tutto, come successo spesso, anche in tempi recenti, a Milano, contattò l’archeologa Alda Levi, all’epoca responsabile della Regia Soprintendenza ai Monumenti di Milano, che finalmente riuscì a riconoscerli pertinenti al Teatro Romano.

Ulteriori studi vennero effettuati verso la fine degli anni quaranta e da alcune indagini archeologiche nel 1988 e nel 2005.

I resti del teatro sono visitabili, almeno quando vivevo e lavoravo su, gratuitamente e previa prenotazione, nei sotterranei di Palazzo Turati in via San Vittore al Teatro 14. Oltre a una presentazione dell’antica Mediolanum, sono visibili anche alcuni capitelli, probabilmente appartenenti al palco degli attori, una porzione di una colonna del muro che faceva da sfondo al palco, lo scavo di un pozzo medioevale, un piccolo forno, pali di fondazione originali in legno di rovere, alcune parti delle fondamenta dell’edificio e alcuni resti del porticato colonnato esterno che era adiacente al palco. Tra i resti si riconosce anche un corridoio pedonale semicircolare che divideva la gradinate più elevate (summa cavea) dalle gradinate più basse (ima cavea).

Altri resti del teatro sono stati rinvenuti in piazza Affari 5 e in piazza Affari 6, con il primo sito che non è visitabile da parte del pubblico e il secondo che lo è solo su richiesta. In piazza Affari 5 sono situati due pilastri in pietra facenti parte della parete curvilinea del teatro, quella delle gradinate degli spettatori, mentre in piazza Affari 6, nei sotterranei di Palazzo Mezzanotte, sono conservate parte delle fondamenta del palco degli attori.

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