Gli horrea di Mediolanum

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Ho il sospetto, magari infondato, che la palma dei monumenti romani meno noti di Mediolanum sia da assegnare agli horrea, i depositi pubblici in cui diverse merci venivano immagazzinate prima di essere distribuite, gratis o a prezzo politico, alla plebe.

Il nome deriva dal termine vocabolo “hordeum” ,orzo, a indicare il loro scopo originale, ossia lo stoccaggio delle granaglie, nato a supporto delle distribuzioni frumentarie volute tribuno della plebe Caio Sempronio Gracco, nell’ultimo quarto del II secolo a.C., che furono tra le cause della sua pessima fine.

Roma ne era strapiena, dovendo mantenere una quantità industriale di scrocconi, e di ogni tipo: si andava dagli horrea candelaria, dove erano conservate le candele, all’epoca un bene primario, data la mancanza di altre fonti economiche di illuminazione, noti dal frammento 44 della Forma Urbis Severiana che permette di localizzarli sul Celio, a Nord del Balneum Caesaris, nei pressi dell’incrocio fra il Clivus Scauri e il Clivus Victoriae, agli horrea cartaria, destinati al papiro, di cui è ignota la posizione, o agli horrea piperitaria, destinati alle le spezie, adiacenti alla Basilica di Massenzio.

In alcuni troviamo la denominazione del personaggio che ne volle la costruzione, come nel caso degli horrea Galbana, ad opera del console Servio Sulpicio Galba,situati nei pressi dell’antico porto fluviale dell’Emporium e dietro la Porticus Aemilia o dal nome dei proprietari, come gli horrea Epagathiana et Epaphroditiana, visitabili ancora oggi ad Ostia antica. Gli Horrea Agrippiana alle pendici del Palatino, dove il Vicus Tuscus (la strada che prese nome dalla colonia etrusca giunta a Roma con Tarquinio il Superbo) si avvia verso il Velabro, erano una delle piazze più febbrili per l’economia, ricchissima di botteghe e imprese commerciali di ogni genere, una sorta di centro commerciale dell’epoca.

Dal punto di vista architettonico, gli horrea erano edici caratterizzati da una serie di cellae dove venivano stipati i diversi tipi di alimenti e dove alloggiavano gli schiavi incaricati della manutenzione e della custodia degli stessi magazzini. Inoltre erano dotati spesso di uno o più cortili con diversi accessi e di pozzi per l’approvvigionamento delle acque.

Oltre a quelli di uso civile, esistevano gli horrae militaria, destinata alla conservazione della salmerie per le legioni, di solito capannoni di forma allungata e con pavimento rialzato, costruiti con pareti dotate di contrafforti laterali per contenere le spinte delle granaglie stivate e tetto a doppio spiovente, riforniti tramite l’annona militaris la tassa imposta alle province per il mantenimento dell’esercito.

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Tornando a Mediolanum, l’horreum più antico, risalente all’età dei Flavi, era proprio di tipo militaria, destinato al rifornimento delle legioni destinate al presidio della Raetia, del Noricum e della Pannonia Superior. I suoi resti, conservati nei garage di un palazzo in via dei Piatti 11, accanto alla chiesa di Sant’Alessandro in Zebedia, ritrovati tra il 1961 e il 1962, consistono a due tratti di mura lunghi almeno 30 metri, con le fondazioni costituite da strati di ciottoli e malta con l’alzato realizzato con un nucleo in conglomerato racchiuso tra due pareti in mattoni.

Lo sviluppo lineare delle murature scavate, assieme al loro imponente spessore ha permesso di identificare il complesso come un horreum, il cui limite meridionale doveva forse corrispondere all’attuale via Olmetto. Probabilmente ai tempi di Settimio Severo, il complesso fu monumentalizzato e forse cambiò destinazione d’uso, diventanto forse un archivio cittadino, tanto da essere decorato con una scultura bronzo, con la rappresentazione della dea Virtus o della dea Roma, trovata sotto il crollo
dei muri circostanti: potrebbe essere ricondotta alla decorazione di un carro facente parte di un gruppo scultoreo.

Parallelo a uno dei muri di via dei Piatti 11, è un selciato stradale, oggi non visitabile per questioni di sicurezza: esso è costituito da un’ottantina di basoli in pietra calcarea, probabilmente di Saltrio, di varia dimensione e forma disposti in filari orizzontali.

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Massimiano, quando rese Mediolanum capitale imperiale, per ragioni di prestigio dovette replicare le distribuzione di frumento gratuite alla plebe locale: per sua fortuna, il numero di scrocconi presenti nella città della Gallia Cisalpina era assai più ridotto rispetto all’Urbe: per cui, si limitò a realizzare un complesso di horrea situato nei pressi della cerchia muraria, circondata dal fossato che facilitava gli approvvigionamenti di merci.

Gli horrea, i cui resti sono sono stati ritrovati nell’attuale via dei Bossi, al numero civico 4, nei pressi di via Broletto, sorgevano lungo la strada diretta verso l’antica Novum Comum (Como). Le imponenti murature, messe in luce durante gli scavi del 1958 e del 1964-65, mostrano un vasto edificio rettangolare, di cui restano tratti dei muri perimetrali.

Questa struttura, larga 18 metri e lunga 68, suddivisa internamente in quattro navate da tre file di sedici pilastri, di cui quelli centrali di dimensioni maggiori; le facciate interne erano ritmate a distanza regolare dalla presenza di paraste in laterizi. A nord una muratura delimitava probabilmente uno spazio aperto collegato ad un secondo magazzino (posto ad occidente), come documentato in analoghi monumenti a Treviri e ad Aquileia.

Dal punto di vista della tecnica edilizia, ancora oggi si possono apprezzare le fondazioni murarie realizzate in strati di ciottoli e malta,su cui sorgevano le pareti rivestite in mattoni e probabilmente decorate all’esterno da arcate cieche che inquadravano le finestre.

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