Aula Viridis

Il poeta e viaggiatore arabo-andaluso Ibn Jubayr, quando visitò Palermo, oltre a rimanere impressionato dalla Martorana, racconta come entrato in città dalla Bab al-abna’, la Porta Aedificiorum, i cui resti sono stati rinvenuti negli scavi sotto le Sale del Duca di Montalto del Palazzo dei Normanni, prima di raggiungere la Galka e prendere la Via Tecta, la strada porticata fatta erigere dagli Altavilla, a imitazioni di quelle di Costantinopoli, la sua attenzione fosse attratta da un antico edificio.

Si tratta dell’Aula Viridis, la Sala Verde, forse l’Aula Regia ricordata dal Falcando, uno spazio adibito alla sosta temporanea di viaggiatori. Qui il re riceveva gli ospiti, gli ambasciatori e le alte personalità e sempre qui solevano tenersi i sontuosi banchetti ricordati nelle fonti.

Il poeta di corte di Ruggero II, l’arabo Abd ar-Rahman bin Muhammad al-Butiri, ossia nato a Butera, la definisce mal’ab, ossia un luogo utilizzato per adunanze e spettacoli, risalente ai tempi antichi. Stesso termine che il geografo arabo Idrisi utilizzava associato all’anfiteatro di Termini Imerese o al Teatro di Taormina.

Da queste scarne informazioni, possiamo dedurne due cose: che fosse posta dove è la nostra Villa Bonanno, antistante al Quartiere degli Spagnoli e che fosse un edificio di epoca classica, risalente ai tempi di Panormus.

Che oltre a scopi di rappresentanza, l’Aula Viridis fosse utilizzata anche come sede di assemblee pubbliche, ci è noto dal racconto dell’avventuriero e mercenario catalano Ramon Muntaner, che dopo avere combattuto tra gli almogaveri di Roger de Flor, ritiratosi a vita privata, decise di scrivere una cronaca delle vicende che lo avevano visto testimone

Ricordando un suo soggiorno palermitano del 1283, Ramon così racconta

“Sindachi e Deputati, magnati e cavalieri si radunarono nella gran Sala verde, dov’era stato eretto un soglio per la reina e per altri per gli infanti, pe’ magnati e cavalieri; tutti gli altri indistintamente si assisero per terra, dove erano stati distesi arazzi”

Tuttavia, nonostante la continua frequentazione, sappiamo che prima della metà del XIV sec. la grande sala minacciava rovina. Un documento del 1340 si rivolgeva a Re Pietro II affinchè intervenisse, riparando i guasti dovuti ad un rovinoso crollo che coinvolgeva anche ambienti limitrofi

vicesimo secundo die mensis octobris Intantis VIII indictionis una pars tecti dicte sale viridis quod a diu ruinam inesse veraciter pretendebat cecidit et ectiam due trabes ejusdem sale que erant Juxta trabes que de mandato benignitatis serenissimj regis clare memorie reveretissimi genitoris vestri fuerunt in eodem tecto de bnovo posite sunt propter dictum casum prostrate et (o ad) sale viridis locj Regij famosissimj per orbis climata divultgatj deformationem et suj tanti nominis detrimentum…

Il re aragonese, per tenere buoni i sudditi palermitani, decise di finanziare il restauro, ma poco dopo, un incendio, provocato dagli scontri tra i filocatalani e i latini, ossia gli indipendentisti, danneggio tutto il complesso nel 1348, tanto che uno degli ultimi atti del giovane re Ludovico d’Aragona prima di morire di peste fu l’ordine di riparare sia la Sala Verde, sia la Cappella Palatina. I lavori furono commissionati a tale Ughetto “de mediolano” e l’Universitas palermitana chiese che il denaro per il restauro venisse trovato dalla confisca dei beni dei colpevoli.

Nel Quattrocento, anche per la diminuita importanza delle assemblee popolari nella gestione cittadina, l’interesse per la Sala Verde scemò notevolmente e l’edificio divenne una comoda cava a cielo aperto. Tra il 1445 e il 1456 si datano alcuni documenti conservati nei Registri della Conservatoria del Real Patrimonio, nei quali si stabilivano concessioni in relazione a “… la vindicioni di la petra di la sala viriti di lu palazzu di la dicta chitati…”. Nel 1447 pietre vennero cavate e concesse ai monaci Carmelitani per la costruzione del monastero di S. Antonio e nel 1468 un cospicuo quantitativo di materiale fu usato per il cimitero dell’Ospedale Maggiore.

Nel 1554 il complesso fu definitivamente demolito, per favorire la costruzione dei bastioni, concepiti per difendere Palermo da un eventuale attacco turco. Così Fazello si lamentava di tale decisione

largo, spatioso, e tanto grande, che si potevano far dentro spettacoli e giochi, e già i Re facean quivi le concioni al popolo. Tutto il pavimento era fato di marmo, e ‘l muro, che lo circondava verso mezzogiorno, era al mio tempo tutto intero, e vi si vedea dentro una meravigliosa grandezza di sassi, et una bellissima antichità di Palermo, ma la poca considerazione, e la ignorantaggine dei ministri del Re, sono state cagione della sua rovina, perocché l’hanno rovinato per servirsi di quei sassi nella fabbricadelle nuove muraglie, il che fu l’anno 1549,come se la città di Palermo non havesse dentro e
fuori le cave delle pietre da potersene servire in così fatti bisogni.

La piazza del detto Theatro al mio tempo s’arava, e si zappava et i contadini spesso s’imbattevano in qualche bella lastra di marmo. Ma l’anno 1554 fu tutta quanta insabionata e col cilindro fatta uguale e spianata.

Ma cosa era in origine la Sala Verde? Basandosi sulle testimonianze arabe verrebbe da pensare come fosse una sorta di Odeon o di Teatro dell’antica Panormus. Ipotesi rafforzata dal fatto come tali edifici, in epoca medievale, fossero usati come sedi di assemblea e dalla facilità con cui avvenne il recupero di marmi e pietre, il che farebbe pensare come l’edificio fosse realizzato in muratura e autoportante, come il Teatro Marcello.

Il fatto poi che l’area centrale sia stata colmata con sabbia potrebbe fare pensare che almeno parzialmente esso potesse sfruttare un naturale declivio, cosa che non stupirebbe affatto data la frequenza di tale accorgimento anche nell’edificazione dei teatri romani.

Tuttavia non abbiamo idea di quanto sia affidabile la testimonianza di Fazello poiché lo storico visitava la Sala in un periodo in cui l’ambiente era largamente in rovina, mutilato e lontano, nella forma, dall’aspetto originario perché privo di copertura; ai tempi dei normanni, invece, era dotata di tetto con volte a cassettoni. Inoltre, la pianta dell’edificio era rettangolare, cosa che poco si sposa con un teatro.

Per cui, si è pensato, anche, data la vicinanza a quello che poteva essere l’antico Foro della città. basilica romana, un ampio spazio coperto, un’aula ove si discutevano gli affari pubblici. Ridotta a rudere durante il medioevo, a seguito della costruzione del Palazzo Reale la basilica non venne abbattuta, ma integrata nel circuito murario. Alcuni studiosi, invece, hanno pensato a una sorta di Macellum, mercato coperto, in continuità con la vocazione commerciale della vicina Albergheria, o a una sorta di ginnasio, ipotesi poco probabile, data l’origine fenicia di Palermo.

2 pensieri su “Aula Viridis

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