
Ho scorto lungi, sulla riva del mare, la torre che si chiama di Scipione. All’estremità di un casamento, formato da una cappella e da una specie di albergo, mi son trovato in un campo di pescatori intenti a rappezzare le reti presso una vasca. Due fra essi mi hanno posto in barca e condotto ad un ponte sul luogo della Torre.
Ho passato dune su cui crescono lauri, mirti e piccoli olivi. Salito con fatica in cima alla torre, ho contemplato il mare sul quale si affisò tante volte Scipione; non sono sfuggiti alla mia religiosa ricerca alcuni avanzi di volte detti le Grotte di Scipione; pieno di rispetto premevo il suolo onde eran coperte le ossa di chi cercò la solitudine alla sua gloria
Così Chateaubriand raccontava una sua gita in quelle che oggi sono le spiaggie di Marina di Varcaturo, dove, adiacente alla sponda sinistra del Lago Patria, vi era la colonia romana di Liternum, fondata per dare una casa e terra da coltivare ai veterani della Secondo Guerra Punica.
Luogo famoso, per essere stato l’ultima dimora di Scipione l’Africano: dopo la vittoria contro Antioco III di Siria, lui e il fratello Lucio furono accusati da Catone il Censore di essersi intascati sottobanco parte dei 15000 talenti che il re seleucide doveva pagare a Roma, come rimborso delle spese di guerra e di essersi impadroniti senza permesso di vasi d’oro e d’argento presi nell’accampamento nemico.
Amareggiato da questa sorta di Tangentopoli e della relative polemiche, il vincitore di Annibale mandò tutti al diavolo e si ritirò presso i suoi veterani, e si ritirò in volontario esilio nella sua modesta e arroccata villa a Liternum, dedicandosi ai lavori agricoli, come racconta Valerio Massimo
“piantando mirti e olivi con le proprie mani”
il quale narra come
“nell’amarezza del suo cuore per l’ingratitudine de’ suoi concittadini, Scipione ordinò in punto di morte che fossero scolpite sul suo sepolcro le celebri parole :“Ingrata Patria, ne ossa quidem mea habebis” (ingrata Patria, non avrai neanche le mie ossa) e pare infatti che “il pezzo di marmo con la parola “patria” incisavi, rinvenuta in quel luogo appartenesse alla sua tomba”
Ora, Liternum, si trasformò rapidamente da paesino agricolo, in una fiorente città, grazie alla posizione favorevole lungo la via Domitia. La sua ricchezza era basata sull’agricoltura, sulla piscicoltura praticata nel Lago Patria e sullo sfruttamento della sabbia delle spiagge di Marina di Varcaturo: essendo questa particolarmente fine e bianca, era particolarmente ricercata ai tempi dell’antica Roma per la produzione del vetro di lusso.
Questo boom economico è testimoniato da quello che, secondo numerosi archeologi, potrebbe essere il più antico anfiteatro in muratora del mondo romano, costruito a metà del II secolo a.C. su un terrapieno di sabbia, subito a sud della città, dove adesso sorge la casa cantoniera della Domiziana.
Grazie alla ricerca archeologica condotta nei primi anni 2000 abbiamo idea delle sue dimensioni, (85/90 x 65/70 m), per una capienza di circa 5000 spettatori, che divennero per lungo tempo una sorta di standard de facto per le vicine città campane. In maniera analoga all’anfiteatro di Cuma, di qualche anno più recente, per risparmiare sui costi e sui tempi di costruzione, la cavea dell’edificio è addossata in parte alla collina e in parte al terrapieno sostenuto da muri di contenimento.
Inoltre, come l’anfiteatro di Cuma e quello di Pompei, a testimonianza del fatto che all’epoca di venationes se ne facessero pochine e che il pubblico si accontentasse di scenografie spartane, mancano i sotterranei. Sempre da questi scavi, risulta come l’edificio avesse solo due accessi, a Nord e a Sud, a riprova della sua antichità: l’architetto repubblicano che lo progettò non aveva ben chiare le problematiche legate all’accesso e al deflusso del pubblico, che tanto faranno impazzire i suoi emuli delle generazioni successive.
Tra il I e il II secolo d.C. visto che tutti i limiti connessi alla sua precocità costruttiva si stavano evidenziando, l’anfiteatro fu oggetto di una profonda ristrutturazione: nella cavea fu realizzata la sovrapposizione alla prima gradinata di una seconda con una maggiore pendenza allo scopo di aumentare la capienza complessiva, senza dover ampliare l’edificio. Un terzo restauro avvenne ai tempi dell’imperatore Gordiano III.
Ora, per i casi della vita, l’Anfiteatro di Liternum, oltre al primo ad essere costruito, fu probabilmente anche tra gli ultimi a essere restaurato: nela seconda metà del IV sec. un consularis Campaniae, Domitius Severianus finanziò la sua ristrutturazione, assieme a quella del teatro cittadino e di un edificio termale, il balneum Veneris, longi temporis vetustate corruptum
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