Teodeberto e la guerra gotica

E’ accennato di sfuggita, sui libri di testo, ma i Franchi ebbero un ruolo assai importanti nelle guerre gotiche, provocando diversi problemi sia a Belisario, sia a Narsete. Il primo a mettere bocca nelle vicende italiane fu un personaggio che di certo per le sue abilità di guerriero, per il suo amore per il vino, il cibo e le belle donne e per la sua capacità di provocare, anche inconsapevolmente, casini epocali, farebbe apparire Robert Baratheon un noioso e bigotto moralista: si tratta di Teodeberto I, nipote di Clodoveo

Come sue padre Teodorico, era un figlio illegittimo, ma i merovingi, su queste cose, erano molto più liberal di noi: in compenso, a differenza del resto della famiglia, che non perdeva occasione per spaccarsi la teste a mazzate per le discussioni sull’eredità, Teodeberto andava d’amore e d’accordo con i suoi fratellastri, che in fondo, preferivano bisbocciare con lui, piuttosto che litigare per un cosa, il Potere, di cui avevano i vantaggi, senza gli svantaggi.

Il suo esordio, fu senza ombra di dubbio, epico: intorno al 515, i goti e i dani, secondo quanto racconta Gregorio di Tours, misero a ferro e fuoco la Frisia: Teodeberto, appena adolescente, fu messo a capo di un grande esercito di franchi. Non solo sconfisse e disperse i predoni, ma uccise in duello il loro capo, Chlochilaicus.

Chi era costui? Ebbene è uno dei primi tizi che si studia nella storia della letteratura inglese: si tratta di Hygelac, nonno di Beowulf, che prese anche lui la sua dose di randellate da Teodeberto, che si può vantare tranquillamente d’aver malmenato un eroe di poemi epici e massacratore di draghi, per dare una giusta misura alla sua ignoranza.

Da quel momento in poi, Teodeberto divenne braccio destro del padre. Nel 524, partecipò alla fallimentare tentativo di conquista della Borgundia, dove lo zio Clodomiro perse letteralmente la testa, che fu posta sopra una picca dai nemici e alle complesse vicende legate alla sua successione.

I tre figli di Clodomiro, Teobaldo, Guntario e Clodoaldo, vennero affidati alla custodia della nonna, santa Clotilde, moglie di Clodoveo e il suo regno venne diviso tra i fratelli Clotario I (che aveva preso in moglie la vedova di Clodomiro, Gunteuca) e Childeberto I, nell’attesa che i legittimi eredi avessero raggiunto la maggiore età. Ma Clotario I e Childeberto I si accordarono per spartirsi il regno e fecero sopprimere i due nipoti più grandi: solo Clodoaldo scampò all’eccidio e riuscì a nascondersi fino alla età adulta, accettando poi di farsi monaco.

Ma i due compari cominciarono subito a litigare tra loro, Childeberto, per diventare unico re, tenta di eliminare in battaglia Clotario. In questo groviglio sanguinoso, Clotilde lottò con le suppliche ai figli, con notti di preghiera sulla tomba di san Martino. E proprio al santo attribuì l’evento risolutore: un nubifragio che impedisce il combattimento, quando Clotario era già circondato. Clotilde resta l’unica a ostacolare l’autodistruzione della famiglia. A dire il vero, una grossa mano la diede anche Teodeberto: mentre il padre applicava il principio

“Io sono meticcio e di questi affari non mi impiccio”

Teodeberto minaccio di spaccare a mazzate la teste dei due litigiosi zii, se non avessero trovato un accordo: conoscendo il pessimo carattere del nipote, i due accettarono di buon grado una riconciliazione.

Se Clotilde passò alla storia come santa, Gregorio di Tours dice

“Non era più considerata regina, ma un’ancella di Dio, lei che non fu portata alla rovina dall’ambizione, ma che dall’umanità fu innalzata alla grazia”

Teodeberto, convinto sostenitore del fatto che la violenza non è una soluzione a tutti i problemi, ma spesso aiuta, diede una mano al padre Teodorico nella lunga e faticosa conquista della Turingia. In quello stesso periodo Teodeberto fu fidanzato con la principessa longobarda, Visigarda, figlia del re Vacone.

All’epoca, i longobardi, a tutto pensavano tranne che a migrare in Italia, sfruttando l’alleanza con Giustiniano avevano messo in piedi un grande regno, esteso dalla Boemia alla Pannonia: Teodorico, sperava di sfruttarne l’alleanza, per espandersi ulteriormente in Germania. Ma Teodeberto gliene fece una delle sue.

Sempre secondo Gregorio di Tours, Teodeberto, l’erede del re dei Franchi d’Austrasia, fece un’incursione contro i Visigoti della Settimania, arrivando a Biterris, la nostra Beziers, dove risiedeva Deoteria, una donna gallo-romana, vedeva di un funzionario locale, la quale fungeva da governatrice della città. Deoteria, di fronte alle minacce del condottiero franco, che chiedeva la resa della città, lo invitò ad entrare in pace. Ed a seguito del loro incontro, Teodeberto si invaghì della donna e ne fece la sua amante, mandando a ramengo il fidanzamento con Visigarda e i sogni di gloria del padre.

Il quale non diseredò Teodeberto, semplicemente perché gli altri figli erano ancora peggio: quando Teodeberto seppe che suo padre Teodorico, era gravemente malato, si precipitò al suo capezzale lasciando Deoteria e la figlia (che aveva avuto dal precedente matrimonio) in Alvernia. Dopo la morte del padre, i due si sposarono e Deuteria partorirà, Teobaldo, che erediterà il trono e i difetti del padre, senza i pregi.

Nel 534, assieme agli zii, Childeberto e Clotario I, invase la Burgundia e, dopo la conquista, se la spartì con gli zii. Lo zio, Childeberto, che non aveva figli lo adottò, nominandolo suo erede; nel frattempo, Teodeberto si godeva la vita, scandalizzando anche il buon Procopio di Cesarea, che, a Costantinopoli, ne aveva di certo viste di tutti i colori. Queste sono le cose più morigerate e meno censurabili di cui lo accusava

Ed eccoli ora ad Arles a guardare le gare ippiche, eccoli battere una moneta d’oro con il metallo delle miniere galliche e imprimere in quello statere non già secondo la consuetudine l’effigie dell’imperatore romano, bensì la loro.

Insomma, oltre a gozzovigliare, Teodeberto si atteggiava a basileus: tanto che il sant’uomo Aureliano d’Arles, d’incredibile pazienza, gli scrisse un’elegante epistola in latino, in cui lo elogiava per le sue virtù e lo esortava a seguire i principi della morale cristiana

a christiano principe inxstimabilis ratio Deo reddenda est.

Esortazione che capitò a fagiolo, visto che nella corte di Teodeberto, di scandali ne succedevano a iosa. Il più eclatante coinvolse Deoteria, che, per la paura che il marito fosse preso dal desiderio per la figliastra, Deoteria, nei pressi di Viridunum, la fece accomodare su una portantina, che, trainata da buoi selvatici, attraversando un ponte, precipitò nel fiume sottostante, provocando la morte della fanciulla.

Dinanzi a tale evento, a malincuore dovette ripudiare Deoteria e sposarsi la vecchia fidanzata longobarda: dato che nel frattempo, Teodeberto si annoiava a morte, decise di mettere il becco nelle vicende d’Italia, nella speranza di guadagnarci qualcosa. Il problema è che il nostro eroe aveva appena stipulato un accordo di alleanza con Giustiniano a fronte di un ricco sussidio, che non aveva nessuna intenzione di perdere: per cui diede la guerra in outsourcing, arruolando un contingente di 10000 borgundi, che sarebbero stati messi a disposizione del goto Vitige. Metà del bottino di questo esercito, sarebbe finito, secondo l’accordo, nelle tasche reali.

Il massimo successo di questo contingente fu la conquista e il saccheggio di Milano, così descritto da Procopio.

Milano quindi fu agguagliata al suolo, e massacrato ogni suo abitatore di sesso maschile, non risparmiandosi età comunque, e per lo meno aggiugnevane il numero a trecento mila; le femmine custodite in ischiavitù spedironsi poscia in dono ai Burgundioni, guiderdonandoli con esse del soccorso avutone in questa guerra.

Oltre di che rinvenuto là entro Reparato prefetto del Pretorio lo fecero a pezzi e gittaronne le carni in cibo ai cani. Gerbentino, pur egli quivi di stanza, poté co’ suoi trasferirsi per la veneta regione e pe’confini delle vicine genti nella Dalmazia, e passato in seguito a visitare l’imperatore narrogli a suo bell’agio quell’immensa effusione di sangue. Quindi i Gotti, occupate per arrendimento tutte le altre città guernite dalle armi imperiali, dominarono l’intera Liguria. Martino ed Uliare coll’esercito si restituirono in Roma.

Visto il successo dell’impresa, Teodeberto, visto l’indebolimento dei Goti e dei Bizantini, guidò direttamente l’invasione dell’Italia. Così i Franchi valicarono le Alpi senza trovare resistenza armata da parte dei Goti, convinti che fossero venuti in loro aiuto. Una volta attraversato il Po nei pressi di Pavia, tuttavia, i presunti alleati svelarono le loro reali intenzioni aggredendo proditoriamente i Goti di Pavia, le cui mogli e figli furono rapiti e sacrificati alle divinità pagane. L’esercito goto così fu costretto a ripiegare in direzione di Ravenna; nel corso della ritirata attirarono l’attenzione di un esercito bizantino che, convinto che fossero stati messi in rotta da Belisario, avanzò senza volerlo verso i Franchi, venendo poi anch’esso sconfitto dall’esercito di Teodeberto.

Quando Belisario fu informato dell’invasione dei Franchi, scrisse una lettera a re Teodeberto, accusandolo di aver violato i trattati precedenti e intimandogli di ritirarsi dall’Italia. Lui, con il massimo della faccia tosta, evidenziò come in realtà stesse combattendo contro i goti, rispettando l’alleanza con Giustiniano… La battaglia con l’esercito bizantino, sempre secondo Teodeberto, era stato banale incidente, nato da un equivoco linguistico: i suoi soldati, che non conoscevano né il greco, né il latino, li avevano scambiati per nemici.

Per fortuna di Belisario, i Franchi furono colpiti da un’epidemia di dissenteria, che sterminò un terzo del loro esercito, costringendoli a lasciare l’Italia, cosa che fecero non prima di aver messo a sacco Genova. Ma Teodeberto non era un tipo da arrendersi per così poco: durante l’assedio bizantino di Ravenna, mandò un’ambasciata a Vitige e a Belisario, proponendo a entrambi un’alleanza, in cambio di cessioni territoriali in Nord Italia. Sia Goti, sia Bizantini furono concordi nel mandare al diavolo gli ambasciatori.

Dato che non c’è due senza tre, Teodeberto, approfittando dell’offensiva di Totila in Sud Italia, invase e occupò la Pianura Padana e la Venetia, tanto che il re goto, esasperato, propose la pace a Giustiniano: in cambio della cessione della Sicilia e della Dalmazia all’Impero e di un tributo annuale, le truppe bizantine avrebbero collaborato nel cacciare i Franchi oltre le Alpi. Giustiano rifiutò e inviò un ambasciatore, Leonzio, presso i Franchi al fine di persuaderli ad allearsi con l’Impero contro i Goti, ma senza risultato.

Anche perché Teodeberto aveva altre cose a cui pensare: Visigarda era morta all’improvviso e il nostro eroe si sposò per la terza volta con una donna sconosciuta, prendendosi Deoteria come amante, nonostante Gregorio di Tours faccia il vago sulla questione.

Teodeberto si ammalò a seguito di una ferita ricevuta durante una battuta di caccia, sarebbe il massimo se fosse stata al cinghiale, e morì 37 anni dopo Clodoveo, avendo regnato per circa quattordici anni. Così se ne andò colui che potremmo definire così

Non è il re che i Franchi si meritano, ma è il re di cui i Franchi hanno bisogno.

2 pensieri su “Teodeberto e la guerra gotica

  1. Pingback: Narsete contro i Franchi | ilcantooscuro

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