Liternum

Ho già parlato di Liternum, l’ultima dimora di Scipione l’Africano, dove fu eretto uno dei primi anfiteatri: città che un boom durante l’età imperiale, diventando un importante snodo di traffico, dato che vi incrociavano le vie Domitiana, la Consolare Campana e l’Antiqua che da questa città conduceva ad Atella.

Con la tarda antichità, tra V e VI sec. d.C., inizia la fase di declino. Complici l’impaludamento delle zone e, successivamente, l’invasione di Genserico, che saccheggia e manda in rovina la città, i Liternini decidono di spostarsi nell’entroterra alla volta dei villaggi dell’interno, tra cui quello di Iullanum. Liternum viene così lasciata al suo destino e diviene in breve tempo preda di sterpaglie e umidità, per essere a poco a poco dimenticata. A parte sparuti ritrovamenti nel XV e XVI sec., una vera e propria campagna di scavo ha inizio negli anni ’30 con gli archeologi Chianese e Maiuri,

Però i ritrovamenti sono presto dimenticati, tanto che nel 1960 il comitato promotore dei Giochi del Mediterraneo che si disputano quell’anno a Napoli sceglie l’area a cavallo del foro dell’antica Liternum per impiantare un nuovo edificio, pur sapendo che sotto di esso c’è l’antica colonia romana, e dove si presume si conservino ancora i resti di gran parte delle domus e botteghe romane. Ma il permesso, “non si capisce perché”, viene accordato, alla faccia dell’archeologia, e sorgono le strutture di un moderno Villaggio Olimpico destinato ad ospitare gli atleti della nazionale jugoslava, che poi sarà privatizzato.

Col 2009 è istituito il Parco archeologico e vengono portati alla luce le terme e vari ambienti circostanti, per tornare, poi, nell’abbandonato nel 2014, per mancanza di fondi per la gestione: ora le cose stanno, tra tante difficoltà, migliorando, anche purtroppo il sito non è ancora valorizzato in pieno.

Il nucleo principale del Parco Archeologico è costituito dal Foro, che ha una lunga e complessa storia. La fase edilizia più antica attestata in questo settore, che sembrerebbe non essere anteriore alla metà II sec. a.C., è documentata dai muri in blocchetti di tufo grigio dell’angolo sud-orientale del podio del Capitolium. A quell’epoca, il Foro aveva tre dei quattro lati erano porticati, mentre al centro del lato Ovest era disposto il Capitolium, che eretto su un altro podio, che appariva come un tempio pseudo periptero sine postico, cioè con il colonnato che correva lungo tutto il perimetro del tempio salvo che sul fondo dello stesso dov’era visibile la parete di fondo della cella che aveva una forma molto allungata.

Subito a Sud del Capitolium, vi era un’ampia aula coperta, il cui ingresso, nel lato meridionale, era decorato da un portico analogo a quello del Foro; aula che poteva fungere sia da mercato, sia da luogo di riunione.

La seconda fase costruttiva risale alla fine del I secolo a.C. In questo periodo, parte dei muri che delimitano il Foro sono decorati con paramento in opus quasi reticulatum e l’aula coperta viene trasformata in una Basilica vera e propria. I lavori portarono alla demolizione e chiusura, con pareti in opera reticolata, del suo portico orientale lasciando in vista solo il portico del Foro.

La terza fase coincide con la monumentalizzazione dell’età augustea, caratterizzata dalla presenza muri in opera quasi reticolata. Durante questa fase si realizza un portico con tabernae retrostanti, che delimita l’intera area della piazza. Contestualmente viene arretrata la fronte porticata della basilica per lasciare spazio al portico del Foro e impedire che questo sporgesse rispetto alla facciata del Capitolium.

La quarta fase costruttiva, risale all’epoca flavia, documentata dall’opus mixtum con filari di laterizi alternati a blocchetti di tufo e opus reticulatum, quest’ultimo con un ordito di gran lunga più regolare rispetto al reticolato della fase augustea. Questo intervento urbanistico, come accennato in precedenza, è dovuto alla costruzione della via domitiana nel 95 d.C. Di conseguenza, il Foro viene risistemato per consentire il passaggio al suo interno dell’importante via consolare. La strada infatti rappresenta anche il Decumano massimo della città antica e il suo passaggio nel Foro viene consentito dalla demolizione di una parte del porticato e delle tabernae lungo i lati Nord e Sud, tramite due varchi probabilmente monumentalizzati ma dei quali ad oggi non si conservano più tracce.

Inoltre, viene restaurato il Capitolium, che è trasformato in un tempio di tipo prostilo dotato di colonne in tufo grigio (se ne conserva solo una, ricostruita in anastilosi in occasione degli scavi degli anni Trenta) che reggevano il timpano ed aveva un’unica grande cella, tripartita,che ospitava le statue del culto.

L’ultima fase costruttiva, databile all’epoca di Gordiano III, caratterizzata dall’uso dell’opus vittatum mixtum, caratterizzata da filari con blocchetti di tufo giallo alternati a filari di mattoni, che culmina nella costruzione dell’Odeion, ricavato al di sopra di alcune strutture, pertinenti alle fasi tardo repubblicane e augustee del Foro, riconosciute come i resti di una precedente, sicuramente pubblica data la sua posizione ma delle quali non si conosce il reale utilizzo.

L’Odeion fu ritrovato negli scavi degli anni ’30 del secolo scorso, che hanno portato in luce i reti della cavea, dei vomitoria d’accesso e dell’orchestra; per risparmiare tempo e denaro, una serie di lastre e iscrizioni di recupero furono utilizzate per pavimentare il pavimento della scena.

Sempre nel corso di nuove campagne di scavo sistematiche sono stati esplorati settori dei quartieri abitativi e tratti della viabilità urbana, nonché, lungo la sponda sinistra del lago Patria, un santuario prospiciente una corte, costruita su ambienti pertinenti a magazzini. Più a Sud sono stati messi in luce, inoltre, impianti artigianali con resti di fornace da riferire ad una produzione locale del caeruleum e forse alla lavorazione del vetro.

Delle cisterne sono state rivenute e riconosciute grazie ai materiali di composizione, cioè i cocci delle stoviglie rotte di terracotta, che erano impermeabili, e anche grazie al fatto che non ci sono spigoli vivi nelle strutture, essendo difficili da pulire dagli addetti.

Si presuppongono le Terme in quanto sono stati rinvenuti i tuboli (tubi) a sezione rettangolare che servivano a riscaldare degli ambienti anche lungo le pareti, riscaldati anche sotto il pavimento col calore proveniente dal forno che si propagava nell’intercapedine tra forno e pavimento. Quindi di epoca imperiale, perchè in epoca repubblicana c’erano le tegole rette da degli apici, che creavano un intercapedine dove si propagava il calore.

Infine, nell’area ad est dell’anfiteatro è affiorata una parte della necropoli con circa centocinquanta sepolture, della media età imperiale, di varia tipologia; prevalentemente tombe alla cappuccina, con deposizione entro cassa costruita in conci di tufo o entro fossa terragna o su un letto di tegole, ma anche ad enchytrismos per quelle infantili.

Il corredo, quando c’è, consta di una lucerna e un piccolo boccale monoansato, con dentro un frammento di zolfo o un chiodo ambedue di significato apotropaico. Un’altra area di sepolture occasionali e povere si estende ad ovest dell’anfiteatro, delimitata da un muro di età repubblicana.

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