La settimana scorsa, ho parlato degli studenti secchioni dell’Università Medievale: in realtà, questi, erano più l’eccezione che la regola. La maggior parte tirava a campare, come oggi d’altronde, e una percentuale altrettanto bassa si comportavano in maniera analoga ai protagonisti della mitica Animal House di Landis.
Ma rompendo questi l’anima in quantità industriale al prossimo che in fondo, voleva solo starsene in santa pace, le loro gesta sono quelle che hanno lasciato più tracce nelle cronache dell’epoca. Il buon Moulin ha raccolto le lamente più comuni da parte dei cittadini costretti a sopportare tali studenti.
Sono soliti star fuori la notte giocare alla domenica con dei laici, nuotare al lunedì, bighellonare al mercato il mercoledì, non assistere al mattutino, sonnecchiare durante la messa, mancare ai vespri, picchiare i bambini, sporcare i libri quando si canta l’ufficio, incitare al disordine, dire stupidaggini (“insanias”), spezzare alberi, disturbare il boia mentre esegue i suoi doveri, recitare commedie nelle chiese e nei cimiteri.
Lamentele che, come già accennato in un altro post, si riflettono nei modelli dell’ars dictandi, le cui epistole dovevano riflettere le proteste tipiche dei genitori medievali, che vedevano i figli bighellonare, piuttosto che sudare sui libri.
Epistole in cui lo studente medio è accusato di gironzolare a cavallo per la città, sperperare i propri soldi giocando a dadi, a carte e a pallacorda, di andare a caccia, di lavare troppo spesso i vestiti e di mostrare grande mattezza, ossia di organizzare beffe e scherzi a destra e manca.
Ad esempio uno di questi modelli standard di lettera diretta dal padre al figlio universitario ha come incipit
Ho saputo, non dal tuo maestro (il che non era vero, ma come già detto, questi era stipendiato dai suoi studenti e ovviamente né subire rappresaglie, né rimanere al verde), ma da alcune persone di fiducia, che tu non studi seriamente, che ti diverti a suonare la chitarra, che frequenti prostitute
per poi proseguire con una serie di variegati e coloriti insulti da parte del genitore: il tutto si conclude con l’invito a ritornare sulla retta via, a fronte della minaccia di tagliare i vivere.
Comportamenti poco ortodossi, testimoniati anche da Jacques de Vitry un teologo, storico e cardinale francese, uno dei maggiori predicatori della sua epoca, che trascinato a forza nella Quinta Crociata, cosa di cui avrebbe fatto francamente a meno, ebbe la fortuna di conoscere dal vivo Francesco di Assisi, che così descrive in una sua lettera.
Noi abbiamo potuto vedere colui che è il primo fondatore e il maestro di questo Ordine, al quale obbediscono tutti gli altri come a loro superiore generale: un uomo semplice e illetterato, ma caro a Dio e agli uomini, di nome frate Francino.. Egli era ripieno di tale eccesso di amore e di fervore di spirito che, venuto nell’esercito cristiano, accampato davanti a Damiata, in terra d’Egitto, volle recarsi, intrepido e munito solo dello scudo della fede, nell’accampamento del Sultano d’Egitto. Ai Saraceni che l’avevano fatto prigioniero lungo il tragitto, egli ripeteva: “Sono cristiano, conducetemi davanti al vostro signore”. Quando gli fu portato davanti, osservando l’aspetto di quell’uomo di Dio, la bestia crudele si sentì mutata in uomo mansueto, e per parecchi giorni l’ascoltò con molta attenzione, mentre predicava Cristo davanti a lui e ai suoi. Poi, preso dal timore che qualcuno dei suoi si lasciasse convertire al Signore dall’efficacia delle sue parole, e passasse all’esercito cristiano, lo fece ricondurre, con onore e protezione nel nostro campo; e mentre lo congedava, gli raccomandò: “Prega per me, perché Dio si degni mostrarmi quale legge e fede gli è più gradita”.
Jacques, dal temperamento alquanto pigro e pacifico, non era solito scocciare il prossimo di un’altra religione, anzi, era teorico, cosa assai all’avanguardia per l’epoca del
“Vivi e lascia vivere” o meglio “Prega o lascia pregare. Non sopportava però i “Bluto” Blutarsky dell’epoca; da una parte si lamentava della vita libertina di Parigi
Come una capra scabbiosa e come una morbida pecora corrompeva con l’esempio rovinando molti degli ospiti che vi confluivano da ogni parte. La semplice fornicazione non si reputava per nulla un peccato. Dovunque, pubblicamente, vicino ai loro lupanari le meretrici attiravano quasi con la violenza gli studenti che passavano per le vie e le piazze della città. E se ve n’erano che rifiutavano di entrare, esse li chiamavano a voce alta sodomiti
Detto fra noi, ce lo vedo poco uno studente in piena crisi ormonale essere trascinato a forza da una donzella dentro un bordello, però facciamo finta di crederci. Dall’altra protestava per le continue intemperanze degli universitari, che così descriveva
Litigavano e si azzuffavano non soltanto a causa delle diverse discipline che studiavano e per qualche tema di discussione, ma anche le differenze tra le varie nazionalità erano causa di tra loro di dissensi, di odi, di virulenti rancori e si lasciavano andare con imprudenza a ogni sorta di affronti e di insulti reciproci
Affermavano che gli Inglesi erano ubriaconi e avevano la coda; che i Francesi erano altezzosi, effeminati e agghindati come le donne. Dicevano che i Tedeschi erano feroci e bestiali nei loro banchetti, i Normanni vanesii e spacconi, quelli del Potou traditori e avventureri. I Borgognoni erano considerati stupidi e volgari. I Bretoni avevano fama di incostanti e volubili e spesso venivano accusati della morte di Artù. I Lombardi erano definiti avari, viziosi e vigliacchi; i Romani sediziosi, turbolenti e calunniatori; i Siciliani tirannici e crudeli; i Brabantini sanguinari, pronti ad incendiare, a devastare e a rapire; i Fiamminghi incostanti, megalomani, golosi, cedevoli come il burro e indolenti. E dopo simili insulti, dalle parole si veniva spesso ai fatti.
Proprio questo continuo caos, convinse le autorità civili ed ecclesiastiche ad aumentare il controllo sulle Universitas…