
La pubblicazione di De Etruria Regali di quel pazzo scatenato di Thomas Dempster, da parte di Thomas Coke, curata da Filippo Buonarroti ebbe un’inaspettato effetto collaterale. Gli etruschi, che erano un argomento per eruditi, divennero improvvisamente di moda, dando origine al fenomeno culturale dell’Etruscheria. Cosa che, di positivo, portò alla nascita dei primi musei dedicati esclusivamente a questo popolo. Di negativo, uno sproposito di polemiche tra intellettuali ed eruditi, che oggi sembrerebbero folli.
Alcune riguardavano il ruolo storico della civiltà etrusca: da una parte, vi erano gli intellettuali di buon senso, che lo ritenevano importante, affermando che gli etruschi avevano influenzato i romani e a loro volta, erano stati influenzati dai greci. Dall’altra i fomentati, che, per orgoglio campanilistico, tendevano ad attribuire agli Etruschi acquisizioni culturali, invenzioni, e manufatti artistici dell’antichità: insomma, in Sardegna, con la fanta archeologia dei Shardana conquistatori del Mediterraneo, non si sono inventati niente.
Per giustificare tali inferenze storico-archeologiche, ricorrevano con disinvoltura alla distorsione delle fonti, oppure, senza porsi troppi problemi, citavano il buon Annio da Viterbo come massima autorità sul tema. Alcuni di questi fomentati, lo facevano per interesse personale: Giovan Battista Passeri, senza questa esaltazione a prescindere dei Tirreni, sarebbe rimasto un oscuro avvocato di provincia, senza assumere la fama, immeritata, di grande erudito ed archeologo.
Altri, per darsi un tono e per il puro, semplice gusto della polemica, come il buon Piranesi, con l’anti-ellenismo romanocentrico ed etruscocentrico espresso nelle sue opere teoriche, quando invece, erano le incisioni che rappresentavano creativamente i monumenti romani, a procurargli la pagnotta.
Altri ancora, invece, ci credevano veramente, come Mario Guarnacci, fondatore della biblioteca pubblica e del museo etrusco di Volterra, il quale scrisse un’opera dal titolo chilometrico
Origini italiche o siano memorie istorico – etrusche sopra l’antichissimo regno d’Italia e sopra i di lei primi abitatori nei secoli più remoti
che fu stampata tra il 1767 e il 1772 in tre tomi stampati a Lucca da Leonardo Venturini.
È un’opera molto erudita sulle origini mitiche e storiche dei popoli che per primi abitarono la penisola italiana, popoli che l’autore fa discendere dagli Etruschi, dei quali analizza la lingua, le monete, le arti e le scienze. Mario voleva dimostrare che le arti e le scienze non erano state introdotte, come si pensava comunemente, in Italia dalla Grecia, ma viceversa.
Poi, per non farsi mancare nulla, rimproverò i romani per la loro opera di cancellazione perfino delle memorie etrusche, soprattutto per il mancato riconoscimento del debito di civilizzazione contratto con l’antico popolo italico da cui avevano derivato studi, leggi, arti, monumenti e riti. Oggi, una tesi del genere avrebbe avuto spazio al massimo su siti come Informare per resistere o altri bufalari di questo tipo, ma all’epoca scatenò polemiche a non finire tra oppositori e sostenitori, tanto che l’Accademia etrusca di Cortona nominò Mario sui Lucumone, ossia presidente.
Un secondo filone della mania etrusca si rivolse non solo ai prodotti architettonici e artistici, ma anche agli studi linguistici e vide coinvolti figure di antiquari di spicco come Scipione Maffei e Anton Francesco Gori. I problemi principali di questo interesse linguistico riguardavano la classificazione della lingua etrusca e del suo alfabeto, secondo il quadro di conoscenze dell’epoca. In tale ambito, si fronteggiavano due opposte prese di posizione. La prima tendenza, facente capo a Scipione Maffei, pretendeva di inserire la genealogia linguistica dell’etrusco nell’ambito delle lingue semitiche e aramaiche. La seconda teoria, facente capo al Gori, pretendeva di inserire l’etrusco tra le lingue classiche, ossia per usare un termine moderno, nella famiglia delle lingue europee.
C’era poi una terza posizione, molto ridotto come sostenitori, ma paradossalmente molto più moderna: ossia che la lingua etrusca aveva origine da quella parlata dagli antichi aborigeni che abitavano l’Europa prima degli arrivi degli antenati dei greci, dei latini e dei galli, che con il tempo, si era modificata per l’influenza dei vicini. Tesi che, ovviamente con termini differenti, è adottata anche dagli attuali linguistiche. Le lingue del gruppo Tirsenico, Retico ed Etrusco, discenderebbero, quindi, dalle lingue preindoeuropee parlate in Europa almeno sin dal neolitico prima dell’arrivo degli indoeuropei durante l’età del bronzo: l’etrusco in particolare, sarebbe stato influenzato dalle lingue indoeuropee circostanti.
Benché giudicata negativamente dagli studiosi successivi, data anche la litigiosità degli eruditi che vi si dedicarono, però la moda dell’etruscheria, riproponendo la questione tirrenica all’opinione pubblica, ebbe l’effetto di rilanciare alla grande ricerche e studi su tale popolo