Gli ultimi ritratti di Giorgione

Il successo di Giorgione dopo la commissione del Fondaco dei Tedeschi, è testimoniato da due dati: il primo il boom di ritratti che sappiamo dalle fonti essergli stati commissionati, il secondo il fatto che, con meritata vanità, sia sia rappresentato in un autoritratto, a riprova del suo ruolo sociale. Ora, di ritratti attributi a Giorgione risalenti al periodo tra il 1508 e il 1510 ce ne sono a iosa: molti di questi non sono stati oggetto di radiografia, che per la peculiare tecnica del pittore, sarebbe risolutiva nel risolvere i dubbi, per cui bisogna andare a naso e a sensazione personale, con il rischio oggettivo di prendere granchi.

Ad esempio, Gentiluomo con un libro, anche se non ci metterei la mano sul fuoco che sia stato dipinto da Giovanni Cariani, molti dubbi sul fatto che sia di Giorgione li ho. Invece, sono molto più possibilista sul ritratto Terris, dal nome del collezionista che lo possedette, un olio su tavola di 30 x 26 cm. custodito nella Fine Arts Gallery a San Diego (California). A riprova di questo, c’è l’antica scritta sul retro

“15 .. di man de m.” Zorzi da Castelf…”

la cui grafia sembrerebbe simile a quella di chi, sul disegno di Sidney tenne memoria della data di morte del pittore. Le perplessità stilistiche, anche motivate, non tengono del fatto che il quadro ci appaia molto diverso da come era in origine, a causa degli effetti dell’ossidazione dei colori: la veste era originariamente viola ed erano più forti i toni rossi. Il ritratto che oggi ci pare severo e costruito sui toni scuri, invece doveva colpire l’osservatore per la sua luminosità e per il contrasto cromatico.

Facendo riferimento alla tradizione locale, l’uomo è ritratto di tre quarti girato a sinistra, su sfondo neutro verde scuro e con un taglio molto visivo della figura. Il volto guarda intensamente lo spettatore ed è incorniciato da un caschetto di capelli crespi, neri e in parte grigi, resi in maniera magnifica da Giorgione…

L’Autoritratto come David, un olio su tavola (52 × 43 cm) è citata in un inventario di Casa Grimani del 1528 e qui lo vide sicuramente Vasari che vi si ispirò per trarne il ritratto dell’artista per le incisioni della seconda edizione delle Vite (1568), in cui viene descritto

“una fatta per David (e per quel che si dice è il suo autoritratto) con una zazzera, come si costumava in quei tempi, infino alle spalle, vivace e colorita che par di carne; ha un braccio e il petto armato col quale tiene la testa mozza di Golia”.

Nel momento in cui si predispose la tavola per le Vite vasariane, l’Autoritratto come David fu necessariamente privato dell’incongrua presenza del capo di Golia, ma non solo: si sostituirono le vesti militari (un corsaletto a proteggere il petto) con alcune di più consone a un pittore (una camiciola scollata e una giubba aperta). Così fu riabbigliato per il pubblico degli appassionati d’arte dai “sarti” Vasari e Coriolano. Da documentazioni certe si sa che l’opera, nel 1648, era ad Anversa ed apparteneva a Jacopo e Giovanni van Verle. Nel 1737 passò nella collezione del duca di Braunschweig, dove risulta catalogata – nel 1776 – come autoritratto di Raffaello Sanzio.

Tra l’altro, questo quadro ha avuto anche una vita alquanto complessa: un esame radiografico eseguito nella seconda metà del Novecento mise in evidenza, sotto l’attuale raffigurazione, chiare tracce di una Madonna col Bambino con caratteristiche prettamente giorgionesche. Probabilmente il committente mollò una fregatura al pittore, non pagandolo il dovuto e Giorgione decise di riciclare il supporto. In un periodo compreso tra il 1630, in cui è databile un’acquaforte che riproduce l’opera completa e il 1700, qualcuno mutilò l’opera, tagliando la testa mozza di Golia.

Il pittore affiora dall’oscurità col busto di profilo rivolto a destra e la testa girata verso lo spettatore, a cui rivolge uno sguardo diretto. I capelli sono scuri e lunghi, resi vaporosi dall’ondulatura, gli occhi grandi, il naso dritto, le labbra carnose, il mento appuntito, l’espressione leggermente corrucciata e imbronciata, adatta alla figura di David. Indossa un’armatura, che genera un bagliore riflesso sulla spalla, coerente con gli studi sul “lustro” fatti dell’artista. La scelta del pastore che divenne Re è proprio l’affermazione del suo orgoglio di uomo che si è fatto da sè, diventando uno dei protagonisti del Bel Mondo diVenezia.

Collegato a questo quadro, ovviamente, vi è l’olio su carta di Budapest, su cui si stanno scannando da decenni gli studiosi sul fatto che si tratti di uno studio prepararatorio, oppure di una copia fatta da un allievo, che normalizzò l’opera, dando a Giorgione i vestiti del ricco borghese che era diventato. Dato che sono in vena di pettegolezzi, termino citano l’Autoritratto Rezzonigo, che proprio autoritratto non è. Fu uno scherzo che fecero i due bontemponi il principe Abbondio Rezzonico, nipote di papa Clemente XII, e Canova….

Canova si fece fare da un artigiano romano una tavola e una cornice che imitava quelle veneziane del primo Cinquecento, dipinse in fretta e furia un quadro che a grandi linee ricordava quelli giorgioneschi e il principe tirò fuori il dipinto, lo presentò come un autoritratto del Giorgione fino ad allora inedito e lo sottopose agli astanti: il dipinto convinse tutti gli espertoni dell’epoca che lo trovarono sublime e autentico.

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