La guerra di Corinto (Parte V)

La sconfitta di Cnido e la distruzione della flotta spartana, ovviamente, mise in crisi tutti i piani strategici lacedemoni sulla chiusura, in tempi rapidi della guerra in Grecia: senza le navi era impossibile mettere pressione su Corinti ed Atene, per farle ritirare dalla Coalizione. L’unica parte che rimaneva praticabile del piano originale era quella di costringere i tebani a una battaglia di annientamento, in modo da farli ritirare dalla coalizione. Ben poco, rispetto al progetto originale, ma sempre meglio che niente.

L’esercito d’invasione della Beozia, che Agesilao aveva condotto dall’Asia, era lievemente diverso da quello classico spartano: la maggior parte dei soldati erano infatti peltasti, fanti leggeri armati di giavellotti, provenienti dalle città della Ionia, un contingente di Neamodi, iloti liberati, con diritti civili, ma non politici, che costituivano una sorta di oplita leggero, senza l’armatura completa, un contingente di mercenari traci e di cavalieri tessali.

La fanteria oplita pesante, minoritaria, era costituita da una mora di spartiati, 600 soldati, contingenti alleati di Orcomeno e della Focide, nemici storici di Tebe, e un particolare contingente di mercenari: si trattava di alcuni dei reduci della spedizione dei 10.000, guidati non da Senofonte, ma da Eurippa.

L’esercito nemico, che fronteggiava gli spartani nella pianura sovrastata dal Monte Elicona, era ancora più variegato, essendo formato da Beoti, Ateniesi, Argivi, Corinzi, Euboici e Locresi.In tutto gli alleati contavano probabilmente su 20.000 opliti; Agesilao invece aveva a disposizione 15.000 opliti. Le forze di cavalleria delle due schiere erano quasi uguali ma Agesilao disponeva decisamente di più peltasti.

Prima della battaglia alcuni uomini dell’esercito di Agesilao furono turbati dal ricordo di un presagio a cui avevano assistito alcuni giorni prima, quando il sole era apparso a forma di mezzaluna, probabilmente a causa di qualche eclisse parziale. Per rassicurare i suoi uomini, Agesilao per prima cosa fece ricordare la recente eh, vittoria spartana a Nemea. Poi, mentendo sapendo di mentire, disse loro che il navarco spartano Pisandro era stato ucciso in una battaglia vittoriosa contro la flotta persiana. Queste rassicurazioni, tuttavia, riportarono alto il morale del suo esercito permettendogli di cominciare la battaglia.

L’esercito alleato riunitosi ai piedi del monte Elicona attendeva l’esercito del re spartano e mosse le sue file verso la pianura di Coronea; dopo la sconfitta patita a Nemea Argivi e Corinzi dubitavano della loro forza, mentre negli Ateniesi era ancora troppo vivo il ricordo della lunga e disastrosa guerra contro Sparta ed il fatto che i Persiani volessero cambiare le alleanze non li incoraggiava molto. Solo i Beoti sembravano sicuri della vittoria finale.

L’enfasi con la quale Senofonte narra la battaglia è dovuta alla sua presenza nelle file lacedemoni. Lo storici presenta l’armata al comando di Agesilao così disposta: all’estremo fianco destro del suo schieramento i veterani dei Diecimila, accanto gli Spartani, i Greci asiatici e le truppe di Eurippa al centro, poi venivano i Focesi, e i soldati di Orcomeno all’estrema sinistra. Gli alleati disposero: i Tebani a destra, quindi si trovarono ad affrontare gli Orcomeni , i loro tradizionali nemici; gli Ateniesi assieme alle truppe corinzie, eniane, euboiche e locresi al centro a fronteggiare gli asiatici, mentre gli Argivi all’estrema sinistra si trovavano di fronte gli Spartani.

Entrambi gli eserciti avanzarono in totale silenzio. A circa 200 metri i Tebani lanciarono il loro grido di guerra e cominciarono a correre. A circa 100 metri i veterani dei Diecimila caricano, impegnando il nemico frontalmente, mentre i peltasti ionici provvidero a una manovra di accerchiamento. Mentre questa manovra era in corso, gli Argivi si diedero al panico ancora prima che gli Spartani potessero iniziare a combattere e fuggirono sul monte Elicona. Dinanzi a questa prova alquanto imbarazzante, i mercenari vicino ad Agesilao proclamarono che la battaglia era finita e gli porsero una ghirlanda per commemorare la sua vittoria

Proprio in quel momento arrivò la notizia che, dall’altro versante, i Tebani avevano sfondato la linea degli Orcomeni e ignari della grande fuga argiva, si erano convinti di avere vinto la battaglia ed erano già arrivati alle salmerie, saccheggiando il bottino catturato in Asia. Agesilao immediatamente fece ruotare la sua falange e si diresse verso i Tebani. In quel momento i Beoti si accorsero della fuga dei loro alleati sul monte Elicona, sudarono freddo, rendendosi conto che avrebbero passato un pessimo quarto d’ora provando quindi disperatamente di sfondare le linee di Agesilao per ricongiungersi al resto del loro esercito.

Agesilao, poco intelligentente, decise di impegnarsi in uno scontro frontale, posizionando la sua falange proprio nel loro tragitto, invece di colpirli una volta lasciati passare alle spalle o sul fianco, una decisione che potrebbe essere stata influenzata dall’ostilità dimostrata dai Tebe nei confronti della sua campagna di guerra in Asia. Tra l’altro, lo stesso Senofonte gli da dello scemo

In questa occasione si può parlare senza possibilità di contestazioni del coraggio di Agesilao; in ogni caso non scelse la via più facile

Risultato, quella che doveva essere una facile vittoria spartana, divenne uno dei peggiori bagni di sangue della storia delle battaglie oplitiche. Sempre Senofonte ricorda

Così lottarono, scudo su scudo, uccisero e furono uccisi a loro volta

e Plutarco aggiunse.

si scatenò una battaglia tremenda per tutto l’esercito, ma la più tremenda dove si trovava Agesilao insieme ai cinquanta giovani, il cui zelo e ardore sembra sia stato importante per il re e addirittura la sua salvezza…serrandosi davanti a lui uccisero molti nemici, ma molti di loro caddero sul campo

Decisione idiota, perchè Sparta, a differenza dei nemici, aveva enormi difficoltà, per ragione demografiche, a sostituire i caduti: sia perchè ferito, sia per non essere linciato a seguito dell’inutile carneficina a cui aveva condotto i suoi uomini, Agesilao si decise finalmente a lasciare ai tebani un corridoio nel quale passare e successivamente inseguirli e decimarli. Alla fine pochi Tebani arrivarono al monte Elicona, ma, come sappiamo dalle parole di Senofonte:

Molti trovarono la morte nella ritirata

Solo 80 di loro riuscirono a scampare al massacro rifugiandosi nei pressi del tempio di Atena Itonia ottenendo salva la vita grazie al valore dimostrato. Il giorno seguente dopo i rituali per la consegna dei cadaveri se ne contarono 600 tra le file dell’alleanza e 350 nel contingente del re spartano.. Agesilao ordinò al polemarco Gilis di schierare l’esercito in formazione di battaglia e una volta consacrata una decima parte del bottino ad Apollo, inviò Gilis in Locride per effettuare saccheggi, ma venne ucciso assieme a 18 spartiati

Ora Coronea, come Nemea, fu una vittoria tattica, ma non strategica: Tebe, visti anche i danni subiti dagli spartani, rifiutò qualsiasi trattativa di pace e Agesilao si vide costretto a ricondurre il proprio esercito nel Peloponneso, per impegnarlo nell’inutile assedio di Corinto

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