Smaltire gli arretrati

Ogni tanto, capita a uno scrittore di porsi la fatidica domanda

“E adesso cosa faccio ?”

Domanda che mi frulla in testa questi giorni… Da una parte, sono tentato di continuare le disavventure di Andrea e Beppe: spedirli in una New York modellata secondo i sogni di Tesla, in cui si muovono versioni steampunk di supereroi (magari ispirati a quelli della Timely, come John Steele o Bongo il gorilla parlante, per non avere problemi con i diritti), o in un western in cui si mischiano le suggestioni di Lovercraft con quelle di Sergio Leone.

Oppure raccontare le avventure italiane di Thomas Edward Lawrence, magari facendolo investigare sugli strani esperimenti di Salgari e Einstein nei presso di Pollanza, o del mio Ierofante... Essendo molto attaccato a quel cattivo, volevo dargli qualche altra possibilità…

Ma guardo la mia cartella “Racconti e Romanzi” e mi trovo ancora parecchi testi a metà sul groppone… Insomma, mi tocca smarcare il lavoro arretrato,,,

Per cui devo dare priorità ad altri progetti: il primo è un’ucronia, ambientato in mondo analogo a quello di Marciare per non Marcire, in cui la marcia su Roma è stata realizzata da D’Annunzio. In mondo in cui, al posto di un delitto Matteotti, vi è un delitto Mussolini. All’inizio, l’occasione per una riflessione sui meccanismi perversi della politica italiana, poi per caso, mi sono reso conto di come gli eventi siano contemporanei a quanto raccontato in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana…

In un delirio alla Farmer, mi sono chiesto cosa sarebbe successo nel far collidere i due mondi narrativi, con il comissario Ingravallo distratto dalle indagini sul Palazzo degli Ori, per colpa dei delitti politici.

Il secondo, è concretizzare un’idea a cui sta lavorando da parecchio tempo: raccontare una mia versione delle avventure dell’Impero Connettivo, delle imprese del buon Totka_II e il suo plenipotenziario Sillax.

Il tutto in romanzo che si articola tra tre piani narrativi: la Roma Barocca del marchese Massimiliano Palombara, personaggio molto più complesso e articolato dell’aspirante alchimista descritto nel 1806 nelle curiosità romane di Francesco Cancellieri, la fonte di tutte le narrazioni successivi, il complesso e contraddittorio Esquilino contemporaneo e il futuro atemporale dell’Impero.

Infine, un romanzo ambientato nel folle mondo di Navi Grigie, in cui la narrazione delle vicende del mondo pre-singolarità si intreccia con le storie degli abitanti del Grande Nido, dei Muridi, dei Nea e degli Alieni.

I Dispacci Imperiali e Nel Paradigma Frattale

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Domani sera, oltre che per parlare di Lithica, sarà anche l’occasione per celebrare il buon Sandro Battisti, anche a costo di farlo diventare rosso come un pomodoro  San Marzano. Non solo per lo strameritatissimo premio Urania, che non vedo l’ora di leggere, ma soprattutto per avermi sopportato, e ce ne vuole, e aiutato in tutti questi anni…

Tra l’altro, in questi giorni, la Kipple Officina Libraria presenta due sue raccolte di racconti: la prima è I Dispacci Imperiali, in cui si approfondiscono i vari aspetto dell’universo narrativo in cui si svolge L’Impero Restaurato, il romanzo con ha vinto il prestigioso premio.

Universo narrativo in cui esiste un impero che trascende il tempo e lo spazio, comandato da un monarca assoluto, l’alieno alieno Totka_II, supportato da burocrati postumani, come Sillax.

Un impero in cui la moneta è l’informazione: per questo motivo tutti i postumani che ci vivono hanno spiccate caratteristiche connettive che li pone in LAN cerebrale – nulla di craniale, i processi che portano alla condivisione attraversano, per lo più, lo spettro delle possibilità genetiche. Nell’Impero, essendo esso un organismo statale che si fonda anche sul tempo, il dominio delle ombre e degli spettri, dei ricordi non morti, ha un posto di rilievo nella vita dei soggetti postumani, molti dei quali hanno sviluppato – attraverso clade genetiche – sensibilità verso l’occulto.

Un ciclo narrativo che con la sua convergenza di generi e linguaggi, è stato un modello per Lithica.

Nell’altra raccolta, intitolata Nel Paradigma Frattale, Sandro insegue il piacere della sperimentazione e dell’avanguardia, in una ricerca stilistica che porta all’estremo le possibilità del linguaggio.

Ogni brano è una visione, un interrogarsi sul pieno senso di ciò che ci appare come Reale

Un’altra recensione su Lithica

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Approfittando di un attimo di respiro, do visibilità al parere di un mio lettore abituale su Lithica

Bel romanzo, molto complesso e ben congegnato, scritto da un autore con una cultura come minimo enciclopedica. Detto questo, a me è piaciuto un po’ meno del precedente, forse perché non amo particolarmente Lovecraft (e c’è molto di questo scrittore in Lithica) e magari anche per il fatto che imho i protagonisti hanno un po’ troppo la tendenza a vomitare (o peggio) durante le scene madri…

In ogni caso, un libro da consigliare.

Dunque, sono contento che il romanzo sia stato definito ben congegnato, perché la trama non lineare ha reso perplessi diversi lettori (non però al livello di Noccioline da Marte... Anche se le sue recensioni, che variano da “boiata galattica” a “capolavoro degno di Solaris”, mi hanno confuso assai le idee sul suo valore).

Trama che è stata frutto, più che di un omaggio al Connettivismo, di una precisa scelta stilistica: da una parte la volontà di osare, mostrando come nella letteratura di genere si possano usare meccanismi del romanzo “alto”, senza perdere di leggibilità. Dall’altra, la complessità della trama è uno specchio della complessità della realtà con cui i personaggi devono confrontarsi e a che stento riescono a comprendere nella sua pienezza.

Sugli appunti, questione di gusti personali: io non vado matto per la cassoeula, ma ho tanti amici milanesi che ne vanno pazzi… Per cui, capisco come Lovercraft possa non essere gradito…

Tra l’altro, l’immaginario del solitario di Providence, che forse apparirà nel seguito delle disavventure di Beppe e Andrea, svolgendo un ruolo alla Philip Marlowe, è strumentale al romanzo, non solo perché Lithica si svolge in contemporanea a Il richiamo di Cthulhu.

Il filo conduttore del romanzo è nella lotta tra i personaggi e i propri abissi che qualcuno vince, che altri perdono e che Beppe esorcizza con il disincanto. Ho pensato che non ci fosse metafora più potente dei Grandi Antichi, per narrare le proprie paure e insicurezze più profonde….

Sul fatto che i miei protagonisti vomitino, presi dal terrore e dal disgusto, beh è un tocco di naturalismo, che cerca di non renderli simili ai tanti manichini, sempre perfetti e con i nervi saldi, che popolano la narrativa di genere…

Sir Francis Grenfell

Capitò tutto in Irlanda, dalle parti di Galloway… Io, Luca, Claudio e Livio stavamo annoiandoci a visitare una casa torre; decidemmo di fare la solita foto scema da italiani in vacanza, facendo scattare l’allarme generale.

Mentre cercavamo di fare i vaghi, assumendo un’aria innocente, mi trovai davanti a un quadro ingombrante, un ritratto di un tizio con i baffoni e dal petto stracarico di medaglie.

Lessi una targhetta: era un certo sir Francis Grenfell… Il commento di Livio, accanto a me, fu:

“Che barbaciano…”.

Per qualche strano motivo, il nome di questo tizio mi rimase impresso nella mente. Anni dopo, in vacanza a Malta, in un ristorante di Mellieħa, mi ritrovai davanti lo stesso ritratto. Il cameriere, tra la perplessita di mia moglie, mi spiegò come la persona rappresentata fosse uno dei tanti governatori inglesi dell’isola.

Impegnato nella stesura di Lithica, interpretai il tutto come un segno del destino…

Così comincia a documentarmi su sir Francis, per introdurlo nel romanzo, e rimasi affascinato dalla sua strana e complicata personalità. Deve ammettere che su di lui, ho inventato ben poco: mi sono semplicemente a limitato a raccontare le sue idee e le sue manie.

Comunque, per i più curiosi, che ci faceva il ritratto di sir Francis in Irlanda ? Nel 1904, nella nostra storia, venne nominato comandante in capo delle truppe britanniche nell’isola di smeraldo e come Garibaldi in Italia, pare abbia passato il tempo a dormire in ogni casa nobiliare di quella nazione…

Perplessità…

Se i racconti di Utopia Pirata fossero stati scritti da un esordiente, probabilmente avrei parlato di un buon lavoro; però, da un fuoriclasse, mi sarei aspettato qualcosa di più e di diverso.

Per essere chiaro, Sterling è, come accuratezza storica, una spanna sopra a tanti scrittori che conosco. Per una volta, scrive con prosa leggera e divertente. Però in ogni racconto manca il colpo d’ala, il lampo di genio, quello che, per citare il Perozzi

È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione.

Di pastiche letterari, in cui si mischiano generi, stili, personaggi reali e di fantasia, in questi anni ne ho letti a bizzeffe e a costo di essere bruciacchiato come eretico, anche di ottimo livello, paragonabile a quelli buttati giù da Sterling.

I quali non mi hanno nè stupito, nè scosso, nè riempito d’entusiasmo; a volte danno l’impressione di essere impalpabili, di non posarsi sull’anima…

Però, è interessante interrogarsi su una cosa… Su quanto Sterling sia stato influenzato dall’ambiente narrativo italiano, portando all’eccesso quanto già presente ne La Macchina della Realtà, e su quanto lui abbia influenzato la scrittura e l’immaginario di tutti noi..

Universi visivi

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Le riflessioni di ieri mi hanno reso consapevole di quanto la mia narrativa sia influenzata dagli universi visivi degli artisti che frequento e conosco: di fatto ciò è molto legato alla mia modalità creativa.

Prima creo delle immagini nella mia mente, poi tento di tradurle in parole: è ovvio che l’immaginazione non sia green field, ossia nasca dal nulla, ma sia figlia degli stimoli visivi e culturali che mi circondano.

Se per i racconti di Altra Storia tali riferimenti sono immediati, dall’aeropittura a Casorati, e lo stesso per Il Canto Oscuro, da Roesler Franz a Boldini e per Navi Grigie, tutto il magmatico movimento New Pop Contemporaneo, per Lithica, grazie alla sua dimensione onirica, la situazione è più complessa.

Se dovessi ipotizzare dei nomi di artisti che mi hanno influenzato, per le componenti più espressionistiche, sicuramente Ferruccio Lipari, Elisa Rescaldani e Alex Lo Vetro, mentre per quelle più poetico Dorian Rex , Gerlanda di Francia e Chiara Fersini… E senza dubbio, per le suggestioni alchemiche, molto dipendo dal buon Alessandro Bulgarini…

Grazie Max Papeschi

Ieri sera stavo chiacchierando al telefono con un mio amico artista… Tra un pettegolezzo e l’altro, siamo finiti a parlare delle vicende del buon Max Papeschi, concordi nell’esprimere la nostra solidarietà per la questione Dismaland…

Ad un certo punto, il mio amico se ne esce con un

“Mi è piaciuto come hai reso omaggio a Max, in Navi Grigie

Mi gratto la testa, aggrotto la fronte, assumendo un’espressione alla che diavolo stai dicendo Willy…

“Cioè ?”

“Ma come, con quel personaggio, il muride”

Accrocco due o tre parole di circostanza, per non dare dello scemo al mio amico e liquido la vicenda…

Però, il tarlo mi rode la mente: riprendo il mio libro e lo rileggo, scevro da pregiudizi.. E lo scemo sono. A mente fredda, devo dare ragione al mio amico. Le opere di Max hanno influenzato il mio immaginario e la mia scrittura…

Riflettendoci, sarebbe stato strano il contrario ! Max, con la sua arte intelligente, disincanta e sarcastica, racconta una società che priva di senso di sfalda, aggrappata alle sue contraddizioni.

Un mondo in cui i meme hanno sostituito il Reale, in cui una risata amara e grottesca è l’unica ribellione al vuoto multiforme..

Di fatto una cosa molto simile a a ciò che racconto in Navi Grigie… Senza le visioni di Max, il mio romanzo sarebbe stato senza dubbio diverso e peggiore…

Orchestraccia

Sabato scorso sono andato ad ascoltare un concerto dell’Orchestraccia: per chi non la conoscesse, è un gruppo folk-rock romano, in cui musicisti e attori revisionano e attualizzano le canzoni tradizionali dell’Urbe.

Una rivisitazione in termini sia di arrangiamenti, sia di drammatizzazione, che può piacere o non piacere, mio padre ad esempio non la gradisce, ma che ha il grande pregio di riportate alla luce tutta la forza espressiva e la drammaticità di testi che l’abitudine ha spesso nascosto.

In piccolo, penso che la mia narrativa fantastica faccia qualcosa di molto simile: non invento nulla di nuovo, sospetto che nella fantascienza sia stato scritto di tutto e di più, ma con lo steampunk recupero le idee di un secolo fa, mostrandole sotto altra forma, a volte pervertendole, ma cercandone di recuperarne la potenza espressiva…

Ci riesco ? Non so, ma almeno mi diverto a tentare…

pervertendole, ma cercandone di recuperarne la potenza espressiva…

Ci riesco ? Non so, ma almeno mi diverto a tentare…

Perché Lawrence….

Perchè Lawrence d’Arabia ? E’ un domanda che mi hanno fatto un paio di lettori di Lithica… La prima risposta, istintiva, è

“Perchè m’è piaciuto er film”.

In realtà, la questione è lievemente più complessa, simile al mio rapporto con i dinosauri. quando me ne sono innamorato da bambino, non erano che lenti e stupidi lucertoloni; con il passare del tempo e le nuove scoperte, si sono trasformati in tacchini giganti.

Ciò non ha tolto loro fascino, ma se possibile, li ha resi ancora più interessanti…. Così Lawrence: da bambino ho visto il film, poco c’ho capito, ma mi sono rimasi impressi i colori, i vestiti e i paesaggi

Poi ho letto i Sette Pilastri della Saggezza, conoscendo Lawrence, con i suoi ideali e

ambiguità. Non uno stratega o un ribelle, ma un uomo inquieto, alla perenne ricerca di se stess e del senso di ciò che lo circonda…

Proprio di ciò che avevo bisogno del romanzo: se Andrea Conti accetta la legge morale come un dato di fatto, razionale e intellegibile, e Beppe, come il fowl delle commedie elisabettiane la irride, mostrandone la vuota apparanze, Lawrence è colui che nel rimpianto ritrova il senso del Bene e del Male.

Recensione a Cronache di Mondo9

Dato che non sono il tizio più attendibile per recensire Mondo9, il mio giudizio potrebbe essere contestato, data la mia amicizia per Dario, preferisco lasciare la parola al signor Nando, personaggio storico dell’ Esquilino, noto per aver avuto un banco di frutta e verdura quando il mercato era a Piazza Vittorio e che adesso si gode la meritata pensione, leggendo fantascienza.

A suo dire, ha tutti i numeri di Urania: l’ha scoperta da ragazzo, quando faceva il garzone presso un banco che vendeva lumache, legumi, stoccafisso e baccalà.

“Me faceva compagna ne le pause” ci tiene sempre a dire “e me faceva sognà… Però, più invecchio e meno me la godo e meno ce capisco… Diventa tutto più complicato e meno divertente, più terra terra e con tanti paroloni.

Sarà che la fantascienza è specchio der monno e questo è sempre più brutto… No, stamme a capì, nun me lamento de l’immigrati: ‘na volta qui venivano dal Sud dell’Italia, mo dar sud der monno, non è che è cambiato niente.

Nè de la zozzeria… A Piazza Vittorio sempre affogati ne la monnezza… Neppure de la delinquenza… Vedì, la do quella zingara venne li panni presi da li secchioni ? Vent’anni fa c’era uno che rivenneva le catenine de li scippi, trent’anni far un bucatino, cinquanta, un cravattaro… Alla fine nun è cambiato niente, se non ne la testa nostra.

Nun sapemo più sognà er futuro… E se la fantascienza deve raccontà er presente co’ altre parole, boh, che palle… Vedi er premio Urania de quest’anno… Io, pe’ ignoranza mia, ‘sto Battisti nun lo conosco.. E Verso nun me piace ! E’ scontato, ma forse so’ io che ho letto troppa fantascienza, te fa scende il latte alle ginocchia pe’ quanto è lento, usa trenta parole, quando ne basterebbe una… Speriamo bene”.

Poi, da un vecchio borsello anni Settanta, tutto logoro, tira fuori Le Cronache di Mondo 9

“Vedi questo… A me l’altri libri de Tonani nun è che m’abbiamo fatto ‘mpazzì, forse perchè a Milano nun ce so mai stato o perchè io li cartoni animati nun l’ho mai seguiti… Quando accompagnavo mi nipote all’Apollo, quando non era er rudere de oggi, pe’ vedè la Disney, me facevo certe penniche.

Invece questo…E’ immaginifico, co’ ‘sto mondo desolato e ‘ste navi de terra infami. Non è la solita solfa che se legge nei romanzi italiani: cioè se me devo legge de un omicidio e de un investigatore, me compro un giallo, no Urania.

Poi è scritto che se legge veloce, senza troppi fronzoli, che appassiona. L’unico problema, che però è legato all’annite acuta mia, è che secondo me è ‘n po’ dispersivo, tra un racconto e l’altro. ‘N sacco de volte ho dovuto faticà, pe’ recuperà er filo der discorso e ricordamme tutti i protagonisti… E che non so’ più attento come ‘na volta..”.