I Dispacci Imperiali e Nel Paradigma Frattale

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Domani sera, oltre che per parlare di Lithica, sarà anche l’occasione per celebrare il buon Sandro Battisti, anche a costo di farlo diventare rosso come un pomodoro  San Marzano. Non solo per lo strameritatissimo premio Urania, che non vedo l’ora di leggere, ma soprattutto per avermi sopportato, e ce ne vuole, e aiutato in tutti questi anni…

Tra l’altro, in questi giorni, la Kipple Officina Libraria presenta due sue raccolte di racconti: la prima è I Dispacci Imperiali, in cui si approfondiscono i vari aspetto dell’universo narrativo in cui si svolge L’Impero Restaurato, il romanzo con ha vinto il prestigioso premio.

Universo narrativo in cui esiste un impero che trascende il tempo e lo spazio, comandato da un monarca assoluto, l’alieno alieno Totka_II, supportato da burocrati postumani, come Sillax.

Un impero in cui la moneta è l’informazione: per questo motivo tutti i postumani che ci vivono hanno spiccate caratteristiche connettive che li pone in LAN cerebrale – nulla di craniale, i processi che portano alla condivisione attraversano, per lo più, lo spettro delle possibilità genetiche. Nell’Impero, essendo esso un organismo statale che si fonda anche sul tempo, il dominio delle ombre e degli spettri, dei ricordi non morti, ha un posto di rilievo nella vita dei soggetti postumani, molti dei quali hanno sviluppato – attraverso clade genetiche – sensibilità verso l’occulto.

Un ciclo narrativo che con la sua convergenza di generi e linguaggi, è stato un modello per Lithica.

Nell’altra raccolta, intitolata Nel Paradigma Frattale, Sandro insegue il piacere della sperimentazione e dell’avanguardia, in una ricerca stilistica che porta all’estremo le possibilità del linguaggio.

Ogni brano è una visione, un interrogarsi sul pieno senso di ciò che ci appare come Reale

Perplessità…

Se i racconti di Utopia Pirata fossero stati scritti da un esordiente, probabilmente avrei parlato di un buon lavoro; però, da un fuoriclasse, mi sarei aspettato qualcosa di più e di diverso.

Per essere chiaro, Sterling è, come accuratezza storica, una spanna sopra a tanti scrittori che conosco. Per una volta, scrive con prosa leggera e divertente. Però in ogni racconto manca il colpo d’ala, il lampo di genio, quello che, per citare il Perozzi

È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione.

Di pastiche letterari, in cui si mischiano generi, stili, personaggi reali e di fantasia, in questi anni ne ho letti a bizzeffe e a costo di essere bruciacchiato come eretico, anche di ottimo livello, paragonabile a quelli buttati giù da Sterling.

I quali non mi hanno nè stupito, nè scosso, nè riempito d’entusiasmo; a volte danno l’impressione di essere impalpabili, di non posarsi sull’anima…

Però, è interessante interrogarsi su una cosa… Su quanto Sterling sia stato influenzato dall’ambiente narrativo italiano, portando all’eccesso quanto già presente ne La Macchina della Realtà, e su quanto lui abbia influenzato la scrittura e l’immaginario di tutti noi..

Grazie Max Papeschi

Ieri sera stavo chiacchierando al telefono con un mio amico artista… Tra un pettegolezzo e l’altro, siamo finiti a parlare delle vicende del buon Max Papeschi, concordi nell’esprimere la nostra solidarietà per la questione Dismaland…

Ad un certo punto, il mio amico se ne esce con un

“Mi è piaciuto come hai reso omaggio a Max, in Navi Grigie

Mi gratto la testa, aggrotto la fronte, assumendo un’espressione alla che diavolo stai dicendo Willy…

“Cioè ?”

“Ma come, con quel personaggio, il muride”

Accrocco due o tre parole di circostanza, per non dare dello scemo al mio amico e liquido la vicenda…

Però, il tarlo mi rode la mente: riprendo il mio libro e lo rileggo, scevro da pregiudizi.. E lo scemo sono. A mente fredda, devo dare ragione al mio amico. Le opere di Max hanno influenzato il mio immaginario e la mia scrittura…

Riflettendoci, sarebbe stato strano il contrario ! Max, con la sua arte intelligente, disincanta e sarcastica, racconta una società che priva di senso di sfalda, aggrappata alle sue contraddizioni.

Un mondo in cui i meme hanno sostituito il Reale, in cui una risata amara e grottesca è l’unica ribellione al vuoto multiforme..

Di fatto una cosa molto simile a a ciò che racconto in Navi Grigie… Senza le visioni di Max, il mio romanzo sarebbe stato senza dubbio diverso e peggiore…

Orchestraccia

Sabato scorso sono andato ad ascoltare un concerto dell’Orchestraccia: per chi non la conoscesse, è un gruppo folk-rock romano, in cui musicisti e attori revisionano e attualizzano le canzoni tradizionali dell’Urbe.

Una rivisitazione in termini sia di arrangiamenti, sia di drammatizzazione, che può piacere o non piacere, mio padre ad esempio non la gradisce, ma che ha il grande pregio di riportate alla luce tutta la forza espressiva e la drammaticità di testi che l’abitudine ha spesso nascosto.

In piccolo, penso che la mia narrativa fantastica faccia qualcosa di molto simile: non invento nulla di nuovo, sospetto che nella fantascienza sia stato scritto di tutto e di più, ma con lo steampunk recupero le idee di un secolo fa, mostrandole sotto altra forma, a volte pervertendole, ma cercandone di recuperarne la potenza espressiva…

Ci riesco ? Non so, ma almeno mi diverto a tentare…

pervertendole, ma cercandone di recuperarne la potenza espressiva…

Ci riesco ? Non so, ma almeno mi diverto a tentare…

Recensione a Navi Grigie

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Con un poco di ritardo, do visibilità alla bella recensione di Navi Grigie, fatta da Davide Del Popolo Riolo, autore di De Bello Alieno… Arrossisco nell’essere messo al fianco di Ted Chiang, scrittore dal grande spessore culturale e narrativo

In questi giorni ho avuto poco tempo ma, prima che il ciclone mi travolgesse, ho letto due romanzi brevi e mi è venuta voglia di condividere il mio giudizio.
Il primo è di qualche anno fa, ed è Il ciclo di vita degli oggetti software di Ted Chiang. Confesso che non conosco bene Chiang, perché non frequento molto la narrativa breve e lui, a quanto ho capito, non scrive romanzi lunghi.

Ne sono stato però davvero impressionato: non tanto per l’aspetto tecnologico, che mi è parso un po’ superato, anche perché credo che Second life e simili sia passata di moda. Quello che mi ha colpito è invece la profondità della riflessione etica, unita al nitore narrativo ed all’approfondimento psicologico dei personaggi. Sarebbe facile dire che è una riflessione sulle responsabilità che derivano dall’essere genitori, ma secondo me in realtà non è soltanto questo: Chiang ragiona sul dovere di chi crea, su che cosa significa essere maturi, sulla libertà e sulle responsabilità che ne conseguono.

Davvero leggendo questo romanzo mi sono chiesto che senso abbia perpetuare la separazione tra letteratura mainstream e letteratura di genere, perché Chiang qui affronta temi profondi e li svolge con grande padronanza del mezzo narrativo. Sinceramente non conosco bene la letteratura contemporanea Usa, ma dubito che ci siano molti autori oggi in grado di scrivere un’opera del genere.

Di tutt’altro genere è il secondo romanzo breve che ho letto: Navi grigie di Alessio Brugnoli, uscito proprio quest’anno.

Tanto Chiang mi ha colpito per la profondità della riflessione etica e per il rigore narrativo, quanto invece Alessio mi ha sorpreso per l’esplosività pirotecnica delle sue invenzioni. Se Chiang mi faceva pensare ad un capitello dorico, non posso non paragonare Alessio ad uno corinzio.

La Roma che ci descrive ci offre motivi di stupore ad ogni angolo, attraversata com’è da dinosauri domestici tenuti al guinzaglio dai loro fieri proprietari, muridi senzienti e dotati di intelligenza collettiva che formano gruppi musicali, quasi fossero mariachi, uomini di Neanderthal, vegetali assassini e, a questo punto l’elemento meno sorprendente, alieni che atterrano all’Esquilino e che, infatti, nemmeno sorprendono troppo gli abitanti, abituati ormai a tutto.

La seconda parte poi si svolge in una Roma post-apocalittica, in cui tribù umane, post-umane e decisamente non-umane si aggirano tra rovine recenti e vecchie di migliaia di anni, in uno scenario di decadenza che, Alessio ce lo fa capire alla fine, non è frutto di interventi esterni, ma che noi stessi ci siamo procurati.

Eppure anche Alessio, come gran parte degli scrittori di fantascienza, è dotato di un fondamentale ottimismo antropologico, e non rinuncia a farci capire che, nonostante tutto, l’uomo ha in sé le risorse per superare la decadenza, e tornare grande.

La scala di Schild

Un paio di giorni fa, ho appena finito di rileggere la La scala di Schild di Egan: ora, non voglio accodarmi alla solita lamentela, anche giustificata, di chi evidenzia come la ristampa sia troppo recente rispetto alla prima edizione.

A quanto pare, questa politica sta premiando Urania, per cui, tanto di cappello.

Invece mi piaceva evidenziare come uno stesso romanzo, in periodi diversi della vita, dia sensazioni differenti: nel 2004, non mi colpì particolarmente, anzi, mi annoiò assai.

Feci molta fatica a finirlo: invece, questa volta l’ho divorato. Ora se il testo è rimasto lo stesso, cosa è cambiato in me, per farmelo percepire in maniera diversa ?

La mia cultura scientifica è rimasta pressochè la stessa. Scrivendo, forse, ho cominciato ad apprezzare di più alcune sottigliezze di Egan.

Ma forse probabilmene, ho ricominciato a stupirmi di nuovo dinanzi all’Ignoto, più che averne paura, e a recuperare l’amore per quel misterioso luogo dello spirito che chiamiamo casa. Sono mutato, rimanendo me stesso, nella mia personale scala di Schild.

E proprio questo, forse, ha aumentato la mia empatia con il romanzo

Uomini in Rosso

E’ da tanto che non parlo di un’Urania… Non perchè non ne abbia letti o perchè mi sono trovato davanti a schifezze, su cui tacere per carità di patria… Semplicemente con tutti i casini che ho avuto negli ultimi mesi, la metà basta, ho avuto poca voglia di trattarli.

Oggi farò un’eccezione, con Uomini in Rosso di Scalzi, vincitore del premio Hugo del 2013: romanzo divertente, letto in una sera, anche se avrei tolto le appendici, che nulla aggiungono alla storia.

Quello che mi ha colpito, però, ha poco a che vedere con le qualità narrative. Uomini in rosso rispetta tutti i canoni del postmodernismo: il citazionismo, l’ironia con cui ci si rapporta ai modelli di riferimento, la metanarrativa.

Idee che nella letturatura italiana sono confinati nella cosiddetta narrativa colta e che a volte, più per fama che per realtà effettiva, spaventa il lettore medio

Invece, in America, succede il contrario: tutte queste idee sono diventate parte della letteratura popolare e del fumetto e vengono digerite e apprezzate dalla persona comune.

A questo punto, la nostra fantascienza non può esimersi dal porsi lo stesso problema: i miei romanzi steampunk, per il resto della mia fantascienza il discorso è lievemente differente, sono postmoderni.

Perché dialogano con i classici dell’Ottocento, sfottendoli e li smontano e li ricostruiscono, in un continuo caleidoscopio.

Una pagina riprende lo stile frammentario dei realisti, un’altra quello fluviale dei russi: creando un gioco di rimandi, nel tentativo di avvolgere in una rete il lettore…

Rapporto di Minoranza ?

Tornato dalle vacanze, mi cadono gli occhi su una notizia proveniente dall’America: un professore delle superiore è stato sospeso dal servizio, credo che sia il termine equivalente in italiano, e arrestato per avere scritto un romanzo di fantascienza e autopubblicato in cui si racconta di una sparatoria in una scuola… Peccato che l’anno sia il 2902

Il mio primo pensiero è stato un

“Fortuna che stiamo in Italia, altrimenti, leggendo alcuni mie racconti, mi avrebbero sbattuto in cella e gettato la chiave nel profondo dell’Oceano”

Poi cerco su internet e mi trovo notizie simili, alcune quasi demenziali... Ora premesso che in America il problema delle sparatorie a scuola è serio, però a me sembra di essere finito dentro “Rapporto di Minoranza”, in una società paranoica, in cui un uomo non viene giudicato per le proprie azioni, come si è fatto dai tempi di Hammurabi in poi, ma per le presunte intenzioni, definite in base a un’analisi psicologica, soggettiva e fallibile, di opere di fantasia…

Dick è stato facile profeta… E’ purtroppo, specie in questo caso, la fantascienza mostra tutta la sua capacità di prevedere e sezionare gli incubi del Presente e del Futuro

Fisica e Fantascienza

Grazie al buon Augusto Charlie, ho scoperto un simpatico articolo che prende in giro noi scrittori di fantascienza su come usiamo spesso a sproposito la meccanica quantistica, trasformandola in una sorta di magia, di deus ex machina per giustificare di tutto e di più, senza coglierne la vera e dirompente natura…

La condivisione dell’articolo ha portato Giorgio Sangiorgi a scrivere delle interessanti riflessioni che ritengo utile condividere

Io invece non lo comprendo tanto. Certo, gli scrittori di fantascienza ed in particolare gli sceneggiatori (che sono meno accurati, ma che in molti casi sono anche le stesse persone), secondo me in questi anni hanno usato pochissimo il termine “quantistico” (e in Star Trek mi pare che si usino quasi sempre termini inventati, se non ricordo male). Il motivo è che questi scrittori sono ben consapevoli che di meccanica quantistica non capiscono una beata fava, e quindi raramente si sbilanciano in materia. E’ un peccato perché, come evidenzia anche l’estensore del’articolo, sono sicuro che ci sia parecchia materia per della fantascienza innovativa a dirompente. Anch’io mi ripropongo di scriverne… non appena riuscirò a capire qualcosa della scienza in questione.

C’è poi un’altra osservazione da fare. Scopo della letteratura non è strettamente la divulgazione (anche se sarebbe certo meglio che non si mettessero in giro fanfaluche). Se però io voglio scrivere una storia per vedere come si comporterebbero gli uomini visitando altri sistemi solari, devo per forza trovare un modo per portarli laggiù e quindi di superare la velocità della luce. Ergo, o trovo il modo di costruire un vero motore stellare o me ne invento uno di fantasia. I lettori lo sanno e non mi prendono sul serio, prendono per buono solo l’auspicio che nel futuro la mia invenzione fantastica diventi una realtà come il Nautilus. E’ un patto concordato di sospensione della razionalità e della credibilità scientifica che serve a non rovinarsi il gusto di leggere o guardare una bella avventura.

Il che pone tante, tante belle domande: la narrativa è basata su un tacito accordo tra scrittore e lettore, che impone a quest’ultimo la sospensione dell’incredulità… Ma questa sino a quanto deve essere spinta ?

Nella costruzione di un mondo fantascientifico godibile, quanto conta il realismo e la quanto la coerenza interna, cose di fatto distinte ? L’aderenza alla fisica può o no inficiare la leggibilità del testo ?