Ieri è morto il grande architetto visionario Lebbeus Woods. Tranne che su Domus, poco se ne è parlato.
Per onorare la sua memoria, cito le parole della Deleyva Editore, impegnata nella pubblicazione dell’opera più importante di Woods, Guerra e Architettura
L’11 agosto di quest’anno, Lebbeus Woods postava un secco intervento sul suo blog di poche righe, in cui, senza giri di parole diceva:
“I giorni in cui postavo regolarmente sul mio blog sono finiti.
Ci sono diversi motivi per questo. Per prima cosa, la mia età ed a questa fase della mia vita, con problemi di salute ed altro, tempo ed energie sono limitati.
Devo dire che per me è stato un privilegio aver potuto comunicare con così tanti lettori brillanti ed energici. È stata un’esperienza unica, a cui ho sempre dato molta importanza.
Grazie per tutto quello che mi avete dato.
LW.”
Rileggere queste righe a poche ore dalla sua morte ha un sapore amaro. Inutile girarci attorno oppure utilizzare formule di cordoglio: conoscendo per quel poco i suoi scritti, sono convinto che egli stesso avrebbe utilizzato quella parola così definitiva, guardandone ogni singola lettera, scrivendola e calcando la mano, se fosse stato necessario a ribadirla. Morte.
La lucidità con cui Lebbeus Woods cerca di rimanere aggrappato ai suoi progetti, alla sua vita, conscio che essa è ormai inevitabilmente compromessa dall’interno è l’ultima manifestazione della sua vitalità. La migliore che avrebbe mai potuto dare.
La notizia mi ha shockato più di quanto avrei mai potuto prevedere: il fatto di essere coinvolto nella pubblicazione in italiano di uno dei suoi più toccanti testi mi fa rendere partecipe all’evento più di quanto forse non dovrei.
Eppure, in questi mesi, mi sono sentito incredibilmente vicino a lui. Una vicinanza che ho condiviso con Alessia Rinaldi, Massimiliano Ercolani – che è il vero curatore del testo italiano -, Barbara Martusciello, Emidio Battipaglia, Luca Guido e molti altri. Addentrarmi nei suoi disegni, nei suoi testi, studiandone minuziosamente ogni sillaba, mi ha fatto conoscere non solo il teorico sperimentale, ma, credo, in parte anche l’uomo. In qualche strano modo, è forse per questo che la notizia ci ha colpito con così tanta violenza.
Soffermarsi sulla sua importanza e sul significato del suo lavoro sarebbe pleonastico.
Addio Lebbeus Woods.