
In Italia vi è un aforisma, variamente attribuito, che dice:
I tedeschi amano gli italiani, ma non li stimano. Gli italiani invece stimano i tedeschi, ma non li amano.
Noi italiani abbiamo mille motivi per stimare i tedeschi: perché rappresentano tutto ciò che non siamo e che vorremmo essere. Efficienza, organizzazione, virtù civiche: parole che nel Bel Paese sono poco più che vuoti suoni.
Ma non li amiamo, per un unico, semplice motivo: la loro ossessione, al limite del maniacale, di volerci rendere migliori di ciò che siamo. Un italiano è certo di vivere in un mondo imperfetto: tutti i tentativi di emendarlo, di realizzare la perfezione in terra, è tanto inutile, quanto dannoso. A raddrizzare con la forza un legno storto, spesso si rompe.
Quindi ci adattiamo, ridendo dei nostri difetti e cercando, come diceva Italo Calvino ne Le Città Invisibili di trovare nell’ Inferno dei viventi che ci circonda il nostro angolo di Paradiso, lottando affinché duri e abbia spazio nella nostra vita.
I tedeschi, al contrario, vogliono imporre a tutti la perfezione, sinonimo del voler rendere ognuno uguale a loro; noi viviamo questo come una violazione della nostra libertà più grande, essere unici nella nostra follia.
I tedeschi ci amano, perché vorrebbero essere come noi, avere il nostro stesso approccio all’esistenza. Come diceva il buon Goethe a Napoli
Anche a me qui sembra di essere un altro. Dunque le cose sono due: o ero pazzo prima di giungere qui, oppure lo sono adesso
I tedeschi però non ci stimano, perché rappresentiamo l’anarchia, il caos, tutto ciò che nella loro ambizione di rendere razionale il reale aborrono. Il fatto che nonostante tutto continuiamo a vivere e a prosperare, li mette crisi, perché nega nella pratica tutte le loro certezze intellettuali.
Nell’ Arte, l’immagine che rende alla perfezione questo complicato rapporto tra popoli è Italia e Germania di Friedrich Overbeck.
Overberck era l’esempio tipico del tedesco insoddisfatto, schiacciato dal peso delle troppe regole e convenzioni: la sua fuga a Roma, oltre al tentativo di tornare alle radici della Cultura e alla semplicità originaria dell’Uomo, che lo porterà a fondare i Nazareni, i precursori del movimento preraffaellita, era anche il tentativo di respirare l’aria della libertà esistenziale.
E l’essere diviso tra due mondi, la libertà e il senso di colpa per aver abbandonato il dominio dell’Ordine, lo ho portato a dipingere un quadro ispirato all’Amor Sacro e all’Amor Profano di Tiziano. Due figure archetipe, l’ Italia, bruna e incoronata d’alloro, per rappresentare il dominio dell’Arte e della Cultura, e la Germania, bionda e con il capo coronato di fiori, la vicinanza alla Natura e alla condizione adamitica dell’Uomo, privo del Peccato Originale, si guardano e si stringono le mani.
Sullo sfondo, dietro le spalle della tedesca, una città fortificata col campanile gotico, e dietro l’italiana, una chiesa romanica e un paesaggio di colline. Come se fossero mentali, i due paesaggi si fondono e confondono dietro le teste delle donne. Su una balaustrata a sinistra si trova un libro, emblema di storia passata, e a destra vediamo il pilastro di una casa, simbolo del futuro che dovrà essere costruito che Overberck auspica essere comune ai due popoli.
Un’immagine di armonia ? No, purtroppo, perché vi è tutta l’ambiguità del gioco di sguardi. Possessivo quello tedesco, ritroso e perso nei suoi sogni quello italiano, come se Overberck volesse dire all’ osservatore
Questo è il mio sogno, ma sono consapevole che, per i difetti e la diversa identità dei due popoli, sarà impossibile da realizzare.
Lo stesso tema è stato trattato dalla pittrice olandese Mia de Schur, realizzando un dittico di volti femminili che ricordano molto i ritratti del Fayyum. Due icone, apparentemente simmetriche, e complementari dalle infinite chiavi di lettura: rappresentano l’individualità delle due nazioni, specchio l’una delle ombre dell’altra.
Nazioni simili, che condividono le stesse radici, ma al contempo discordi, i due visi hanno dettagli differenti, che dovrebbero però trovare un comune terreno di dialogo e di cammino assieme, superando le loro incomunicabilità.
Nazioni incommensurabili, l’una non è riconducibile all’altra
I loro sguardi non dialogano, come nell’altro quadro, ma sono rivolti allo spettatore, ipotetico giudice di virtù e vizi. Ciò che colpisce è il colore, che cita quello di Overberck, ma che decontestualizzato strania chi osserva il quadro. La Germania è solare, con le tinte che esprimono tutta la loro forza.
E’ la rappresentazione del sogno tedesco di ricreare tramite l’ordine l’Eden, in cui l’Uomo vive senza peccato e in contatto diretto con Dio. L’utopia.
Mentre l’Italia è rappresentata con terre scure. L’immagine della malinconia che combattiamo ogni giorno, la disperazione che nascondiamo dietro un sorriso, la certezza che le nostre opere sono fragili e destinate a essere polvere. L’accettare il Mondo così come è, ricordando che
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.