Teoria dei Giochi e crisi greca

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Una cosa che mi ha sempre colpito, nei politici e nei giornalisti, è la scarsa conoscenza della teoria dei giochi, che permetterebbe loro di avere una percezione più chiare di tanti avvenimenti che avvengono sotto il loro naso.

L’ultimo, in ordine di tempo, è la questione greca: l’obiettivo del buon Tsipras non è cambiare l’Europa, ma di ottenere una rinegoziazione del debito, tale da aumentare la sua sostenibilità, liberando risorse per una politica keynesiana e trasformando i creditori in potenziali investitori.

Nell’Europa dei padri fondatori, associazione governata secondo le premesse della fiducia e della collaborazione tra Stati e istituzioni comunitarie in vista di un bene comune, si sarebbe trovato un compromesso, dopo lunga trattativa, più o meno valido e basato sull’Esquilibrio di Nash: scegliere una soluzione meno soddisfacente ma con più probabilità di essere ottenuta rispetto all’ottimo.

Il problema è che l’Europa attuale è ben diversa, a causa della consolidata abitudine tedesca di scaricare i problemi esterni sui vicini, giustificando il tutto con ideologie più o meno campate in aria: oggi è il turno dell’austerità che, da tesi economica su cui discutere, si è trasformata in un imperativo morale.

Di conseguenza, l’attuale Europa è un’istituzione retta sulla sfiducia e la competizione a vantaggio della Germania e a svantaggio degli altri partner. Partendo da questa visione Varoufakis ha deciso di rompere gli schemi, adottando una soluzione analoga a quella di Nixon e Kissinger nel ‘Nam.

La strategia del pazzo: far credere al competitor di essere pronti a tutto, anche ad una scelta non razionale, capace di danneggiare tutti e costringere i giocatori razionali a fare concessioni.

In quest’ottica si inquadrano il referendum e l’apertura a Putin. Risultato che con la richiesta di Francia e Italia di riaprire i negoziati e il relativo isolamento tedesco pare essere stato raggiunto.

Però, per riaprire un tavolo, orientato all’ottenimento dell’equilibrio di Nash, alla controparte deve essere concessa anche una vittoria “simbolica”, tale da permettergli di salvare la faccia…. E il sacrificio di Varoufakis svolge proprio questo ruolo.

Ricordi

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Parecchi anni fa, in circostanze alquanto peculiari, conobbi uno degli italiani, tanti o pochi non so dirlo, perché sospetto vi siano in giro molti millantatori, che negli anni Settanta e Ottanta, per scelta ideologica, desiderio d’avventura e speranza di racimolare qualche liretta, ebbe a che fare con l’IRA.

Mi raccontò che faceva la spola tra Torino e Belfast, portando a volte kit di primo soccorso, a volte volantini, a volte ancora armi.

In un paio di circostanze, se l’è vista brutta: finito in mezzo a uno scontro a fuoco, è stato gravemente ferito… In quell’occasione conobbe la sua ex moglie, una bella ragazza di Vilnius, storia poi finita, poichè a certuni brucia sempre la terra sotto ai piedi.

Roberto, come mi ricordo si chiamasse, non si riteneva un santo o un operatore umanitario: aveva scelto di schierarsi da una parte, con tutti i rischi del caso. Contava solo sulle sue forte, quando capitò tra i guai, non piagnucolò con lo stato italiano, per farsene tirare fuori.

Mi raccontò che per fare il suo mestiere, dovevi essere organizzatissimo e soprattutto, mai fiducioso su chi avevi davanti. Avere il pelo sullo stomaco e pensare prima alla fuga, poi alla missione.

Dinanzi a Greta a Vanessa, non posso che ripensare al mio conoscente: sono contento siano tornate vive, mi irritano tutte le polemiche di cui sono vittime, ma certo non posso non definirle perlomeno ingenue e superficiali.Dinanzi a Greta a Vanessa, non posso che ripensare al mio conoscente: sono contento siano tornate vive, mi irritano tutte le polemiche di cui sono vittime, ma certo non posso non definirle perlomeno ingenue e superficiali.

Politica come Narrazione

In questi giorni, sto leggendo un saggio sul declino politico di Obama. Secondo l’autore l’individuo non sceglie una posizione ideologica secondo ragione, ma in maniera istintiva, analoga alle scelte religiose o di tifo calcistico.

Scelte che non sono utilitaristiche, ma che vengono condizionate dalla dialettica con il proprio ambiente familiare e sociale.

Per cui la Politica non è nulla più di una grande narrazione, basata su visioni e idee, che cerca di costruire un’identità di gruppo più inclusiva possibile e basata sulla contrapposizione con il diverso.

Obama è stato bravissimo nel proporre visione, nel generare memi, meno nel padroneggiare le idee, nel gestire la complessità del reale: questo iato ha provocato il suo declino.

Anche in Italia, a mio avviso, negli ultimi anni siamo stati ricchi di affabulatori: Berlusconi, che, con la mitologia del nemico e del tradimento, è riuscito a sfuggire al confronto con la Realtà

Grillo, che ha perseguito una narrazione esclusiva, limitando la costruzione dell’identità a gruppi minoritari. Renzi, capace di più narrazioni, contradditorie tra loro, il che alla lunga potrebbe svuotare la sua capacità di creare suggestioni.

Bertinotti aveva ragione

Quando ero molto più giovane e magro di adesso, per una serie di fantozziani equivoci, legati al tentativo di rimorchiare una gentile donzella, finiì in prima fila in un comizio del buon Fausto Bertinotti.

Tra le tante cose che disse, tirò fuori il vecchio slogan di Potere Operaio

Lavorare meno, lavorare tutti

Dopo aver accennato alla questione delle 35 ore, descrisse un’idea, da associare a questa di ammortizzatore sociale.

I lavoratori avrebbe ridotto l’orario, con parte dello stipendio coperto dallo Stato; in cambio le aziende si sarebbero impegnate ad assumere i giovani.

Proposta che all’epoca fu criticata, ma che adesso è utilizzata, anche con buoni risultati, con il nome di solidarietà espansiva...

Insomma, almeno su una cosa Bertinotti aveva ragione….

Euro e teoria del caos

Negli ultimi giorni, con l’approssimarsi delle elezioni europee, politici di ogni genere e risma sparano dichiarazioni a raffica. Uno dei temi più controversi è quello della moneta unica: c’è chi parla di tragedie imminenti se vi rimaniamo, altri preannunciano piaghe bibliche se ne usciamo fuori.

In realtà, entrambi aprono la bocca e vi mettono fiato: per dimostrare questa tesi, proviamo a ripassare un poco di matematica.

L’economia, intesa come insieme di relazioni e di scambi, può essere modellizzata come una rete a feedback (per i più smaliziati come una particolare tipologia di sistemi AC di Classe IV, secondo Wolfram)

Per un numero N di nodi sufficientemente grande, dipendente dal tipo di relazione implemenentate, attualmente tale valore è considerato pari a 20, il sistema entra nelle condizioni espresse dalla dinamica non lineare (la teoria del caos, per intendenderci)

Sistemi caratterizzata dalla forte dipendenza puntuale dalle condizioni iniziali (il cosiddetto effetto farfalla) e dall’indipendenza complessiva dalle stesse condizioni iniziali (l’evoluzione del sistema sarà sempre vincolata nell0 spazio delle fasi dai suoi attrattori strani)

Vuol dire che non possiamo definire a medio termine le conseguenze di qualsiasi decisione in ambito economico: tuttavia, questa sarà sempre compresa in un insieme di valori (in pratica qualsiasi finanziaria farà il governo, non ci renderà mai tutti ricchi o tutti poveri, ma il reddito medio tenderà a oscillare in una fascia ben definita)

Ciò vale anche per l’uscita dall’Euro: non sarà una manna dal cielo, nè una catastrofe epocale, essendo a medio termine invariante rispetto all’attrattore strano che definisce l’economia italiana.

Per cui, tale decisione, è legata a considerazioni esterne all’economia, dal tutelare il potere d’acquisto e reddito di bacini elettorali alla concezione che si ha della propria sovranità nazionale (essere più o meno junior partner del Reich tedesco, insomma…)

Inoltre, qualsiasi sia la decisione, compito del governo, è cercare di governare il transitorio, magari non utilizzando tecniche di sincronizzazione di circuiti caotici, ma il semplice buonsenso, che pare così raro in Italia..

Sempre visti da fuori

Thomas, per chi bazzica il blog, è un mio conoscente americano che ha avuto la brillante idea di voler dedicare un saggio ai PIGS. Per questo ha preso baracche e burattini e si è trasferito nel Mediterraneo: esperienza, che a suo parere, a migliorato di gran lunga la sua qualità della vita.

Così ne ho approfittato per chiedere il suo parere sul movimento 9 dicembre

Sorpreso di quanto sta accadendo ?

No. In Italia, per le peculiarità del suo tessuto produttivo ed economico, la crisi è arrivata sfalsata di circa un anno rispetto agli altri paesi di Europa.

Quindi, in ritardo, stiamo assistendo al replicarsi delle stesse dinamiche che si sono verificate in Spagna, Portogallo e Grecia.

Al culmine della crisi, si sviluppa dalla base un movimento di protesta sociale.

La piccola e media borghesia italiana, impoverita e spaventata dalla crisi, le ha provate tutte per esprimere il suo dissenso per una politica che ritiene insensata: dal voto al Movimento 5 stelle all’astensione in massa.

Però la classe politica, autoreferente, ha ignorato questi segnali: ovvio che le persone scendano in piazza. Sai invece cosa mi sorprende veramente ?

Dimmi

La miopia degli intellettuali, specie di sinistra, davanti al fenomeni. Dovrebbero essere eredi di Gramsci, seguaci del principio di realtà, invece sembra che cadano tutti dal pero.

Non si rendevano conto di quanto stava accadendo nei paesi vicini ? Non bazzicavano i social media ?

Su Facebook sono mesi che si parla di organizzare le manifestazioni di questi giorni.

Poi la loro profonda ignoranza storica…

In che senso ?

Parlare a sproposito di Fascismo o di Cile. Ma se ne rendono conto o no che gli scenari sono diversi ?

L’Italia è uscita da una guerra che ha reso accettabile e pervasivo l’uso della violenza ? Ci sono stati due anni di occupazioni delle fabbriche ? Vi è un forte ed egoista movimento agrario ?

E per il Cile ?

Per quanto Letta sia impopolare, al confronto di Allende è amatissimo. E grazie al cielo, non ci sono in Italia i problemi di impoverimento e guerra civile latente che vi erano in Cile all’epoca. Nè nessuno al mondo ha interesse a destabilizzare l’Italia.

Poi, i militari italiani… Mi pare che l’ultima cosa a cui pensino sia il golpe

Tra l’altro, nonostante le chiacchiere di tanti mie colleghi, che parlano di tentativo di rendere il Cile in una dittatura simil sovietico, Allende era un sincero democratico: se Nixon e buona parte dei suoi concittadini avessero avuto più pazienza, Allende avrebbe perso sicuramente le successive elezioni presidenziali.

Il Cile si sarebbe risparmiato anni di tragedie e la mia nazione una figura meschina

Secondo te, quali sono le peculiarità del movimento 9 dicembre ?

Il Policentrismo, che se impedisce di avere una base programmatica, permette di applicare l’equivalente della guerriglia nell’ambito della protesta: il che, uniti alla centralità dell’uso dei social media, funge da moltiplicatore di forze, dando all’opinione pubblica l’idea che vi siano coinvolti grandi numeri di manifestanti, quando la realtà è ben differente

Che dovrebbe fare il governo ?

La repressione, come mostra l’esperienza NO TAV, è inutile e non fa altro che acerbare gli animi.

Il confronto lo altrettanto: non esistono controparti unitarie, nè una base seria di trattativa.

L’unica cosa è di avere pazienza, come negli altri paesi: con il superamento della crisi, il movimento si esaurirà da sè

Malattie italiane

Scrivere due righe sul movimento dei forconi mi imbarazza, perché mi costringe a dare pessimi giudizi sull’Italia, sulla sua classe politica e su suoi intellettuali: però, cerco di trattenermi, limitandomi a fare un poco di cronaca.

Il Movimento dei Forconi è nato nella primavera 2011, quindi chi dice che è spuntato all’improvviso, manipolato da chissà chi, o ha memoria corta o è in malafede, dal sodalizio tra pastori sardi, agricoltori siciliani e piccole aziende d’autotrasporto.

Esperienze differenti, unite da una piattaforma in cui di chiedeva la defiscalizzazione dei carburanti e dell’energia elettrica, l’utilizzo dei fondi europei destinati allo sviluppo per la risoluzione della crisi dell’agricoltura e il blocco delle procedure esecutive della Serit, agenzia regionale della Sicilia dedicata alla riscossione dei tributi.

Il solito particulare di Guicciardini, per essere onesti: per combattere la loro battaglia e farsi ascoltare da Palazzo dei Normanni, i forconi hanno adottato un metodo abbastanza comune nella storia d’Italia, i blocchi stradali, cominciati a metà gennaio 2012 e durati una decina di giorni.

Allora perchè a differenza degli operai di Cassino che hanno fatto la stessa cosa per anni allo scopo di difendere il loro posto di lavoro, i forconi sono diventati famosi ?

Da una parte, c’è il sommarsi di due crisi: una economica, con l’impoverimento del ceto medio e una di rappresentanza, con lo scollamento tra politica e corpo sociale, che sono diventate una fucina di malumore che in qualche modo deve sfogarsi.

Dall’altra, quello dei forconi è stato uno dei primi esempi dell’irrompere dei social media nella politica italiana. Radio, Televisioni e giornali avevano inizialmente ignorato il fenomeno, considerandolo un episodio di folclore locale, sono state prese alla sprovvista dal tam tam su facebook e su twitter delle manifestazioni e costrette ad occuparsene.

Di conseguenza, i forconi sono stati visti anche come ribellione all’omologazione culturale e informativa imposta da media tradizionale

Fenomeni che hanno trasformato il movimento siciliano in un simbolo, al di là delle sue aspettative e richieste, in fondo ricondubile a meno accise sul gasolio.

Poi la Sinistra italiana, a cominciare da Bersani e dalla Camusso per arrivare ai radical chic del Popolo Viola, compie uno dei suoi soliti errori storici: invece di capire i problemi e il malumore alla base dei forconi, al cui nucleo iniziale si erano aggregate componenti progressiste, come i CSO di Palermo e di altre città siciliane, e cercare di ricondurre il movimento nell’alveo della normale dialettica democratica, lo demonizza, chiudendo le porte ad ogni dialogo e regalandoli agli avversari politici.

Il governo Monti, accettando le richieste sugli sconti per le accise del carburante e sulla RC auto, riuscì a mettere fine alle proteste.

In questi mesi, però, il fenomeno alla base dei forconi, crisi economica e di rappresentanza, si è ampliato e il movimento, grazie anche al dibattito su Internet, un brand, capace di convogliare tutti gli scontenti contro il sistema.

Se questa è la sua forza, la vaghezza liquida in cui tutti si sentono rappresentati, è anche il suo limite, perchè impedisce la creazione di qualsiasi proposta politica concreta e non velleitaria. Ok, bisogna cacciare Letta e poi ? Si va a votare, con che legge ?

Si vuole uscire dall’Euro, ma con che strategia per rilanciare le esportazioni e mitigare gli effetti sull’inflazione e sui consumi ?

L’unico effetto concreto dei forconi, paradossalmente, è mostrare la pochezza intellettuale dei radical chic: invece che documentarsi e capire, rendendosi conto che quello che sta accadendo non è nulla piùche la versione moderna del tumulto dei Ciompi o dell’assalto ai forni, protesta senza nè capo nè coda, si dedicano all’onanismo mentale, paventando il ritorno del fascismo o scenari cileni, dimostrando per l’ennesima volta che in Italia la storia si conosce per sentito dire…

P.S. sulla questione polizia… Oggi ho preso il caffè con paio di agenti, simpatizzanti del PD

Gli ho chiesto dei caschi tolti

“Senta Ingegnere, io avrei fatto la stessa cosa. Se la maggior parte dei partecipanti alle manifestazioni dei no global sono figli di papà che giocano a fare il rivoluzionario, e se fanno casino c’è sempre l’amico di famiglia che li tira fuori dai guai, i forconi sono poveri cristi come me, con il mutuo e con le tassa da pagare, abbandonati dallo Stato.

Con chi posso essere solidale ?”

E sarebbe interessante capire perché la protesta è ormai vista come sport per ricchi annoiati….

Recensione Noccioline da Marte

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Do visibilità a una bella recensione del mio ultimo lavoro fatta da Feanor

Breve romanzo o racconto lungo scritto benissimo e con due “personaggi” (tra virgolette perché… non si può spiegare senza spoilerare) ben caratterizzati… peccato solo che sia così breve!

Potrebbero tranquillamente essere 4 stelle, ma una la tolgo perché l’autore riesce ad infilarci anche… Berlusconi, e questa mania italiana di arrivare lì non importa quale sia il punto di partenza del discorso (una specie di variante locale della “legge di Godwin”), io non la sopporto più. D’altro canto: ad ognuno il suo e magari per un altro lettore la (surreale) presenza di B potrebbe far aumentare il fascino di “Noccioline da Marte”

Però, evidenzio una cosa: la presenza surreale non è di Mr B, ma del professor Monti.

Paradossalmente, si può rigirare la frittata: perchè ogni lettore, quando si fa satira sulla politica, come in una perenne illusione ottica, vede apparire sullo sfondo il Cavaliere ?

Alla fine, senza dare giudizi positivi o negativi, è la vera icona pop della cultura italiana, capace di ridefinire il nostro immaginario

Agonie

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E’ difficile spiegare ai miei amici stranieri cosa è successo in Italia: per molti di loro sembra incredibile che un partito, il PD, possa anteporre le sue beghe interne al benessere generale.

Il problema è che in Italia, a differenza delle altre democrazia avanzate, non rappresentano ceti sociali o ideologici uniti da un progetto di società, ma una federazione di clientele e consorterie tenute in piedi alla meno peggio o da una leadership carismatica, come il PDL o il M5S, oppure, come nel caso del PD, dal rifiuto di Berlusconi.

E questo genera il paradosso del PD: un partito costruito per la sconfitta, perchè questa permette di serrare le fila contro il nemico esterno e non per la vittoria, capace di far emergere le sue contraddizioni.

Bersani, con i suoi incredibili limiti e il suo essere re travicello, è riuscito a raggiungere con la sua non vittoria, che costringe il suo partito ad allearsi con il nemico, è riuscito a portare il PD nelle condizioni di deflagazione.

E ora ? La soluzione più razionale e meno dannosa per l’Italia sarebbe nella divisione del PD, in un partito serio di estrazione liberale e in un contenitore capace di unire tutte le anime della Sinistra, da Barca a Vendola.

Il problema è che la razionalità, nella politica italiana non è di casa… E così il PD continuerà a oltranza nella sua agonia, facendo pagare il prezzo a tutti gli italiani

Sedute spiritiche

Per ricordare di che pasta è fatto un candidato alla Presidenza della Repubblica, ecco a voi l’audizione di Romano Prodi del 10 giugno 1981 pressso la Commissione Moro
PRESIDENTE: Debbo richiamare la sua attenzione sul fatto che la Commissione assume le sue dichiarazioni in sede di testimonianza formale e sulle conseguenti responsabilità in cui ella può incorrere, anche in relazione al dovere della Commissione di comunicare all’Autorità giudiziaria eventuali dichiarazioni reticenti o false (…)

ROMANO PRODI: Ripeto quanto ho già scritto nella mia lettera. In un giorno di pioggia in campagna, con bambini e con le persone che penso vedrete successivamente, perchè sono tutte qui, si faceva il cosiddetto «gioco del piattino» (…) Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli. Naturalmente, nessuno ci ha badato; poi, in un atlante, abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno ne sapeva qualcosa e, visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa (…)

CORALLO: Per farla sentire meno ridicolo, dato che questa sensazione è un po’ comune a tutti … Mi scusi, professore, vorrei dirle che la scrupolosità della Commissione parte da un’ipotesi che dobbiamo accertare essere inesistente, e cioè – non credo molto agli spiriti – se ci possa essere stato qualcuno capace di ispirarli (…) Chi partecipò attivamente al gioco? Voi eravate tanti, però un ditino sul piattino chi lo metteva?

ROMANO PRODI: A turno tutti: c’erano 5 bambini; era una cosa buffa. Non crediamo alla atmosfera degli spiriti e che ci fosse un medium. Io le dico: tutti; anch’io ho messo il dito nel piattino (…)

PRESIDENTE: Non c’era un direttore dei giochi?

ROMANO PRODI: No. Bisogna vedere come se ne sono impadroniti i giornali; come di una seduta medianica, che non so nemmeno cosa sia, ma era un gioco collettivo invece, come tutti facemmo in quel momento; l’ho imparato dopo.

LAPENTA: Chi lanciò l’idea di questo gioco?

ROMANO PRODI: All’inizio il padrone di casa; non so… All’inizio ero in disparte con i bambini e dopo il gioco mi ha incuriosito.

FLAMIGNI: Come venne fuori la specificazione «casa con cantina»?

ROMANO PRODI: Ne sono venute fuori diecimila di queste cose: è venuto fuori «cantina», «acqua». In questo momento non lo ricordo nemmeno; il gioco è andato avanti per ore (…) Ripeto che non ho preso sul serio queste cose e, evidentemente, se non ci fosse stato quel nome, non avrei nè raccontato nè detto la cosa perchè cerco di essere un uomo ragionevole, onestamente.

FLAMIGNI: Nella testimonianza che lei ha reso al giudice dice: «Fui io a comunicare al dottor Umberto Cavina, nonchè il giorno prima alla Digos di Bologna attraverso un collega universitario, la notizia concernente la località: Gradoli, in provincia di Viterbo. A tale indicazione, con l’aggiunta che poteva trattarsi di una casa…»

ROMANO PRODI: Guardi, non me lo ricordavo neanche per il poco peso che gli ho dato. Ne sono saltate fuori tante di queste cose! Tutti hanno detto che non conoscevano questo paese; questo era importante.

PRESIDENTE: La notizia era talmente importante che se l’avessero ben utilizzata, le cose probabilmente sarebbero cambiate.

ROMANO PRODI: Non ho mai creduto a queste cose … sarà stato un caso.

COLOMBO: Tutte le persone parlavano di un paese…

ROMANO PRODI: Bolsena, Viterbo, Gradoli; si faceva la targa VT; i monti Volsini… ripeto, dopo si dava importanza perchè avevamo visto dove erano; con la carta geografica in mano, fa tutti i «ballottini» che vuole…

CORALLO: «Ballottini» sta per piccoli imbrogli.

ROMANO PRODI: Con la carta geografica davanti davanti, lei capisce non è più…Scusi l’espressione.

FLAMIGNI: Dopo la seduta spiritica…

ROMANO PRODI: No, era veramente un gioco.

FLAMIGNI: Non si può chiamare seduta spiritica.

ROMANO PRODI: Non me ne intendo; mi dicono che ci vuole un medium.

FLAMIGNI: Comunque il risultato, la conclusione è che almeno quando viene fuori la parola «Gradoli» le si attribuisce importanza perchè lo si comunica alla segreteria nazionale della Dc, al capo della Polizia; poi, si muove tutto l’apparato.

ROMANO PRODI: Quando l’ho comunicato a Cavina m’ha detto che ce ne sono state quarantamila di queste cose. Fino al momento del nome, non era stato molto importante; per scrupolo (…) lo comunichiamo (…)

FLAMIGNI: Lei venne appositamente a Roma per riferire a Cavina?

ROMANO PRODI: No, era un convegno…non ricordo su che cosa, e dovevo venire a Roma.

FLAMIGNI: E quanti giorni dopo il «giochetto»?

ROMANO PRODI: Due-tre, non ricordo (…)

FLAMIGNI: Chi interpretava le risposte del piattino?

ROMANO PRODI: Un po’ tutti. Era semplice, vi erano le lettere, si mettevano in fila e si scrivevano.

FLAMIGNI: Bisognerebbe capire qual era esattamente lo svolgimento del gioco (…) quali erano le domande poste.

ROMANO PRODI: Le domande erano: dov’è? perchè? Moro è vivo o morto? Del resto, persone che hanno fatto altre volte il «piattino» sanno di che cosa si tratta e possono darle spiegazioni più esaurienti.

BOSCO: Chi erano le persone che l’avevano fatto altre volte?

ROMANO PRODI: II professor Clò, ad esempio, ed altri che risponderanno perchè sono tutti qui (…)

FLAMIGNI: (…) sarebbe importante quantificare quali furono le domande.

ROMANO PRODI: Questo non ha niente a che fare con la tecnica del gioco ed è evidente che me lo ricordi. Le domande erano: dov’è Moro? Come si chiama il paese, il posto in cui è? In quale provincia? E nell’acqua o nella terra? E’ vivo o morto?

FLAMIGNI: Quali erano le risposte ad ognuna di queste domande?

ROMANO PRODI: Qui intervengono problemi tecnici sui quali potranno essere date spiegazioni più esaurienti delle mie; comunque, vi erano delle lettere su un foglio e il piattino, muovendosi, formava le parole e indicava sì o no.

FLAMIGNI: Che cosa succede: uno mette il dito su questo piattino?

ROMANO PRODI: No, tutti.

FLAMIGNI: Ad un certo momento parte un impulso per cui il piattino si sposta e va su una lettera?

ROMANO PRODI: Sì. Posso comunque dire che, dopo questa esperienza, ho trovato tanta gente che mi ha confessato di aver fatto la medesima cosa.

CORALLO: (…) Di solito, quando il piattino comincia a muoversi, la domanda che si fa è: chi è l’interlocutore, lo spirito con il quale ci si intrattiene.

ROMANO PRODI: Alla fine è accaduto anche questo, ma all’inizio no. C’è stato chi ha detto: interroghiamo Don Sturzo o La Pira, ma le prime risposte, in un primo momento, erano soltanto sì o no.

CORALLO: L’interlocutore era dunque ignoto.

ROMANO PRODI: All’inizio sì, poi vi furono anche interlocutori vari tra i quali, per quel che mi ricordo, Don Sturzo (…)

CORALLO: Si trattava dunque di un gioco in famiglia, tra amici. Un’ultima domanda professore: tra i partecipanti, vi era anche qualche esperto di criminologia?

ROMANO PRODI: No, assolutamente no (…) Tra i partecipanti alla seduta vi ero io, che sono un economista, il professor Gobbo, che ha la cattedra a Bologna di politica economica, il professor Clo, che ha l’incarico di economia applicata all’Università di Modena e che si interessa di energia, ma di petrolio, non di fluidi. Vi era anche suo fratello che è un biologo (non so di quale branca, anche se mi pare genetica) e vi era anche il professor Baldassarri che è economista, ha la cattedra di economia politica all’Università di Bologna. Tra le donne vi erano mia moglie, che fa l’economista, la moglie del professor Baldassarri, laureata in economia, ed altre che non so cosa facciano professionalmente.

SCIASCIA: Nella lettera che è stata mandata alla Commissione, firmata da tutti voi, si dice che la proposta di fare il gioco è partita dal professor Clo.

ROMANO PRODI: Perchè era il padrone di casa.

SCIASCIA: Nella lettera si aggiunge che tutti vi parteciparono a puro titolo di curiosità e di passatempo, che la seduta si svolse in un’atmosfera assolutamente ludica.

ROMANO PRODI: Vi erano cinque bambini al di sotto dei dieci anni!

SCIASCIA: Si dice anche che nessuno aveva predisposizione alcuna di tipo parapsicologico o, comunque, pratica di queste cose, ma una certa pratica di queste cose qualcuno doveva pur averla!

ROMANO PRODI: Certo, a livello di gioco, la tecnica era conosciuta; però pratica di queste cose direi che non vi fosse. Ripeto, a posteriori, mi sono reso conto che vi è gente che tutte le sere lo fa!

SCIASCIA: Tra i dodici, qualcuno aveva pratica di queste cose?

ROMANO PRODI: Intendiamoci sulla parola pratica, onorevole Sciascia. Se qualcuno lo aveva fatto altre volte voi lo potrete sapere chiedendo agli altri, ma nella nostra lettera abbiamo detto che non vi era nessuno che, con intensità, si dedicava a questo. naturalmente vi era qualcuno che, altre volte, l’aveva fatto.

SCIASCIA: Francamente, io non saprei farlo.

ROMANO PRODI: Anche io non sapevo farlo! Non ne avevo la minima idea e, infatti, mi sono incuriosito moltissimo.

SCIASCIA: La contraddizione che emerge è questa: se c’è una seduta di gente che crede negli spiriti o, comunque, nella possibilità che si verifichino fenomeni simili, se c’è una seduta di questo genere – ripeto – e ne viene fuori un certo risultato del quale ci si precipita ad informare la Polizia ed il Ministero dell’Interno lo posso capire benissimo, ma che si svolga tutto questo in un’atmosfera assolutamente ludica, presenti i bambini, per gioco, e che poi si informi di ciò la Polizia attraverso la mediazione di uno che non era stato presente al gioco, e se ne informi quindi il Ministero dell’Interno, a me sembra eccessivo e contraddittorio.

ROMANO PRODI: Ma è venuto fuori, onorevole, un nome che nessuno conosceva! Anche se ci siamo trovati in questa situazione ridicola, noi siamo esseri ragionevoli. Ci siamo chiesti tutti: Gradoli nessuno di voi sa se ci sia? Se soltanto qualcuno avesse detto di conoscere Gradoli, io mi sarei guardato bene dal dirlo. E’ apparso un nome che nessuno conosceva, allora per ragionevolezza ho pensato di dirlo.

SCIASCIA: Direi per irragionevolezza.

ROMANO PRODI: La chiami come vuole. La motivazione reale è che con una parola sconosciuta, che poi trova riscontro nella carta geografica, a questo punto è apparso giusto per scrupolo…

SCIASCIA: Poteva far parte della insensatezza del gioco anche il nome Gradoli.

ROMANO PRODI: Però era scritto nella carta del Touring.

SCIASCIA: La signora Anselmi dice che seguirono dei numeri che poi risultarono corrispondere sia alla distanza di Gradoli paese da Viterbo sia al numero civico e all’interno di via Gradoli.

ROMANO PRODI: Questo proprio non mi sembra … c’era sul giornale…

SCIASCIA: La signora dice di aver sentito questo dal dottor Cavina.

ROMANO PRODI: Onestamente io non.. Non avrei difficoltà a dirlo.

CORALLO: Nell’appunto di Cavina c’è il numero della strada.

ROMANO PRODI: Può darsi che negli appunti ci sia perchè dopo abbiamo visto sulla carta, strada statale, i monti vicini. L’importante è che si trattava del nome di un paese che a detta di tutti nessuno dei presenti conosceva. Capisco che era tutta un’atmosfera irragionevole, però…

SCIASCIA: Non mi sembra determinante il fatto che non si conoscesse il nome. Viterbo si conosceva e poteva benissimo trattarsi anche di Viterbo.

ROMANO PRODI: Se fosse stato Viterbo, non ci avrei badato perchè si può sempre comporre una parola che si conosce.

SCIASCIA: Chi ha deciso di comunicare all’esterno il risultato della seduta?

ROMANO PRODI: L’ho fatto io perchè ero l’unica persona che conoscesse qualcuno a Roma. Ho parlato con tutti, con Andreatta etc. Non è che ho telefonato d’urgenza; ho detto vado a Roma e lo comunico. Questo è stato deciso una volta che si è saputo che esisteva questo paese che nessuno conosceva.

SCIASCIA: Ora le farò una domanda che farò a tutti. Lei ha mai conosciuto nessuno accusato o indiziato di terrorismo?

ROMANO PRODI: Mai.

COVATTA: II senso della domanda è se qualcuno aveva interesse ad ispirare gli spiriti.

ROMANO PRODI: E’ sempre la domanda che mi sono sempre posto anch’io.

BOSCO: All’interrogativo che si è posto, come ha risposto? Cioè se qualcuno poteva aver ispirato gli spiriti.

ROMANO PRODI: Lo escluderei assolutamente.

BOSCO: Quindi si è trattato di spiriti.

ROMANO PRODI: O del caso … Non so … Mi sembra che il senso della domanda dell’onorevole Covatta sia quello di chiedere se c’era qualcuno che voleva fare «il furbetto», spingendo in un certo modo o rallentando. Questo no. D’altra parte…

FLAMIGNI: Se avessimo ascoltato un riferimento di quella seduta in maniera molto impegnata e che i protagonisti credevano veramente allo spiritismo e alla possibilità di avere qualche forza in aiuto, allora mi darei una spiegazione, ma proprio perchè il professor Prodi parla di tutto ciò come un gioco, la mia curiosità si accentua. Ritengo che qualcuno potesse anche sapere. Parto da questa considerazione per dire che voglio conoscere le domande effettive e le risposte che sono venute fuori.

ROMANO PRODI: Ho detto le domande effettive e le risposte. Uno dei problemi che si pone per una cosa del genere è proprio quello contenuto nella sua domanda. Crede che quando è uscito il nome di via Gradoli io non mi sia posto il problema di chiedermi se c’era qualcuno che faceva il furbo? Altrimenti non sarei qui in questa situazione in cui mi sento estremamente imbarazzato ed estremamente ridicolo (…)