Popoli del Mare ?

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In questi giorni si è tornati a parlare dei Popoli del Mare e della crisi che mise fine ai complessi equilibri politici ed economici presenti nel Mediterraneo nella tarda età del Bronzo. Il motivo è lastra calcarea lunga 10 metri e alta 35 centimetri è stata trovata nel 1878 nel villaggio di Beyköy, a 34 chilometri a nord di Afyonkarahisar nella Turchia moderna. L’archeologo francese George Perrot copiò l’iscrizione prima che la pietra venisse utilizzata dagli abitanti del villaggio come materiale da costruzione per la fondazione di una moschea.

La copia è stata riscoperta nella tenuta dell’inglese James Mellaart, studioso di preistoria, dopo la sua morte occorsa nel 2012 ed è stata consegnata da suo figlio al dottor Eberhard Zangger, presidente della fondazione Luwian Studies , perché fosse analizzata. Dalla traduzione parrebbe come un re di Mira, uno dei tanti stati dell’area Arzawa, una zona a lingua luvia dalla storia politica alquanto complicata, un coacervo di guerre civili, di vassallaggi agli hittiti, di ribellioni, che intorno al 1200 a.C. era riuscita a riavere un ruolo centrale nella politica anatolica, tanto che Šuppiluliuma II, l’ultimo imperatore ittita conosciuto, dopo avere riunificato i suoi domini, ne riconosceva al suo regnante il titolo di Gran Re, equiparandolo diplomaticamente al faraone egiziano, abbia organizzato un’alleanza tra i tanti statarelli luvi, organizzato una flotta e messo a ferro e fuoco i vicini.

Ora benché vi siano notevoli problemi sulla trasmissione testuale e sulla traduzione e che quanto contenuto con il testo non sia consistente con quanto narrato da Ramesse nella stele issata a Medinet Habu, in cui elenca, tra gli stati distrutti dai Popoli del Mare, oltre che la Terra degli Hatti, l’impero hittita, anche la stessa Arzawa, un paio di elementi a sostegno ve li ha.

Il primo é come molti stati luvi, come Kummuhi (Commagene in epoca classica), Milid (Militene), Tabal (Tubal nella Bibbia), Tiantis sul Tauro, sembrano essere stati immuni al caos dell’epoca. il secondo è come tale narrazione si incastri bene con quanto narrato nelle tavolette in lingua accadica concernenti la corrispondenza di Hammurapi III (1195-1190), ultimo sovrano di Ugarit (Ras Shamra, Siria), rinvenute nel suo archivio privato.

I passi più indicativi della corrispondenza di Ugarit datata al 1190 a.C. sono:
1) la segnalazione del sovrano di Cipro della presenza in mare di una flotta nemica e il suggerimento al re di Ugarit di allestire le difese . Questo sovrano sconosciuto era stato insediato a Cipro da pochi anni dal re ittita Suppiliuluma II, di cui è tramandata una vittoria sulla flotta cipriota, intorno al 1200 a.C., utilizzando – probabilmente – le navi di Ugarit.
2) la drammatica comunicazione del sovrano ittita Suppiliuluma II (1200-1182 a.C.), che attesta la sua sconfitta di fronte a un nemico di difficile identificazione e la devastazione del paese;
3) la risposta di Hammurapi III al re di Cipro, nella quale, dopo essersi giustificato di aver dovuto inviare le sue truppe e le sue navi in Licia (probabilmente per difendere il territorio degli Ittiti, essendone vassallo), comunica che l’attacco nemico era già iniziato e di non avere i mezzi per respingerlo . Tale nota non sarà mai spedita, a causa della distruzione della città.

Tuttavia, ciò lascia aperto anche due grossi problemi

  • Cosa abbia spinto una civiltà complessa e urbanizzata, come quella luvia, che aveva finalmente raggiunto uno status internazionale, a trasformarsi in una sorta di vichinghi dell’età del bronzo ?
  • Che legami vi sono tra questi eventi e ciò che è accaduto in Occidente, con il crollo della civiltà micenea ?

A livello di chiacchiere, senza alcuna pretesa di storicità, proviamo a formulare un’ipotesi, alquanto peregrina, visto le idee alquanto vaghe che abbiamo sul mondo miceneo, che da una parte, dalla corrispondenza diplomatica egiziana e ittiti, pare un’entità unitaria, mentre dalle scoperte archeologiche appare come un coacervo di tanti staterelli feudali, fortemente burocratizzati.

E’ possibile che questi staterelli si siano organizzati in una sorta di lega, in cui, in analogia con quanto accadrà nella Grecia Classica, ci siano state parecchie guerre civili: al di là di quanto riportato nei vari miti, dalle vicende degli Atridi ai Sette contro Tebe, vi sono segni di lotte e distruzioni a Micene, Tirinto e Tebe, che a pace raggiunta, furono seguiti da imponenti lavori di fortificazione, come la prima costruzione dell’Hexamilion.

A questo aggiungiamoci come nel XIII sec. a.C. alcuni terremoti devastanti colpirono i centri della Grecia di Tebe, Tirinto, Micene, Midea e Pilo . Recenti scavi hanno dimostrato che la redazione di alcune tavolette dell’archivio di Tebe fu interrotta bruscamente a causa di materiali edilizi precipitati improvvisamente dai piani superiori. Il che, in una società in cui magari, per legittimare il predominio di uno staterello sull’altro, vi sia stato una sorta di “protezione sacrale”, può aver logorato le basi ideologiche su cui si basava il tessuto sociale.

I contadini, gli artigiani e i mercanti, visto che gli dei potevano avere abbandonato i loro capi, potevano esprimere in diverse forme la contestazione e il malumore nei loro confronti, dalla ribellione allo sciopero bianco.

Comunque sia, gli staterelli micenei. che per mantenere la complessa e ridondante struttura amministrativa,che raccoglieva tasse e ridistribuiva beni, avevano quattro principali fonti di entrate: l’agricoltura, il commercio internazionale, l’esportazione di ceramiche, bronzi e tessuti e i proventi della guerra.

Tra il 1250 e il 1200 a.C., queste fonti entrano in crisi: la tarda età del bronzo è un periodo di forte cambiamento climatico, ben più estremo di quello che stiamo vivendo oggi. na ricerca dell’Università di Tolosa sui grani di polline ottenuti dai sedimenti del lago salato di Hala Sultan Tekke (Cipro) ha evidenziato l’esistenza di una terribile siccità nel bacino del Mediterraneo, nell’età del bronzo finale, che ebbe per conseguenza la riduzione drastica della produzione agricola. Lo stesso è testimoniato dai sedimenti estratti sul fondo del lago di Tiberiade (o mar di Galilea).

E la riprova di quanto fossero drammatiche le carestie connesse è stata fornita dai documenti egizi. Nel 1223 a.C.il faraone Merenptah acconsentì ad inviare navi cariche di grano “per tenere in vita la nella terra degli Ittiti” . Inoltre, le tavolette di Ugarit del 1200 a.C. circa, poco prima dell’invasione dei Popoli del Mare, confermano il prosieguo della drammatica carestia prodottasi nel regno ittita, che chiede a Ugarit di inviare 2000 misure di grano da Mukish a Ura .

Se nel Vicino Oriente e in Egitto gli impatti sono stati pesanti, possiamo immaginare che dramma abbiano vissuto gli agricoltori e gli allevatori micenei. Con la carestia, non si potevano più pagare le tasse al Palazzo, le terre feudali da cui l’amministrazione traeva lo stipendio non erano più produttive, la moria delle pecore avrà fatto collassare sia la manifattura, sia il commercio dei tessuti. A questo si associano le sconfitte militari, dovute alla reazione ittita alla presa di Wilusa, che porta alla cacciata dei Micenei dall’Asia minore e la crisi del commercio, dovute sempre all’embargo ittita.

Questa crisi economica è evidente negli ultimi documenti scritti dei palazzi micenei: nei ultimi mesi prima del collasso, alle fucine del Palazzi, che svolgevano un ruolo centrale nella produzione delle armi e dei beni di lusso da usare come status symbol e come beni da esportare, vengono consegnati appena pochi chili di bronzo.

Per cui, intorno al 1225 a.C., il complesso e fragile mondo miceneo entra in tilt: ci saranno state rivolte generalizzate e orde di profughi saranno migrati sia a ovest, verso l’Italia, integrandosi nella società tribali dell’epoca, che proprio per la minore organizzazione politica godevano di maggiore resilienza e ad Est, verso gli antichi partner politici e commerciali luvi. Questi, per evitare il collasso dovuto a questi arrivi inaspettati, forse decisero di cavalcare la tigre, imitando l’abitudine micenea di sottrarre risorse ai vicini tramite la guerra predatoria

P.S. non sapendolo, ho scoperto come Eberhard Zangger abbia formulato un’ipotesi assai simile alla mia

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