
La nostra passeggiata virtuale negli scavi di Cuma continua visitando gli ultimi tre principali monumenti della città: le terme del Foro, le terme Centrali e il Tempio di Iside. Le Terme del Foro sono edificate nella seconda metà del I sec. d.C. immediatamente a nord della piazza del Foro, in un periodo di boom per la cittadina, pochi decenni dopo l’apertura della via Domitiana (95 d.C.), in area precedente occupata da strutture, probabilmente a destinazione commerciale, risalenti al periodo repubblicano.
La centralità della posizione fa supporre un uso pubblico, sebbene le dimensioni siano abbastanza contenute rispetto agli impianti termali di Baia e del Lago d’Averno. La loro struttura ricalca esattamente il canone architettonico delle terme romane, simile, a grandi linee, a quello delle Terme di via Terracina a Napoli e quelle del Foro a Ostia.
Queste Terme hanno due ingressi: uno monumentale, arricchito da due colonne in marmo cipollino ancora visibili, che via che costeggiava il Capitolium, immetteva nel corridoio porticato e nella esterna, probabilmente scoperta, e uno secondario, se una strada perpendicolare alla precedente, che introduceva direttamente nel vestibolo, il quale comunicava, mediante un corridoio colonnato, con il frigidarium.
A destra e a sinistra del vestibolo si aprivano due ambienti, uno con la funzione di spogliatoio, l’altro di sala per i massaggi. Gli ambienti caldi, esposti a sud, rispettano la successione abituale: dai tepidaria, si passa nella sudatio, la sauna e, quindi, nel calidarium.
Le Terme del Foro di Cuma, a differenza di molte strutture termali flegree, non sfruttano vapori termali né sorgenti naturali, ma sono dotate di un forno, che si alimentava a legna. Da qui il calore veniva canalizzato in un sistema di concamerazioni, ancora visibili sotto il pavimento e dentro le pareti laterali, che consentiva il riscaldamento delle salette a temperature differenti a seconda della distanza dalla fonte di calore.
Il rifornimento idrico era assicurato da una cisterna divisa in quattro serbatoi, posta su un alto podio a nord-ovest del corpo principale. In una seconda fase (III sec. d.C.) furono aggiunti alcuni ambienti con funzioni di servizio e altri destinati al pubblico, e tutto il complesso subì una serie di restauri e consolidamenti.
L’edificio doveva essere riccamente decorato, come dimostrano numerosi resti di rivestimenti: lastre di marmo, cornici di porfido, mosaici con tessere bianche e nere, zoccoli modanati, intonaci dipinti. Le coperture dovevano essere di diversi tipi (a botte, a crociera, a catino); l’illuminazione era assicurata da finestre e lucernari nelle volte. Persa la sua funzione termale, a partire dal V sec. d.C. un settore dell’edificio (vestibolo, sala fredda e cisterna) fu variamente riutilizzato (abitazione, magazzino agricolo o stalla).
Le Terme Centrali, definite erroneamente come Sepolcro della Sibilla, furono edificate alla fine del III-inizi II sec. a.C., forse come gymnasium della città sannita: per cui, non è da escludere a priori una preesistente struttura analoga, ai tempi della polis greca.
L’ingresso principale è situato sul lato ovest, in corrispondenza di un antico asse viario con orientamento nord-sud (tracciato che corrisponde in parte a quello moderno). Esso immette in una grande aula rettangolare con volta a botte e paramenti in opera incerta e blocchi di tufo. Sul muro di fondo si conservano tracce di intonaco dipinto. Tra il II e il I sec. a.C., le dimensioni dell’ambiente furono leggermente modificate in seguito alla costruzione di una parete quasi a ridosso del muro di fondo. Sulle pareti della sala si notano incassi di forma rettangolare (cm. 71x58x22) rivestiti di cocciopesto e di intonaco, presenti generalmente negli spogliatoi termali per riporre indumenti e oggetti personali.
Durante l’età imperiale, l’ambiente fu trasformato forse in tepidarium. Gli incassi vennero tamponati in opera reticolata e al centro del muro di fondo fu ricavata una nicchia (m. 3×2.28×1.63 ca.) con una piccola vasca per abluzioni. L’illuminazione era assicurata da un lucernario nella volta e da finestre, un tempo chiuse da vetri opachi. Dal muro di fondo, attraverso un’apertura rettangolare niente si accede a un vano di servizio con livello pavimentale più basso, in cui si notano interventi di epoca successiva ma di difficile interpretazione. A sinistra dell’ambiente principale si aprono due vani più piccoli: il primo è un corridoio voltato a botte riempito dai resti di un crollo; il secondo, probabilmente una cisterna, è rivestito da uno spesso strato di cocciopesto, con una doppia cornice su tre lati. Sulla parete sud si notano tracce di grossi incavi rettangolari successivamente tamponati.
Durante scavi recenti sul davanti dell’edificio, sotto la strada moderna furono rinvenuti resti di lastre marmoree pavimentali e frammenti di stucchi dipinti provenienti dalla volta (alcuni sono ancora in sito); fu inoltre riportata alla luce, reimpiegata in un ambiente più tardo, una base di marmo per labrum con una dedica osca sulla fascia superiore, originariamente pertinente al gymnasium precedente.
Infine, il Tempio di Iside, scoperto assai di recente: nel 1992 gli scavi per lo scavo di un metanodotto a sud del Monte di Cuma, limitata dalla ferrovia Circumflegrea e dalla Vaccheria Maglietta, sulla spiaggia antistante l’Acropoli, portarono in luce un complesso monumentale, risalente al II secolo d.C., costituito da un podio e da una vasca, utilizzata per le cerimonie di purificazione.
Proprio questa vasca ha permesso l’identificazione del tempio, dato che al suo interno furono rinvenute e tre statuette raffigurante Iside ed una sacerdote con Osiride in basalto e una sfinge in granito grigio. La sua posizione, sulla costa e vicino a un probabile faro, ha fatto ipotizzare la dedica del tempio a Iside Pelagica o a Iside Pharia, protettrice della navigazione e del commercio. Il tempio fu probabilmente distrutto nel IV secolo, al seguito dei decreti di Teodosio.